
Diritto inviolabile
di Maurizia Borea (Avvocata in Milano – Vice presidente FronteVerso Network)
È diffusa la convinzione che il riconoscimento di taluni diritti sia una vittoria irreversibile, anche se la storia ha dimostrato quanto sia facile stracciare i diritti umani dalla pratica e dalle coscienze. Infatti, dopo la Seconda guerra mondiale, si è avvertita l’esigenza di ribadire in nuove solenni dichiarazioni e norme i principi ormai ritenuti imprescindibili in democrazia.
La Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la nostra Costituzione, hanno proclamato il diritto di difesa come un diritto inviolabile, individuandone un nucleo essenziale (tribunale stabilito per legge, udienza pubblica, durata ragionevole del processo, presunzione d’innocenza, diritto di conoscere natura e motivi dell’accusa, tempo necessario a preparare la propria difesa, etc.).
Oggi il diritto di difesa è al sicuro?
Lo spunto per una risposta è fornito dalla vicenda di Julian Assange, giornalista e fondatore di WikiLeaks, che, dopo dodici anni di detenzione, è in procinto di essere estradato negli Stati Uniti per finire la sua vita in carcere.
In estrema sintesi, gli americani lo accusano di spionaggio in base al loro Espionage Act (1917), dopo che WikiLeaks ha pubblicato i files che provano i crimini compiuti dagli Stati Uniti durante le guerre in Afghanistan e in Iraq, e svelano le torture perpetrate nel carcere di Guantanamo.
Ma, almeno formalmente, la storia è iniziata con quella che i media hanno definito per anni un’accusa di stupro.
Di cosa si trattava?
Nel 2010 due svedesi sono andate alla polizia per avere consigli, avendo il sospetto che Assange non avesse usato il profilattico durante i loro rapporti e volendo costringerlo a fare un test per l’Hiv.
La polizia ha formulato d’ufficio due accuse: sesso consenziente senza preservativo; sesso consenziente, con Assange che avrebbe volutamente rotto il preservativo. L’ordinamento svedese, infatti, accanto al reato di stupro come noi lo conosciamo, detto comune, configura lo “stupro minore”.
Da quel momento, Assange non ha più conosciuto la libertà, e i suoi diritti sono stati conculcati in modi plateali, anche dipingendolo come uno stupratore agli occhi del mondo.
Così, abbiamo appreso che il diritto di difesa passa anche attraverso l’informazione: i media hanno scelto quale battaglia combattere e non è stata quella per i diritti.
Il fatto, ignorato dai più, ha attirato l’attenzione del Working Group on Arbitrary Detention dell’ONU, che, nel febbraio del 2016, ha concluso che Assange era detenuto arbitrariamente e che doveva essere rilasciato e risarcito.
Da Amnesty International e Reporters Sans Frontières sono partite petizioni per la sua liberazione. L’American Civil Liberties Union ha parlato di attacco senza precedenti al giornalismo.
La democrazia è in declino, ma non ce ne accorgiamo, anche perché
“il modo intelligente per mantenere le persone passive e obbedienti è limitare rigorosamente lo spettro di opinioni accettabili, ma consentire un dibattito molto vivace al suo interno, incoraggiando persino le opinioni più critiche e dissidenti. Ciò dà la sensazione che ci sia il libero pensiero in corso, mentre per tutto il tempo i presupposti del sistema vengono rinforzati dai limiti posti nel campo del dibattito” (Chomsky)
Se qualcuno viola quei limiti e denuncia i misfatti del potere, ciò che può accadere è sotto i nostri occhi.
Credits: www.latinorum.tk/wp-content/uploads/2014/08/virgil_memorial_ny.jpg
Di Maurizia Borea, su Ora Legale News
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