Non solo gap salariali

Non solo gap salariali

di Chiara Mussida (Associata in Politica Economica – Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Piacenza)

Tra i miei temi di ricerca ci sono tematiche legate al genere, o meglio alle differenze di genere soprattutto nel mercato del lavoro.
È stata una scelta non obbligata, dettata da circostanze esogene oppure da esigenze di pubblicazione (altrettanto esogene!), ma da un interesse personale a capire e quindi trovare una spiegazione a forti differenze tra la componente maschile e femminile della forza lavoro e della società.
Ho studiato vari aspetti di tali discrepanze, a partire da gap salariali, per poi considerare la disoccupazione, nonché disuguaglianze sia nel lavoro di cura/domestico, sia nel lavoro di mercato (occupazione). Questo perché, come noto, le differenze di genere sono trasversali e includono dimensioni non solo economiche.

Più in generale gli studi di genere si occupano dei significati socio-culturali legati all’identità di genere e ai ruoli di genere e sono trasversali a diverse discipline, sia scientifiche che umanistiche. Quindi si tratta di studi complessi che coinvolgono più dimensioni della società.
E per questo mi hanno attratto.
Oltre a misurare, quindi a quantificare che differenza esiste tra un indicatore, sia esso salario/tasso di occupazione/ etc., si cerca di indagare il perché.
Molto spesso, parlo del nostro Paese, si evince che le cause di tali discrepanze sono di carattere culturale, quindi ascrivibili a stereotipi di genere o simili.
Una volta enfatizzato problema e possibile causa, si cerca di sensibilizzare il policy maker per un intervento mirato ed efficace.

La passione per la ricerca, e la ricerca nell’ambito di tematiche di genere, è legata quindi a tutto il processo, dall’analisi del dato alla formulazione di proposte di policy e trova proprio in tutto il processo un interesse profondo.
Inizialmente c’è la curiosità di quantificare il fenomeno, poi quella di comprenderlo, e infine di formulare possibili soluzioni. Ovviamente, l’impatto di soluzioni per studi di genere è di ampia portata, così come lo è il fenomeno.
Ma il fatto di poter contribuire, seppur in misura marginale (sappiamo che ci vorranno moltissimi anni, forse meglio definire uguaglianza di genere un’utopia) a un problema così complesso, che coinvolge tantissime dimensioni e la cui risoluzione avrebbe molte ricadute, è più che sufficiente a stimolare una ricerca continua e meticolosa.

Per concludere, tengo a sottolineare che in questo breve contributo ho voluto focalizzarmi sulle motivazioni di una ricerca su temi di genere enfatizzando una motivazione legata alla passione per questo tipo di ricerca, e quindi non a movimenti femministi.
Personalmente, sono contraria a qualsiasi tipo di disparità e/o dualismo ed è questo a motivarmi. Infine, una piccola nota di ottimismo.
È importante chiarire che le donne hanno accresciuto nel tempo il proprio livello di indipendenza, grazie anche alla crescente partecipazione all’istruzione (qui parlano i dati) e al mercato del lavoro, può far ben sperare per migliori opportunità future non solo nell’economia ma anche nella società nel suo complesso.

Credits: Gerd Altmann da Pixabay

Short bio: Professoressa associata in Politica Economica presso la Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Piacenza. Degree in Economics Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2005, Master of Arts in Development Economics University of Sussex (Brighton, UK) nel 2007, PhD in Economics Università Cattolica nel 2009. Successivamente ricercatrice post-doc e ricercatrice presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Collabora con centri di ricerca nazionali ed internazionali. Interessi di ricerca in economia del lavoro.

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