Una pronuncia non neutrale

Una pronuncia non neutrale

di Anna Losurdo

Il precedente Roe contro Wade fu dibattuto dinanzi alla Corte nel 1972 e fu deciso con la sentenza del gennaio 1973: una pronuncia che fece storia.
Infatti, con il voto favorevole di sette giudici su nove, la Corte riconobbe la sussistenza del diritto federale (e quindi applicabile a tutti gli Stati) delle donne di interrompere volontariamente la gravidanza, anche in assenza di problemi di salute della donna, del feto e di ogni altra circostanza che non fosse la libera scelta della donna.

La decisione era fondata sul quattordicesimo emendamento della Costituzione, secondo cui sussiste un diritto alla privacy inteso come diritto alla libera scelta di ciò che attiene alla sfera più intima dell’individuo.
Nella decisione furono affermati, altresì, due principi cardine: la possibilità di abortire senza alcuna limitazione fino al momento in cui il feto non sia in grado di sopravvivere in maniera autonoma al di fuori dell’utero materno e la possibilità di abortire anche al di là di questi limiti qualora sussista un pericolo di vita per la donna.

Il 24 giugno scorso, con sei voti favorevoli e tre contrari, la Corte ha sovvertito il proprio stesso precedente e ha stabilito che il diritto all’aborto non è protetto dalla Costituzione degli Stati Uniti.
Di conseguenza non si tratta più di un diritto federale e ogni Stato sarà libero di legiferare in materia.

Il caso discusso riguardava la costituzionalità della legge dello Stato del Mississippi del 2018 che metteva al bando l’aborto dopo la 15ª settimana di gravidanza nella gran parte dei casi.
La Corte ha ribaltato le conclusioni cui erano pervenute le corti inferiori, ritenendo costituzionalmente legittima la legislazione del Mississippi.

I tre giudici dissenzienti hanno evidenziato che la pronuncia non è affatto neutrale quanto al tema dell’aborto e che l’equilibrio che era stato raggiunto con i precedenti – tra il diritto della gestante all’interruzione della gravidanza e il legittimo interesse dello Stato a tutelare la vita del feto e la salute della donna – risulta necessariamente compromesso.
Si tratta indubbiamente di un passo indietro nel garantire i diritti civili ed il principio di autodeterminazione del singolo.

Credits: La Corte Suprema degli Stati uniti d’America

https://www.supremecourt.gov/opinions/21pdf/19-1392_6j37.pdf

https://www.cortecostituzionale.it/documenti/segnalazioni_corrente/Segnalazioni_1656319139349.pdf

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