Il diritto alla cultura: una questione democratica

Il diritto alla cultura: una questione democratica

di Anna Losurdo

La cultura è elemento fondante dello sviluppo della persona umana, ma è anche fattore di integrazione sociale e di crescita economica.
La nostra Costituzione, ancora una volta, rappresenta la bussola per orientarci:

Art.9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Due direttrici, quindi. Sia il riconoscimento all’accesso alla cultura e il suo godimento come diritto fondamentale della persona sia il sostegno alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico.

Nonostante la complessità della individuazione del concetto giuridico di cultura, l’enunciato costituzionale ha consentito di gestire le indicazioni della Costituzione adattandole al mutare, nel corso del tempo, della concezione della “cultura”.

Con la nostra Costituzione repubblicana, infatti, abbiamo superato il modello di società chiusa, tipica del costituzionalismo liberale e, riconoscendo i diritti sociali, abbiamo introdotto il modello di società aperta.
Se è vero che il patrimonio culturale è il prodotto dell’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali, il diritto alla cultura attiene alla dignità umana che a sua volta presuppone l’esercizio delle proprie libertà fondamentali.

La nostra concezione della cultura non è più circoscritta e legata all’ambito nazionale ma è divenuta universale, in relazione alla storia del mondo intero.
Il patrimonio culturale di ogni singolo paese è inteso come frammento della cultura globale, accessibile a tutti i cittadini e le cittadine del mondo. Comprese le minoranze e le popolazioni indigene, con i loro diritti di partecipare alla vita culturale, di concorrere al progresso scientifico (e di beneficiarne dei risultati), di accedere alla protezione della libertà intellettuale.

Senza trascurare, infine, la necessità di accogliere reciprocamente le altre culture fino a che queste non contrastino con i diritti fondamentali della famiglia umana.

Il patrimonio culturale è un bene comune.

La tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico è un valore annoverato tra i principi fondamentali della democrazia e intimamente connesso ad essi: eguaglianza, libertà, equità sociale, dignità della persona umana.
La cultura, quindi, come diritto di cittadinanza: essa, cioè, riguarda un diritto fondamentale della persona e uno dei principali fattori di benessere della collettività.
L’accesso alla cultura rappresenta uno strumento essenziale per consentire a chiunque il “pieno sviluppo della persona umana” (art. 3 della Costituzione)
Tutti i beni culturali sono strumenti di inclusione e di contrasto all’analfabetismo funzionale. Sono luoghi di eguaglianza e spazi di neutralità in cui sentirsi accolti e arricchiti. Oggetti e monumenti che permettono di serbare memoria di personalità ed eventi, quanto di compiere nuove esperienze intellettuali.
E per questo devono essere preservati e conservati nel tempo.
Le nuove tecnologie, tra cui la digitalizzazione, di certo agevolano il contemperamento tra fruizione e conservazione dell’opera (senza, però, dimenticare il digital device che costituisce ancora un fattore di ulteriore discriminazione).

E ciò dovrebbe valere per tutti i cittadini e le cittadine, indipendentemente dalla loro condizione economica e sociale.

Ma non dobbiamo essere ipocriti e dimenticare che, secondo i dati forniti da Amnesty International, più di 100 milioni di esseri umani non possono accedere nemmeno all’istruzione primaria (scuola elementare). Intere categorie della popolazione mondiale (donne, minoranze etniche e religiose, rifugiati, poveri) subiscono la sistematica esclusione dal benerficio dei loro diritti fondamentali e sono abbandonati senza difesa all’arbitrio della violenza e dell’oppressione.

I servizi culturali, erogati in favore della collettività.

L’art. 9, come detto collocato tra i “Principi fondamentali” della nostra Costituzione, richiede che, oltre alla tutela, le attività di promozione vengano rese esplicite e concrete.

Ventiquattro parole che potrebbero migliorare la vita di tutte le persone, se l’articolo fosse davvero applicato.

Eppure, nonostante la forza dei principi costituzionali, nessun’altra nazione in Europa ha tagliato gli investimenti pubblici in questo settore quanto l’Italia.
Troppo spesso, almeno in Italia, i servizi culturali sono considerati non essenziali e sacrificabili, soprattutto a fronte ai vincoli sempre più stringenti sulla finanza pubblica e, in particolare, sulla spesa dei Comuni.

Nonostante i servizi culturali siano promossi dall’art. 9 della Costituzione, nessuno, ad oggi, ha stabilito per la Cultura “la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, come invece previsto dall’art. 117 della nostra Costituzione.
Manca, dunque, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni dei servizi culturali.

Non solo diritti di cittadinanza ma anche doveri

Come ci ricorda il secondo comma dell’art. 4 della Costituzione, tutti i cittadini hanno il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al “progresso materiale o spirituale della società”.

La cultura, quindi, non è soltanto un diritto fondamentale, ma è altresì un dovere inderogabile di ciascuno di noi.
Sarà il caso di ricordarsene, finalmente.

Credits: Paul Brennan da Pixabay

Di Anna Losurdo, su Ora Legale News

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