Un nuovo modo di fare ricerca

Un nuovo modo di fare ricerca

di Rita Giuffredi (CNR-IREA)

Le condizioni tramite cui possa avvenire una positiva integrazione delle conoscenze, efficace per affrontare le sfide socio-ecologiche complesse, sono da tempo oggetto di studio.
Le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti: ogni giorno, sui media, scienziati ed esperti intervengono per fornire conoscenze specialistiche orientate a guidare azioni e decisioni dei responsabili politici e del pubblico in generale.

Come abbiamo sperimentato con il COVID, tuttavia, tali interventi non solo non si dimostrano risolutivi, ma di frequente alimentano conflitti nel dibattito pubblico, che si polarizza in fazioni contrapposte.
Grande circolazione poi hanno le informazioni che, pur essendo false o parziali, rispondono bene a logiche di attrattività e marketing social, mentre altre conoscenze, come quelle derivate dalla pratica o dall’esperienza di vita in un territorio, vengono escluse dal confronto.

Sul piano dei diritti, sono emerse riflessioni sull’“ingiustizia epistemica” subita da chi vede sistematicamente escluso, distorto o travisato il proprio contributo di conoscenza sulla base di una situazione sociale svantaggiata.
Altri ragionano su un nuovo diritto di “cittadinanza scientifica”, che segua ed espanda l’affermazione dei diritti di cittadinanza civile, politica e sociale, permettendo il controllo democratico della risorsa conoscenza, cruciale per le società contemporanee (http://www.cittadellascienza.it/centrostudi/2015/12/giancarlo-quaranta-pioniere-dei-diritti-di-cittadinanza-scientifica/).

Le sempre più frequenti controversie in ambito ambientale e sanitario evidenziano come non si tratti soltanto di fare chiarezza, traducendo concetti complessi in termini semplici, o di fare uno sforzo maggiore di trasferimento di informazioni a più persone. È necessario fare un passo indietro e dare adeguato peso e riconoscimento all’intreccio di visioni, interessi e valori connaturati alle questioni a base scientifica, in particolare quelle ambientali o sanitarie.

Il progetto di ricerca BRIDGES (Building Reflexivity and response-ability Involving Different narratives of knowledGE and Science), finanziato da Fondazione Cariplo e coordinato dal CNR, si concentra sul caso di studio della salute del suolo – tema esemplare per complessità, rilevanza condivisa e tuttavia sostanziale comune disattenzione – per sperimentare un modo innovativo di fare ricerca scientifica, in grado di costruire conoscenze transdisciplinari, ovvero che superino la distinzione tra specialità disciplinari e le gerarchie tra conoscenze, allo stesso tempo dando importanza a valori e relazioni tra i soggetti di studio.

Per fare un esempio, il progetto mira a un’elaborazione partecipativa di indicatori di salute del suolo.
A questo scopo, dapprima a un gruppo multidisciplinare di giovani ricercatori è stato proposto di sperimentare una pratica di ricerca in relazione immersiva con il suolo in termini sensoriali, artistici e naturalistici, sotto la guida di uno staff di artisti, agronomi, scienziati sociali, epistemologi e ingegneri dell’informazione.

Tale esperienza, realizzata nel contesto rurale del centro per la ricerca nelle arti e le scienze di Pianpicollo Selvatico, ha consentito al gruppo (tutto il gruppo: sia lo staff BRIDGES che i giovani ricercatori) di maturare riflessioni critiche sulla natura della conoscenza e sul lavoro di ricerca contemporaneo, portandolo a riconoscere il valore e il contributo di pratiche conoscitive diverse, come le arti e l’osservazione scientifica, e a rivalutare aspetti normalmente trascurati “in laboratorio” come i rapporti tra tutti gli attori ecologici – umani e non umani -, l’importanza degli aspetti processuali e relazionali e l’intreccio di valori connaturato allo sforzo di ricerca.

Il passo successivo è stato coinvolgere i cittadini, tramite un’attività di citizen science realizzata con alcune reti attive a Milano nell’ambito di orti e parchi pubblici, nonché con scuole e singoli cittadini.
Ciascuno aveva il compito di interrare per 40 giorni una litter bag, ovvero una piccola bustina contenente paglia, nello spazio verde di propria pertinenza.
Al termine del periodo le misurazioni sulle bustine, analizzate dagli agronomi di BRIDGES, hanno composto una mappa di alcune caratteristiche di qualità dei suoli urbani.

Inoltre, alle reti coinvolte è stato chiesto durante il tempo di “incubazione” di attivare la propria attenzione su aspetti non solo scientifici del suolo, come l’esplorazione sensoriale, l’osservazione degli insetti, ma anche di sperimentare attività di contemplazione meditativa e la creazione di una scultura di terreno, foglie e altri elementi naturali.

Al termine del processo, tutti i materiali raccolti e messi in comune (prodotti concreti, o in forma di dati, o ancora di riflessioni) formeranno un corpus ibrido di conoscenze, provenienti da un’elaborazione collettiva, inclusiva dei contributi di attori diversi e attenta agli aspetti valoriali e relazionali, che formerà la base dell’elaborazione di indicatori condivisi di salute del suolo, in grado di fondare un nuovo approccio alla risoluzione di problemi socio-ecologici complessi.

Credits: Cezary da Pixabay

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