Dualismo giurisdizione
di Anna Del Giudice (Avvocata in Bari)
“È ancora attuale una giustizia amministrativa?”
L’interrogativo fu sollevato già nel lontano 1981 da Mario Nigro.
Esso è stato successivamente riproposto, non soltanto dagli studiosi del diritto, ma altresì da personalità politiche che hanno, talvolta, messo in dubbio l’utilità della giurisdizione amministrativa.
La Corte Costituzionale ha, al contrario, ricordato come l’art. 103 della Costituzione rappresenti la principale garanzia costituzionale della giurisdizione del giudice amministrativo e, al contempo, un limite per coloro che aspirano all’unicità della giurisdizione.
La stessa Corte, il riferimento è alla sentenza n. 204/2004, ha ribadito come la Costituzione riconosca “al giudice amministrativo piena dignità di giudice ordinario per la tutela, nei i confronti della pubblica amministrazione, delle situazioni soggettive di interesse legittimo”.
In tale contesto, la Corte proprio con riferimento al principio di unità della giurisdizione ha, altresì, sottolineato come essa debba essere considerata una “unità non organica ma funzionale di giurisdizione, che non esclude, anzi implica, una divisione dei vari ordini di giudici in sistemi diversi, in sistemi autonomi”.
La Corte Costituzionale sembra, dunque, sminuire l’importanza della unità della giurisdizione, mentre considera la giurisdizione amministrativa come uno strumento di arricchimento delle garanzie giurisdizionali dei singoli e della effettività della tutela di essi nei confronti della pubblica amministrazione.
Se così è, la riflessione dovrebbe, allora, essere spostata dalla prospettiva del superamento della dualità del giudice (ordinario e amministrativo), alle ricadute che l’evoluzione del riparto di giurisdizione ovvero l’ampliamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo hanno avuto proprio sull’effettività della tutela degli interessi e dei diritti coinvolti.
Soprattutto laddove potestà amministrative sostanzialmente simili siano state sottoposte a differenti giurisdizioni, come accaduto, per esempio, rispetto ai provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti, la cui sindacabilità è suddivisa tra giudice ordinario e giudice amministrativo, senza, peraltro, una convincente motivazione.
Oppure – e la questione diventa ancor più attuale, alla luce del nuovo codice – nella materia dei contratti pubblici. E in tale ottica, sarebbe auspicabile, come è stato osservato dal presidente Lipari, che le nuove norme in materia di giurisdizione, ove possibile, siano frutto di un’attenta valutazione “tecnica” preventiva da parte delle stesse giurisdizioni interessate.
Il dibattito sulla giurisdizione dovrebbe, altresì, utilmente soffermarsi sull’efficacia dei criteri generali di riparto, ciò al fine di accertare la idoneità di essi a individuare con certezza i confini della giurisdizione amministrativa ovvero ordinaria. Molto spesso la delimitazione della giurisdizione, difatti, è stata affidata a definizioni generiche che hanno determinato inevitabili dubbi interpretativi.
In conclusione, dunque, sono convinta che la giurisdizione dualista, sancita dalla nostra Costituzione a garanzia del cittadino nei confronti della P.A., meriti di essere preservata e, al contempo, migliorata, attraverso l’eliminazione delle ambiguità interpretative e delle discrasie che talvolta caratterizzano il contenzioso suddiviso tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo, chiamati, molto spesso, ad applicare regole sostanziali (e attualmente anche processuali) del tutto simili.
Credits: Faizal Sugi da Pixabay
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