
Rito del lavoro tra passato e futuro
di Antonio Pascucci (Avvocato in Milano – FronteVerso Network – Socio A.G.I.)
La Riforma Cartabia coinvolge anche il rito del lavoro, in particolare attraverso la modifica della disciplina dei licenziamenti e l’incremento degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Per quanto riguarda le modalità di impugnazione dei licenziamenti, a partire dal 1° marzo 2023 viene abrogato il cd. Rito Fornero, che fin dalla sua entrata in vigore è oggetto di difficoltà interpretative e applicative.
La riforma sancisce un ritorno al passato.
La disciplina del nuovo articolo 441 bis c.p.c. prevede infatti che la domanda di impugnazione del licenziamento dovrà avere la forma del ricorso ex art. 414 c.p.c.
Si instaura, pertanto, sin da subito un giudizio a cognizione piena, che supera la struttura bifasica dell’abrogato rito Fornero, caratterizzato da una prima fase sommaria e da una successiva di cognizione.
Il legislatore, nel ricondurre la procedura per l’impugnazione del licenziamento nell’alveo del rito ordinario, ha comunque introdotto dei meccanismi acceleratori, e ciò mediante le seguenti distinte disposizioni:
- a) l’art. 144 quinquies delle Disposizioni di attuazione del c.p.c., norma di carattere organizzativo, prevede che il Presidente di Sezione e il Dirigente dell’Ufficio Giudiziario uffici giudiziari debbano favorire e verificare la trattazione prioritaria dei procedimenti di cui all’art. 441 bis c.p.c.;
- b) l’art. 441 bis c.p.c., al comma 1, così dispone: la trattazione e la decisione delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti nelle quali è proposta domanda di reintegrazione nel posto di lavoro hanno carattere prioritario rispetto alle altre pendenti sul ruolo del giudice, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto.
Inoltre, con il comma 3 dell’art. 441 bis c.p.c., viene attribuito al giudice, al fine di garantire la trattazione prioritaria, il potere di ridurre i termini del procedimento fino alla metà.
Un’altra importante novità della Riforma Cartabia è l’introduzione della negoziazione assistita anche per le controversie di lavoro; tale strumento deflattivo, diversamente da quanto avviene in altri ambiti, nel rito del lavoro avrà natura facoltativa, non rappresentando una condizione di procedibilità della domanda.
Nel procedimento di negoziazione ciascuna parte dovrà essere assistita da un avvocato ed, eventualmente, anche da un consulente del lavoro.
L’accordo raggiunto dalle parti è equiparabile a quello siglato presso le cd. sedi protette, come espressamente sancito dall’art. 2 ter introdotto nel D.L. 12 settembre 2014 n. 132, norma che prevede l’applicabilità all’accordo del comma 4 dell’art. 2113 c.c.
Ne consegue che, come per le conciliazioni raggiunte davanti al giudice o presso le sedi protette, anche l’accordo siglato in sede di negoziazione non sarà impugnabile (avrà natura di accordo “tombale”, utilizzando una definizione diffusa nella prassi).
L’accordo raggiunto all’esito della negoziazione assistita deve essere trasmesso, nel termine di dieci giorni, a cura di una delle parti a uno degli Organismi di Certificazione individuati dall’art. 76 del D. Lgs. n. 276/2003, tra i quali figurano gli Ispettorati Territoriali del Lavoro, gli Enti Bilaterali, le Università e gli Ordini dei Consulenti del Lavoro.
I difensori che sottoscrivono l’accordo sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati.
Credits: Bruno-Marie da Pixabay
Di Antonio Pascucci, su Ora Legale NEWS
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