
La mediazione dell’Avvocato
di Pasqua Lacatena (Avvocata in Bari e mediatrice familiare)
Venite qui, cari bambini miei, sola dolcezza della mia famiglia distrutta, venite qui e stringetevi a me, forte forte. Siate di vostro padre, sani e salvi, purché siate anche della madre. M’incalza l’esilio, la fuga. In un attimo, tra lacrime e grida, li strapperanno dal mio seno di proscritta… Muoiano dunque per il padre, poiché per la madre sono morti. Ecco, il rancore si fa grande, l’odio si accende
(Seneca – Medea)
Medea, una tragedia assurda.
Una madre che uccide i figli per vendicarsi del padre che l’ha tradita, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui. Follia! Non potrebbe più succedere. È un orrore.
Ma davvero?
Un altro tempo, un’altra cultura.
Lei era una barbara.
Ma la tragedia non si ripete forse ogni qual volta che, accecati dal dolore, dall’odio, non troviamo più spazio per contenere quello di un altro essere umano, anche se quell’essere umano è stato messo al mondo proprio da noi?
Le urla, la mancanza di rispetto, la voglia di avere una giustizia che somiglia alla vendetta, non è forse il prezzo che facciamo pagare ai nostri figli?
Nella nostra esperienza di avvocati, entriamo in contatto con queste emozioni, cercando di gestirle al meglio, facendo in modo che le stesse non siano esasperate e muovendoci per non essere solo difensori di una parte, in una materia delicata come quella della famiglia. Possiamo trovare soluzioni, proporre accordi, cercare di collaborare con il collega alla ricerca di un equilibrio che soddisfi il nostro assistito che spesso, però, conserva in sé la sensazione di essere sempre la parte che ha ceduto di più.
Nei nostri studi di avvocati sentiamo il dolore, la rabbia, lo smarrimento di chi sta affrontando uno dei dolori più grandi; quei dolori che hanno bisogno di tempo per essere elaborati, contenuti.
Che risposta posso dare io che sono un avvocato?
C’è bisogno di uno spazio altro.
Di una altra giustizia.
È qui che si inserisce il mediatore familiare.
Si potrebbe definire un ausiliario dell’avvocato. Colui che si occupa di contenere le emozioni che impediscono la comunicazione, che può sciogliere quel ghiaccio che allontana e che rende i figli vittime di sentimenti non altrimenti elaborati. Nella stanza di mediazione non ci sono i bambini, ma è per loro che il mediatore lavora; perchè si possa restituire agli adulti la responsabilità di poter donare al proprio figlio dei buoni genitori.
Il percorso non è semplice, richiede la volontà di non alimentare il conflitto. La volontà di scegliere di mantenere un legame d’amore con l’altro, legame d’amore che è rappresentato dal figlio e che va oltre la fine del matrimonio.
Come avvocato che posso fare?
Posso prendere il mio ruolo di legale e delegare ad uno spazio altro la gestione delle emozioni e del conflitto a chi, adeguatamente formato, ha la competenza per saper operare e restituire la responsabilità genitoriale, che non dovrebbe essere solo una parola da scrivere in un atto giudiziario.
In un tempo in cui l’umanità è soffocata dalla paura della malattia e della morte, ancora di più ci si deve interrogare sul vero significato della cura.
Image credit: congerdesign da Pixabay
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