Assemblea dei Magistrati della Corte d’appello di Bari per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024
di Franco Cassano (Presidente della Corte d’appello di Bari)
Relazione del Presidente della Corte d’appello di Bari dott. Franco Cassano
Bari, 27 gennaio 2024
- Signor Presidente della Regione, sig. Vice Ministro, sigg. membri del Parlamento nazionale, autorità politiche, civili, militari e religiose tutte; Colleghi, anche delle giurisdizioni speciali; sigg. Avvocati, dello Stato e degli Ordini del Distretto; signore e signori tutti, vi porgo il benvenuto e vi ringrazio per la partecipazione a questa assemblea, che ad essa dà ragione e lustro.
Un pensiero deferente va al nostro Presidente della Repubblica, custode rigoroso dei valori costituzionali generati dalla lotta al fascismo, e degli equilibri tra i poteri dello Stato. Il suo richiamo alla necessità che i magistrati agiscano con ragionevolezza, misura, riserbo e preparazione professionale costituisce guida costante nell’azione della magistratura nel distretto.
Saluto il rappresentante del Consiglio superiore della magistratura, consigliere Geno Chiarelli.
Un saluto di particolare benvenuto al dott. Gianni Melillo, Procuratore Nazionale antimafia, la cui amichevole partecipazione onora questa assemblea.
Accogliamo in questa sua prima uscita pubblica il nuovo procuratore generale presso la Corte, Leonardo De Castris, appena insediato; nel contempo, ringraziamo affettuosamente Angela Tomasicchio, che in questo intermezzo ha retto con vigore e sapienza la Procura generale.
Un saluto affettuoso rivolgo infine a quanti, nel corso di questo anno, hanno lasciato il servizio nella magistratura, spesso anticipatamente, a riprova di un lavoro difficile e logorante, dalle soddisfazioni sempre più rare.
- L’anno appena trascorso e quello che si appresta all’orizzonte appaiono difficilmente interpretabili e al momento pregni di contraddizioni per quanto attiene al futuro della giurisdizione. Un’incertezza che è frutto di insicurezze più ampie, che abbracciano l’intera comunità occidentale.
La competizione strategica tra Stati Uniti e Cina rischia di far precipitare il mondo nella recessione economica, e di aumentare le disuguaglianze su scala mondiale. Verranno sottratte allo sviluppo risorse che saranno destinate agli armamenti, e si perderanno i vantaggi della globalizzazione e di un’unica comunità internazionale. Ovunque il sovranismo eccita gli egoismi nazionali.
Dopo il conflitto tra Russia e Ucraina, ancora in corso, l’ultima grande guerra è quella tra Israele e i palestinesi di Gaza: sin qui, non sono bastati quasi 25mila morti, tra israeliani e palestinesi, per lo più donne e bambini, per indurre l’Occidente a fermare la guerra. Eppure, a ben vedere, questi morti sono ancora conseguenza degli orrori e delle ambiguità novecentesche, e noi europei, noi italiani in particolare, dovremmo sentirne più di altri il peso.
- Il contesto internazionale appena delineato ha accentuato la diffusione di democrazie prive dei requisiti tipici dello “Stato liberale”, vale a dire di un’adeguata tutela dei diritti civili e politici fondamentali. Anche nel vecchio continente, l’indipendenza dei giudici e la garanzia dei diritti possono essere minacciate da regimi politici insofferenti alle limitazioni del potere. L’esperienza di Ungheria, Polonia, Turchia e Israele, in parte di Romania e di Bulgaria, e sorprendentemente anche degli Stati uniti d’America, insegna che i giudici sono i soggetti istituzionali più esposti ad attacchi ed a riforme che ne possono compromettere l’indipendenza.
Da noi, la riforma costituzionale del premierato elettivo, che mira a rafforza-re il potere del governo e a ridurre i contrappesi, potrebbe avere ricadute anche sul potere giudiziario. Il previsto premio di maggioranza rischia infatti di vanificare la ratio pluralista sottesa al quorum dei 3/5 dei voti del parlamento in seduta comune, necessario per l’elezione dei membri laici del Consiglio Superiore della magistratura, quorum che potrebbe essere raggiunto facilmente, senza alcun confronto con l’opposizione. La riforma costituzionale avrebbe quindi ricadute dirette sulla indipendenza e sull’autonomia della magistratura, alla cui tutela il CSM è preposto.
- Sono diventati consueti la profilazione del singolo magistrato che emetta un provvedimento sgradito alla politica, la sua aggressione mediatica, la sensazione che ogni volta si tratti di un monito rivolto a tutta la magistratura.
La critica al provvedimento che trasmoda nell’aggressione a chi lo ha emesso appare uno dei frutti avvelenati del sistema maggioritario, introdotto sull’onda della crisi dei partiti politici ed evidentemente non fondato su un’area estesa ed omogenea di valori condivisi. Ne è seguita un’ennesima anomalia italiana, un fondamentalismo maggioritario, una politica talvolta intollerante a qualsiasi forma di controllo da parte dei poteri di garanzia, cui è demandato il compito di assicurare che i diritti fondamentali siano applicati a tutti gli individui, e soprattutto alle minoranze, nonostante l’eventuale volere contrario della maggioranza.
Nelle forme più rozze e antidemocratiche, l’aggressione è giustificata con l’affermazione secondo cui le politiche perseguite in tema di diritti fondamentali esprimono l’interesse nazionale, per cui chi le contrasta, fosse pure la giurisdizione, è portatore, di per ciò stesso, di un interesse antinazionale.
Nelle forme più sofisticate, a giustificare l’aggressione viene richiamata la violazione del dovere del magistrato di apparire imparziale. Come ogni cittadino, il magistrato, portatore di interessi culturali, religiosi e politici, ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, anche nel dibattito pubblico se necessario, specie con riguardo alla materia della giustizia, salvo il dovere di continenza e di discrezione connesso alla propria funzione sociale. L’imparzialità consiste allora nel dovere del giudice di prescindere dai propri orientamenti culturali e politici, o religiosi, allorquando eserciti la funzione giurisdizionale. Essa si evince dalla forza motivazionale del provvedimento, dalla persuasività del ragionamento giuridico e dal riconoscimento che ne faccia la comunità scientifica di cui il magistrato è parte, mentre l’ostacolo massimo all’imparzialità è proprio l’intimidazione, che prescinde dalle ragioni tecniche del provvedimento e mira solo a produrre paura e conformismo nel corpo della magistratura.
- Non si muovono nella direzione di assicurare indipendenza e imparzialità talune proposte di riforme costituzionali che riguardano l’ordinamento giudiziario.
L’iniziativa più nota riguarda la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, un tema nei fatti irrilevante, alla luce dei limiti ai passaggi di carriera consentiti dalla c.d. “Cartabia”, salvo che per le ricadute che se ne vorrebbero inferire in tema di duplicazione dei Consigli superiori.
Assai più delicato il previsto aumento del numero dei membri laici dei due CSM, che ne altererebbe l’attuale composizione, parificando la quota di consiglieri eletti dal parlamento a quella eletta dai magistrati, ciò che accrescerebbe l’influenza dei partiti politici nel governo della magistratura. Si vorrebbe poi che i componenti togati fossero scelti per il tramite del sorteggio, privando l’organo di qualsiasi rappresentatività.
I due futuri CSM, poi, potrebbero occuparsi solo della gestione amministrativa della magistratura, essendo loro inibita l’adozione di atti di indirizzo e l’esercizio di funzioni di normazione secondaria, che rappresentano una delle parti più significativa dei compiti di politica giudiziaria sin qui riconosciuti all’organo. In sostanza, qualsiasi direzione generale del personale di un qualsiasi dicastero avrebbe più potere del CSM!
Verrebbero meno, poi, l’obbligatorietà dell’azione penale, principio espressione dell’eguaglianza dei cittadini di fonte alla legge, la sottomissione dei magistrati solo alla legge e la loro distinzione solo per funzioni: un insieme di previsioni volte ad incidere sulla autonomia e indipendenza della magistratura, insieme con il carattere diffuso che ne caratterizza l’esercizio.
- Molte le iniziative legislative in materia penale intraprese.
Il divieto di pubblicare l’ordinanza custodiale cautelare, integralmente o per estratto, ma non anche per riassunto o per sintesi, muove da un intento molto commendevole, quello di tutelare la riservatezza del cittadino sottoposto a misura, nel passato recente spesso messa in crisi da rapporti impropri tra inquirenti e giornalisti. Dopo la riforma del 2017, il fenomeno si è ridimensionato, restando, tuttavia, una patologia non accettabile. Ora questo divieto appare una misura che, rispetto allo scopo perseguito, si affida alla correttezza professionale del giornalista, e alle sue capacità di sintesi, senza che sia eliminato il rischio di implicanze negative per lo stesso arrestato.
Il reato di abuso in atti d’ufficio è abolito. Defunge senza eccessivi rimpianti, giacché già dal 2020, per come formulato, copriva un’area limitatissima di illiceità, e tuttavia va detto che la “paura della firma”, invocata dagli amministratori pubblici, non spiega l’abolizione tout court del reato anche per la parte in cui puniva chi avesse violato il dovere di astensione o avesse firmato atti in presenza di un proprio interesse personale. Si sarebbe potuto modificare la norma penale senza lasciare del tutto impuniti gli abusi dei pubblici poteri.
Si restringe non poco l’applicazione del delitto di traffico di influenze illecite, attraverso la riduzione delle condotte rilevanti di millanteria, l’inserimento dell’avverbio “intenzionalmente” per selezionare il dolo, la natura necessariamente “economica” dell’utilità corrisposta o promessa al trafficante.
È prorogata di un anno la disposizione del decreto legge n. 76/2020, sul c.d. scudo erariale, che limita la responsabilità erariale degli amministratori alle sole condotte poste in essere con dolo. Aleggia ancora la proposta di prevedere che il controllo preventivo sugli atti amministrativi esercitato dalla Corte dei conti escluda la responsabilità erariale del funzionario. Lo stesso decreto P.A. esclude poi dal controllo concomitante della Corte dei conti i piani di sostegno dell’economia nazionale previsti o finanziati dal PNRR. L’insieme di questi provvedimenti legislativi e di queste proposte, insieme con la riforma del codice degli appalti, con il ridimensionamento politico dell’ANAC, la proposta di abolire le misure limitative dell’elettorato passivo contenute nella legge Severino, con le proposte che discutono delle limitazioni da apportare alle intercettazioni, inducono a concludere nel senso che l’obiettivo perseguito sia di rassicurare il più possibile chi dovrà utilizzare l’enorme massa di finanziamenti pubblici previsti dal PNRR.
Chiudo, richiamando questioni che se affrontate in modo inconsapevole, determineranno il blocco totale della giustizia penale. Ove si addivenisse alla pure auspicabile riforma della prescrizione e della improcedibilità, sarebbero necessarie coeve disposizioni transitorie, giacchè ogni modifica imporrà il materiale accesso a migliaia di fascicoli cartacei per rifare i conteggi del tempo trascorso, dovendosi vagliare, per ogni fascicolo, i nuovi termini concernenti la prescrizione, istituto di diritto sostanziale, e i termini concernenti l’improcedibilità, istituto di diritto processuale.
L’idea di far precedere l’interrogatorio di garanzia all’arresto dell’indagato non è nuova, venne applicata per qualche tempo negli anni ‘80 dello scorso secolo, sia pure per i soli reati di competenza pretorile e dovette fare i conti con enormi difficoltà pratiche.
Ancora, l’idea, anch’essa in astratto molto condivisibile, di un giudice collegiale che vagli le richieste cautelari deve fare i conti con i paurosi vuoti d’organico che si registrano nella magistratura. Dev’essere chiaro che dall’introduzione di una tal riforma deriverebbe sicuramente un effetto di paralisi del procedimento penale.
- Nel quadro delineato, in cui si configurano profondi e radicali mutamenti, il compito proprio della giurisdizione, di contribuire alla riduzione dell’incertezza sociale ed alla ricostruzione della fiducia nella capacità dell’ordinamento di dare risposte ai diritti dei cittadini, appare particolarmente complesso.
Conoscenza tecnica ed etica del limite costituiscono le caratteristiche del giudice moderno, capace di coniugare potere, dovere e responsabilità; di riconoscere il carattere relativo della verità processuale; di non dimenticare che l’esercizio della giurisdizione implica il dovere continuo del dubbio e il rispetto di qualsiasi persona, per qualsiasi reato indagata; capace di ripristinare la legalità contenendo al massimo il sacrificio degli altri beni-interessi involti, specie se di rilievo costituzionale.
Caratteristiche difficili da perseguire in un’epoca in cui vacilla il primato della legge, ed il giudice è chiamato ad operare attraverso il “labirinto” di fonti normative e giurisprudenziali, prodotte da legislatori e da Corti, anche sovranazionali, talora contraddittorie e talvolta oscure, ed applicando sempre più di frequente principi, piuttosto che regole, vale a dire quanto di più lontano dal modello di giudice bouche de la loi che si torna insistentemente ad invocare.
Sta mutando il modo stesso di lavorare dei giudici. Lo sforzo di dare prevedibilità alle decisioni e maggiore certezza al diritto passa attraverso la forza riconosciuta al precedente consolidato. Si inserisce in questo contesto il tema, affascinante e inquietante, ma già attuale, della c.d. giustizia predittiva, che opera sulla base di casi giurisprudenziali analoghi, così rafforzando il valore del precedente giurisprudenziale, ma affidando ad algoritmi la sorte delle vicende umane.
Sta venendo meno l’idea che la giustizia debba essere resa con l’incontro personale e diretto tra le parti, i difensori e il giudice. Il giudice può sempre disporre che l’udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza, o sia sostituita dal deposito di note scritte. A breve, probabilmente, i processi si faranno senza udienze; come del resto già avviene in Cassazione.
Sono stati appena riformati radicalmente i riti processuali, civili e penali e, mentre magistrati e avvocati sono alle prese con norme del tutto nuove, sono già pronti i decreti correttivi delle riforme appena varate.
Il sistema pare proteso ad assicurare solo la riduzione radicale dell’arretrato e della durata dei procedimenti, secondo quanto stabilito con il PNRR.
Per conseguire l’obiettivo la riforma ha puntato tutto sulla introduzione dell’ufficio del processo. L’innovazione organizzativa per funzionare al meglio avrebbe richiesto la presenza di un numero adeguato di magistrati da coadiuvare. Invece, in questi anni l’organico dei magistrati si è sguarnito, sicché l’innovazione stenta ad esprimere compiutamente le sue elevate potenzialità. Basti dire che, in Corte d’appello, la scopertura nell’organico dei magistrati è del 30%. Gli stessi funzionari dell’ufficio del processo cercano, a ragione, sbocchi lavorativi a tempo indeterminato presso altre amministrazioni: in Corte d’appello è uno stil¬licidio di abbandoni, e su 88 addetti all’ufficio, ne sono rimasti solo 65. Altrove, la situazione è addirittura peggiore. Opportunamente, il Ministero ha previsto la proroga e l’incremento numerico dei funzionari dell’UP, ma occorre pensare a forme di loro stabilizzazione. Sempre in Corte, la scopertura d’organico del personale amministrativo è mediamente del 20%, ma in alcune qualifiche, quelle più necessarie al funzionamento della giurisdizione, giunge sino al 43% (per i cancellieri). Tra un anno, negli uffici di secondo grado verranno meno anche i giudici ausiliari, e sarà una perdita incolmabile per la giurisdizione.
Ciononostante, nel settore penale, al 30 giugno 2023, la Corte d’appello di Bari ha registrato la riduzione drastica, in misura del 43%, del DT rispetto alla base di partenza del 2019 (la media nazionale è del 27%).
Una riduzione sensibile del DT si registra anche presso il Tribunale di Bari, in misura del 41%, a fronte di una media nazionale per i tribunali del 29%. Nel settore civile, in Corte d’appello la riduzione del DT è del 39%, a fronte di un dato medio nazionale del 18%, mentre molto contenuta è la riduzione del DT nei Tribunali del distretto, ad eccezione di Foggia, che registra una performance del 25%, a fronte di una media nazionale del 18%. Sempre nel civile, in Corte d’appello la riduzione dell’arretrato rispetto alla base di partenza del 2019 è già del 55%. Nei Tribunali del distretto si registra una riduzione del 36% a Foggia, del 25% a Trani, del 19% a Bari. Alla luce di questi dati si può affermare con soddisfazione che nel distretto gli obiettivi del PNRR paiono raggiungibili; in Corte d’appello sono addirittura prossimi, e forse saranno raggiunti prima del 2026.
- In questo scenario di transizione e di rapidi mutamenti, la magistratura rimane quindi un corpo di donne e di uomini fedeli servitori dello Stato, chiamato ad inverare i valori della carta costituzionale, ad altissima competenza tecnica.
In sintesi, tutti gli uffici giudiziari del distretto, la stessa Corte d’appello, sono impegnati da tempo in un’opera faticosa di abbattimento dell’arretrato e di recupero di efficienza, tentando sempre di salvaguardare livelli qualitativi apprezzabili nella risposta giudiziaria. Si tratta di una fatica improba, che sacrifica la stessa qualità della vita, personale e familiare, dei magistrati.
- Facendo rinvio, per ogni approfondimento, al data storage che vi è stato distribuito, in sintesi si può dire:
Anche quest’anno, dunque, il numero dei procedimenti civili pendenti al 30.6.2022 in tutti gli Uffici Giudiziari del Distretto è complessivamente diminuito, passando dai 155.556 ai 141.552 affari.
Si sono ridotte in maniera consistente le procedure concorsuali liquidatorie, mentre sono aumentati nell’intero distretto i concordati preventivi. Dappertutto sono in aumento le procedure di sovraindebitamento ex legge n. 3/2012, spesso esperite al solo fine di ottenere la sospensione delle procedure esecutive. Infatti, i procedimenti esecutivi immobiliari sono aumentati, a riprova di una crisi economica che fa sentire ancora pesantemente i propri effetti.
Assai complesse e variegate le dinamiche proprie del contenzioso lavoristico, che va perdendo alcuni tratti che lo hanno caratterizzato in negativo per decenni, ad es. quello concernente gli operai agricoli a tempo determinato, in particolare per quanto concerne l’accredito delle giornate lavorative negate dall’INPS, mentre pesano il nuovo flusso delle opposizioni a cartelle esattoriali, e ad intimazione di pagamento nonché, in generale, il flusso degli accertamenti degli obblighi contributivi delle aziende e dei lavoratori autonomi, insieme con le controversie contro il MIUR promosse dai precari della scuola, nonché quelle intraprese dal personale sanitario contro le ASL.
Quanto ai procedimenti pendenti dinanzi alla Sezione immigrazione, alla data del 30/6/2023, nel Tribunale di Bari essi ammontavano a 1.297 procedimenti, in consistente diminuzione rispetto ai 1.771 pendenti un anno fa.
- Quanto al settore penale, va detto che, in primo grado, al 30 giugno 2023, sono aumentati sensibilmente i pendenti finali.
In appello la diminuzione delle sopravvenienze, per il 26%, e l’aumento delle definizioni, per il 34%, ha determinato una sensibile diminuzione delle pendenze finali. Impressionante la capacità di smaltimento delle sezioni penali della Corte che, negli ultimi 18 mesi, hanno esitato ben 8.133 procedimenti: nel 2019 l’arretrato ammontava a 11.000 procedimenti; oggi, le pendenze finali ammontano a circa 7.000 procedimenti, nonostante l’andamento costante delle sopravvenienze annue.
Per le Procure della Repubblica, il volume complessivo dei procedimenti sopravvenuti ha subito un complessivo aumento dell’11%. L’andamento delle definizioni è aumentato leggermente rispetto alla rilevazione dello scorso anno, sicché i pendenti finali sono cresciuti, sia relativamente ai “noti” sia relativamente agli “ignoti”.
Negli Uffici di primo grado emerge un generale contenimento dei procedimenti prescritti, pari al 5%, sul totale dei procedimenti definiti. In Corte di Appello, dove il fenomeno della prescrizione ha una ben altra incidenza, la percentuale dei procedimenti prescritti è stata del 21%, ma va precisato che si tratta nella larghissima maggioranza di fattispecie di prescrizione massima.
Quanto alle intercettazioni, il loro numero complessivo (n. 5.133) nel Distretto è sostanzialmente stabile. Il loro costo complessivo nel periodo è stato di euro 7.781.469, di poco superiore rispetto al periodo precedente.
In ordine alle misure cautelari personali, si rileva una leggera diminuzione sia del numero delle istanze sopravvenute sia delle istanze esaurite. In merito all’esito dei ricorsi avverso le misure cautelari personali, la percentuale di conferma delle ordinanze si è attestata al 53% del totale, quella degli accoglimenti al 22%, mentre le dichiarazioni di inammissibilità si sono attestate al 25%.
Il dato statistico accorpato consente di apprezzare una sostanziale stabilità numerica delle denunzie per tipologia di reato: sostanzialmente stabili sono i delitti contro la Pubblica Amministrazione; sono invece aumentati del 47% gli omicidi volontari consumati (passati da 30 a 44); da notare l’aumento del 60% degli omicidi la cui vittima era di sesso femminile (passati da 5 a 8); sono, altresì, aumentati, da 71 a 76, gli omicidi tentati, ma qui le vittime di sesso femminile fortunatamente sono diminuite da 12 a 10; sono aumentati gli omicidi colposi per violazione delle norme sulla circolazione stradale, quelli per infortuni sul lavoro e le lesioni colpose per infortuni sul lavoro; i reati di stalking registrano una leggera diminuzione, rimanendo comunque numericamente altissimi, ben 1.409 denunzie; in sensibile calo le denunzie per reati commessi da cittadini stranieri, passate dalle 5.542 dello scorso anno alle attuali 4.898. Relativamente ai delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso le denunzie sono state 232, in numero quasi uguale al periodo precedente: gli studi della Banca d’Italia evidenziano tuttavia che le tre province del Distretto di Bari risultano avere una incidenza mafiosa sull’economia che le colloca ben al di sopra di tante altre province di altre Regioni a forte presenza mafiosa. L’impegno dello Stato nel contrasto alle mafie è stato rilevante: le mafie del foggiano vivono la fase dell’accumulazione selvaggia del capitale, e sono feroci. Per contrastarle sono state attinte da misura cautelare circa 750 persone; sono stati effettuati sequestri e confische per un ammontare complessivo di oltre 70 milioni di euro; sono state sequestrate tonnellate di droga e un enorme quantitativo di armi e munizioni; sono state emesse oltre 100 interdittive antimafia nei confronti di imprese condizionate dalle organizzazioni mafiose; sono state sciolte per mafia le amministrazioni comunali di M. S. Angelo, Mattinata, Manfredonia, Cerignola, e dello stesso capoluogo. Le organizzazioni del circondario di Trani paiono ancora fluide e magmatiche, con componenti “storiche” locali, insieme con propaggini della malavita barese e cerignolana, in un mix che risulta particolarmente aggressivo. Bari è terra di organizzazioni familiari di mafia di seconda o terza generazione, che hanno reinvestito nella economia legale l’enorme profitto realizzato con il traffico di droga, nella ristorazione, prima, e oggi nel settore agro-alimentare e turistico, in quello del gaming e del traffico di petroli. Da qui, la presenza di un’ampia e pericolosa “zona grigia”, di fiancheggiatori professionali.
Va poi segnalato il dato allarmante della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, con l’iscrizione di ben 31 procedimenti in materia di delitti contro la libertà sessuale, con una variazione rispetto all’ultimo anno pari al 72%.
La materia del c.d. codice rosso sostanzia quasi la metà delle pendenze della Corte d’appello: in proposito, vanno rimarcate le iniziative delle singole Procure per assicurare la massima celerità nella valutazione delle denunzie, e la massima vigilanza del Procuratore della Repubblica, prima, e del Procuratore Generale, poi.
Infine, un’annotazione concernente la situazione dei detenuti ristretti negli istituti del distretto.
Preoccupano il sovraffollamento della Casa Circondariale di Bari che, a fronte di una capienza regolamentare di 288 posti letto, ospita ben 430 detenuti, e quello della Casa Circondariale di Foggia che, a fronte di una capienza di 365 posti letto, ospita 516 detenuti, con un sovraffollamento del 190%. La situazione in queste carceri è invivibile. L’anno 2022 per la Puglia è stato quello dell’emergenza suicidi: se ne sono registrati cinque, il numero più alto in tutte le carceri del Mezzogiorno, nel silenzio e nell’apparente disinteresse dell’opinione pubblica.
- È tempo di concludere. Noi siamo consapevoli che la giustizia necessita di riforme e di interventi profondi, ed è chiaro a tutti che la politica considera la giu¬stizia uno dei terreni sui quali ricostruire la propria sovranità. Talvolta, la magistratura non è andata esente da errori: ad es. non ha saputo ostacolare adeguatamente al proprio interno il populismo penale; si è confrontata in modo ambiguo con i sentimenti dell’antipolitica, rappresentandosi quale unica istituzione sana del Paese; ha troppe volte affermato la propria superiorità morale rispetto al contraddittore, fosse questi l’avvocato o il politico, e di qui a credere che il compito fosse di moralizzare la società combattendo interi fenomeni sociali, talvolta il passo è stato breve.
Ciononostante, va detto che quando si toccano gli equilibri tra i poteri dello Stato la prudenza dovrebbe essere indispensabile. E’ ancora lecito attendersi ed auspicare che la politica, nella sua ritrovata sovranità, impieghi nell’attività riformatrice prudenza e misura, agendo senza furori e senza vendette, sapendo sempre bilanciare gli interessi in gioco, per rendere la democrazia più equilibrata, con istituzioni forti, efficaci e responsabili. E la sensazione che questa è la strada che si sta perseguendo in verità manca. In sostanza, per usare le parole di Papa Francesco, si dovrebbe evitare che la politica sia non “una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace”.
Vi ringrazio!
qui il testo della relazione: https://www.oralegalenews.it/wp-content/uploads/2024/01/Franco-Cassano-Assemblea-dei-Magistrati-della-Corte-2024.pdf
Credits: ph. courtesy Roberta De Siati
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