
I 150 anni della Ragioneria Generale dello Stato
di Biagio Mazzotta (Ragioniere generale dello Stato)
Il traguardo dei centocinquanta anni, raggiunto nel 2019 dalla Ragioneria
Generale dello Stato, costituisce un momento di straordinaria importanza
perché induce certamente alla considerazione come la storia di questa Istituzione sia intimamente intrecciata con la storia del nostro Paese dall’unificazione in poi.
Indubbiamente le trasformazioni ordinamentali e istituzionali intervenute
dopo il 1869 — anno di nascita della Ragioneria Generale con la legge 22 aprile 1869, n. 5026, che ha preso il nome dal suo proponente, il ministro delle Finanze, conte Cambray–Digny — hanno inciso anche sulle funzioni della stessa Ragioneria.
Se in una prima fase storica e sino al 1923, la Ragioneria ha dovuto principalmente assicurare l’adeguatezza della funzione contabile del nuovo
Stato unificato, superando le molteplici difficoltà sotto il profilo amministrativo e contabile a causa della frammentarietà, delle diversità degli ordinamenti preesistenti e delle distinte prassi e, non ultima, quella della criticità della finanza statale; successivamente ha potuto meglio delineare i propri compiti come organismo di controllo.
Con la riforma De’ Stefani del 1923, e nel 1939 con la legge n. 1037, infatti, la Ragioneria consegue l’autonomia funzionale e organizzativa che le consentirà lo svolgimento dei compiti di controllo ad ampio raggio sulla spesa statale che continuerà a consolidare anche dopo l’avvento dell’era repubblicana, periodo in cui lo Stato si caratterizza per il maggior interventismo in campo economico e di apertura ai molteplici bisogni e prestazioni rivendicati dalla collettività.
Indubbiamente, l’impegno della Ragioneria si è successivamente sviluppato nell’ambito del supporto al Governo per assicurare una adeguata governance della finanza pubblica italiana.
Senza dubbio è questo l’ambito che, negli anni più recenti, ha visto la Ragioneria impegnata ad affrontare la priorità posta dall’ultima e ampia riforma del bilancio e della contabilità pubblica disposta con la legge n. 196 del 2009 e dalle successive modifiche.
Negli ultimi anni, infatti, l’Italia ha rafforzato sia l’insieme delle regole che governano la politica di bilancio sia le istituzioni deputate a monitorarla.
Con l’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 2012, il nostro
Paese si è allineato alle disposizioni comunitarie introducendo nell’ordinamento un principio di carattere generale, secondo il quale tutte le amministrazioni pubbliche devono assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito, nell’osservanza delle regole del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e
monetaria.
La legge n. 243 del 2012 ha successivamente dato attuazione al principio
dell’equilibrio di bilancio.
L’efficacia dell’assetto istituzionale e delle regole di contabilità e finanza pubblica si misura sulla capacità di assicurare sia l’equilibrio dei conti, in un’accezione che tiene conto del contesto congiunturale, sia di favorire un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche, in relazione alle scelte politiche e ai bisogni dei cittadini.
Il percorso di riforma così avviato rappresenta una rilevante opportunità per rafforzare il processo di programmazione finanziaria, valorizzando la funzione allocativa del bilancio nella fase della decisione politica, garantendo trasparenza e conoscibilità in ordine alle scelte compiute dal Governo e dal Legislatore sulla dimensione complessiva e sulla ripartizione delle risorse pubbliche, e assicurando al contempo una maggiore organicità nel procedimento legislativo in materia finanziaria.
La mancata riproposizione nel corpo dell’articolo 81 della Costituzione del previgente terzo comma ha sancito, per effetto dell’abrogazione del divieto di introdurre nuovi tributi e nuove spese, il passaggio da una concezione formale della legge di bilancio a una “sostanziale”.
La piena attuazione della riforma ha consentito di superare il tradizionale
schema normativo in materia di finanza pubblica facendo confluire il contenuto della legge di stabilità nel disegno di legge di bilancio.
La legge di bilancio contiene, pertanto, anche norme tese ad apportare modifiche alla legislazione di entrata o di spesa e può disporre misure e interventi volti a favorire lo sviluppo e la crescita economica del Paese.
Oltre a svolgere una funzione informativa e autorizzatoria, il bilancio
— nella nuova veste sostanziale — rappresenta ormai il principale strumento di decisione sull’allocazione delle risorse.
La riforma del bilancio costituisce un’importante occasione non solo per completare il graduale allineamento delle regole nazionali in materia economico–finanziaria a quelle del quadro europeo, ma anche per superare alcune debolezze del sistema attuale.
Il potenziamento della funzione allocativa del bilancio, l’adozione di un processo di programmazione che, fin dalla sua fase iniziale, consideri
le compatibilità tra le priorità e i vincoli macro–economici e finanziari, e l’integrazione delle attività di analisi e valutazione della spesa nel ciclo del bilancio, rappresentano il punto di arrivo del percorso intrapreso con
l’avvio del processo riformatore in atto.
Le innovazioni relative al processo di programmazione finanziaria, alla
presentazione del disegno di legge di bilancio, alla stessa struttura e rappresentazione del documento contabile coinvolgono numerosi attori istituzionali e richiedono, per una efficace attuazione, un impegno sostenuto e continuo che potrà durare ancora per la progressiva applicazione anche attraverso apposite sperimentazioni.
Anche in questa fase, sarà fondamentale la collaborazione del Parlamento
e degli altri soggetti istituzionali coinvolti.
Un punto di particolare rilievo, su cui soffermarsi, riguarda gli effetti
delle disposizioni in termini di pubblicità, leggibilità e qualità dei dati che
saranno posti a disposizione del Parlamento, nonché delle informazioni
relative alla valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi programmati che imprescindibilmente sono orientati a favorire la più ampia accountability del sistema gestionale pubblico del Paese.
In questa direzione va intesa l’introduzione delle azioni, con le quali potranno essere meglio dettagliate le finalità indicate con i programmi di
spesa a un livello di aggregazione che non sempre consente di cogliere con immediatezza l’effettivo contenuto.
Il nuovo piano dei conti e l’adozione, a fini conoscitivi, della contabilità
economico patrimoniale renderanno disponibili informazioni aggiuntive
rispetto a quelle attuali sul dettaglio della natura della spesa e ai costi effettivamente sostenuti dall’amministrazione.
È questo il contesto operativo prioritario e contingente, il nuovo scenario che vedrà impegnata la Ragioneria, come in passato, ad assicurare collaborazione e supporto ai diversi soggetti istituzionali, mettendo a disposizione le competenze professionali dei propri funzionari e dirigenti, frutto di una lunga e consolidata esperienza maturata sul campo e riconosciuta nelle sedi istituzionali, di cui sono particolarmente orgoglioso nella responsabilità di Ragioniere generale dello Stato assunta nel 2019, anno di ricorrenza dell’anniversario dei centocinquant’anni dell’Istituzione che, certamente, costituisce un’occasione per rivitalizzare il senso di appartenenza e di responsabilità che lega tutti gli appartenenti del presente e del passato della Ragioneria Generale dello Stato.
(dalla Prefazione di Biagio Mazzotta al volume “La Ragioneria Generale dello Stato. 150 anni di storia a difesa delle risorse pubbliche ”, a cura di Giuseppe Mongelli, Salvatore Romanazzi, Enzo Varricchio, ed. Aracne, Roma, 2020).
Image credit: ILSOLE24ORE/2019/05/21/
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