Inseparabile legame

Inseparabile legame

di Gianni Clocchiatti (FronteVerso Network)

Uno l’opposto dell’altro. L’emblema della differenza. Tuttavia sia che si tratti dell’esatto contrario o di reciproca esclusione, l’opposto lega indissolubilmente i due termini della questione.
Diversi, contrapposti, speculari, ma pur sempre legati. Quale inseparabile legame?

L’uno contiene l’altro, lo definisce, lo richiama. Entrambi hanno bisogno dell’altro per esistere così come il dolce viene determinato in riferimento all’amaro. Eppure quando le nostre idee si trovano una all’opposto dell’altra affiora più la differenza che l’assonanza. L’esclusione piuttosto che il confronto. L’atteggiamento è “o questo o quello”, premessa di un ineluttabile conflitto, piuttosto che “e questo e quello”, requisito di un ragionevole dialogo.

Tale comportamento “bipolare” forse è in qualche modo collegato ad antichi modelli culturali della nostra storia (cristiani o pagani, guelfi o ghibellini, cattolici o comunisti) e fino ai nostri giorni (o sei con me o sei contro di me).
Tali posizioni non possono che portare al conflitto, non solo verbale.
Si tratta quindi di passare da una visione binaria, “o-o”, ad una sistemica, “e-e” che utilizzando un approccio assertivo suona così: e mentre sostengo le mie opinioni ascolto le tue e chiedo a te di ascoltare le mie e cerchiamo assieme di trovare una soluzione utile per entrambi.
In tal modo ci confrontiamo, ci conosciamo, ci rispettiamo e cerchiamo un punto di incontro, quale che sia.

C’è poi un altro approccio, più creativo, quello della coesistenza dove si confrontano e si scontrano due diversità. È la “co-opetition”, un neologismo che descrive la concorrenza cooperativa descritta dalla teoria dei giochi e dai giochi non cooperativi di John Nash (ricordate il film The Beautiful Mind?).
C’è co-opetition quando le persone interagiscono e collaborano per creare assieme più valore rispetto al valore che da sole possono creare sfidandosi e combattendosi.

L’opposto quindi come diversità. Non un tiro alla fune dunque, ma una danza dove i ruoli restano separati ed opposti, e proprio per questo permettono ai ballerini di volteggiare, di tenersi e di lasciarsi al ritmo della musica.
L’opposto in realtà è un incessante e irrinunciabile movimento, come racconta la storia riferita da Arthur Schopenhauer:

Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero per proteggersi col vicendevole calore. Ben presto però sentirono le reciproche spine; il dolore li costrinse ad allontanarsi l’uno dall’altro. Quando poi il freddo li portò di nuovo a stare insieme si ripeté l’altro malanno cosicché venivano sballottati avanti e indietro fra due mali, finché non trovarono una moderata distanza reciproca che rappresentava la migliore posizione. Così il bisogno della società … spinge gli uomini l’uno verso l’altro… però i loro insopportabili difetti li respingono. La distanza media che riescono finalmente a trovare, grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.”

Credits: Yakup Ipek da Pixabay

Di Gianni Clocchiatti, su Ora Legale News

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