Formula esecutiva: da Re Sole a Cartabia
di Paola Furini (Avvocata in Milano – Fronte Verso Network – componente della Commissione crisi d’impresa, procedure concorsuali ed esecutive COA Milano)
Il passato Governo tecnico-politico, subito dopo le elezioni di fine settembre 2022 e dunque in regime di prorogatio, al fine rispettare i tempi di erogazione dei fondi europei del Recovery Plan, da tutti conosciuto come PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha emanato in fretta e furia il decreto legislativo 149 del 2022 volto ad attuare la legge delega 149 2021, cd. Riforma Cartabia, emanata con lo scopo di rendere più efficiente il processo civile.
Sempre in fretta e furia e con molta sorpresa degli operatori, il nuovo Governo, ha approvato un emendamento alla legge di bilancio 2023 che ha anticipato l’entrata in vigore della Riforma civile Cartabia al 28 febbraio 2023.
Questa rapidità nel legiferare è molto rara nel nostro Paese, come dimostra quanto sto per raccontare.
Una delle principali novità della riforma consiste nell’abolizione della formula esecutiva consistente nel timbro che contraddistingue gli atti propedeutici all’esecuzione forzata, requisito ritenuto già puramente formalistico ai tempi del codice di procedura italiano del 1865.
L’istituto è nato in Francia sotto il governo di Luigi XIV, il Re Sole.
La formula all’epoca era il sigillo del sovrano che, essendo monarca assoluto, esercitava potere legislativo esecutivo e giudiziario.
Con il sigillo del re l’atto giudiziale (o notarile) acquisiva efficacia esecutiva e il creditore poteva rivolgersi agli organi amministrativi dello Stato perché vi dessero esecuzione.
Nel codice di procedura italiano del 1865 l’esecuzione forzata diventava attività giudiziaria e non amministrativa come era nel sistema francese.
La formula esecutiva apposta con un timbro agli atti giudiziari e agli atti pubblici, pertanto, serviva perlopiù a distinguere la copia da utilizzare per l’esecuzione forzata dalle altre destinate ad altri scopi e recitava
“Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti”.
Per evidenziare l’assoluto e vuoto formalismo basti notare che, nel caso degli atti giudiziari, il “Comandiamo” era apposto dai cancellieri che, secondo il tenore letterale della formula, avrebbero dovuto dare ordini ad ufficiali giudiziari pubblici ministeri e forza pubblica.
La giurisprudenza è intervenuta a più riprese per rimarcare la non essenzialità della formula esecutiva e, addirittura, nella sentenza 3967 del 12.02.2019, la Corte di Cassazione ha chiesto che il debitore che si oppone all’esecuzione forzata per eccepire l’irregolarità formale della formula, deve anche provare che concreto pregiudizio possa mai derivargli.
Nel medioevo la chiamavano “probatio diabolica”.
Quello che sconcerta è che per abrogare un istituto considerato da decenni un “relitto storico” che aggravava e appesantiva il lavoro degli operatori della giustizia, è stata necessaria una riforma emessa in fretta e furia non per rendere efficiente il processo civile, come sarebbe stato bello che fosse, ma per ricevere fondi dall’Europa.
Credits: wal_172619 da Pixabay
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