
Linguaggio istituzionale e pandemia
di Maurizia Borea (Avvocata in Milano – FronteVerso Network)
Mentre il mondo è stato travolto dalla pandemia, radicati cliché sembrano aver trovato conferma, come a volerci indurre certezze, seppur di maniera, come nelle più classiche barzellette, quando c’era da ridere: “C’erano un inglese, un francese, un tedesco e un italiano…”.
Dunque, nel momento fatidico di annunciare al proprio popolo la catastrofe dell’anno 2020, il Primo ministro britannico, tenendo fede al vecchio slogan “t.i.n.a.” (there is no alternative), caro al partito conservatore inglese, e notoriamente amato dalla signora Thatcher, ha detto ai suoi concittadini che molti avrebbero perso i propri cari prima del tempo, e… t.i.n.a., appunto.
Il Presidente francese Macron, alla sua prima apparizione, ha parlato (poco) ai suoi “compatrioti”, dedicando il primo pensiero ai familiari delle vittime. Dopo circa un mese da quel giorno è stato più decisamente francese: più e più volte ha detto che stiamo vivendo una guerra, ha fatto riferimento alle disuguaglianze acuite dalla pandemia, per concludere con il più classico “Vive la République, vive la France!”.
La Cancelliera Merkel, dal canto suo, ha detto senza mezzi termini al popolo tedesco: “È una cosa seria, prendetela anche voi seriamente”. Poi, con chiarezza e disinvoltura, ha spiegato la curva dei contagi come nessun altro: “Ora siamo più o meno al fattore di riproduzione 1, il che significa che una persona ne contagia un’altra. Un valore medio. Se dovessimo però arrivare alla situazione in cui ognuno di noi contagia 1,1 persone, raggiungeremmo a ottobre la capacità di posti di terapia intensiva del nostro sistema sanitario. Se il valore diventerà 1,2 (e cioè ciascuno contagia solo un 20% in più, e dunque che su 5 persone una ne infetta 2 e il resto una sola) raggiungeremmo i limiti del sistema sanitario a luglio. Se il valore diventasse 1,3 (che non è comunque tanto, visto che alle spalle abbiamo una situazione in cui si contagiavano 4-5 persone a testa), il sistema sanitario toccherebbe i suoi limiti già a giugno”.
Il Presidente del Consiglio Conte ha cominciato con il ricordare che gli italiani non si arrendono: è questione di DNA. Poi, ha richiamato tutti alla sfida della responsabilità, per passare ad indicare i piccoli gesti da compiere: lavarsi spesso le mani, starnutire o tossire nel fazzoletto o nel gomito, e così via. Infine, il tocco magico: ha chiesto alle banche un “atto d’amore” per l’Italia.
E poi c’è il Presidente della Repubblica Mattarella, che nel fuori onda durante la registrazione del suo discorso viene invitato ad abbassarsi un po’ i capelli, perché: “C’ha il ciuffetto…”. Lui replica, con serenità e complicità costituzionali: “Eh, Giovanni, non vado dal barbiere neanch’io ”.
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