
Instituere – il Patto
di Massimo Corrado Di Florio
Riconoscere che il termine istituzione conserva e contiene, allo stesso tempo, una radice comune con quello di Costituzione sarebbe già un bel passo in avanti. Alla base di tutto vi è un patto. Il nostro senso di vita da consociati è esattamente questo.
Ma quanto è difficile mantenere un costante equilibrio all’interno di questo patto? È facile, facilissimo, scivolare verso forme di falsa democrazia, tutte votate alla raccolta del facile consenso. Il patto sociale rischia di sgretolarsi sotto i colpi di accetta della demagogia.
Tuttavia, instituere non vuol dire educare senza se e senza ma. Il patto sociale in tal caso si polverizzerebbe sotto i colpi della mannaia della tirannide.
Madame la Guillotine ci osserva severa dal luglio del 1789.
Senza abbandonare il senso della realtà e senza far finta di scordare ciò che sta accadendo, dobbiamo registrare corto circuiti nel nostro sistema istituzionale. Abbiamo il dovere di farlo in un contesto attuale così difficile e complicato, quando non severo e duro. Abbiamo il sacrosanto dovere di denunciarlo. Ce lo impone la stessa esistenza in vita del patto sociale in cui tutti dobbiamo riconoscerci.
Uno dei poteri dello Stato mostra di sé la peggior faccia possibile. Non parlo della evidenza poiché è sotto gli occhi di tutti un meccanismo che si è inceppato, parlo di ciò che resta (e forse resterà per sempre) nascosto. Dopo la discesa negli inferi del potere legislativo e del potere esecutivo, ecco che affonda nel pantano anche quello giudiziario.
Il pantano. Una palude dove ribollono interessi personali super alimentati dal fascino del potere, qualunque potere. Difficile, in questi luoghi imputriditi, svolgere considerazioni intorno alla mera graduazione del potere, come se la sporcizia che ci viene mostrata possa essere valutata a seconda della intensità dell’imbrattamento.
Che stupidità pensare che il potere giudiziario potesse andare esente da forme variegate di inquinamento. Che idiozia ritenere che i controllori fossero per davvero talmente tanto disumanizzati da poterli considerare uno dei pilastri portanti della nostra giovane democrazia.
Ci voleva il covid per rispolverare l’antico modo di dire “ti conosco mascherina”. Un po’, ma solo un po’, ci si sente ingannati ma è proprio quel “ po’ ” che percuote chiunque crede che quel patto sociale debba essere rispettato (da tutti) a qualunque costo. Un patto, dunque, è stato palesemente violato e la violazione ci coglie sorpresi poiché chi ha messo in opera questo deragliamento avrebbe dovuto garantire a noi tutti il rispetto e l’osservanza della legge. Un pandemonio in questa pandemia.
Un corto circuito, l’ennesimo, tra le nostre Istituzioni. Che vergogna solo immaginare quanto fosse diffuso e radicato in certi ambiti questo potere privo di senso.
Il senso della nemesi, nel suo più tipico valore simbolico, ci avvolge e ci sconvolge. Nemesi ha battuto perfino il poderoso marchingegno del deus ex machina incapace di risolvere la spudorata avventatezza di certi uomini. Il potere affascina, lo si sa. La nemesi, vendetta divina che castiga gli eccessi e le smisurate acrobazie di certa magistratura scomposta, è in atto.
Come sempre, in ogni caso, il sistema reagirà e si riallineerà ai Valori più sacri e inviolabili della nostra Costituzione. Ciò che resta è una sofferta tristezza di fondo, come una melodia amara che svolazza stanca tra le pieghe del nostro tricolore.
Image credit: Constance Kowalik da Pixabay
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