
Cosa indossavi?
Le parole nei processi penali per violenza di genere
di Maria Cristina Carratù (Giornalista)
Pubblichiamo la prefazione al libro di Iacopo Benevieri per tab edizioni
L’aula di un tribunale dovrebbe essere un luogo di garanzia per eccellenza, ma non sempre è così. E non lo è, molto spesso, nelle dolorose circostanze che portano una donna vittima di violenza a confrontarsi davanti a un giudice non solo con il suo abusatore/violentatore maschio, ma con il linguaggio stesso con cui si svolge questo confronto.
È ampiamente noto come alcune delle domande spesso rivolte alle donne durante i processi – per esempio quelle sul tipo di abbigliamento indossato al momento della violenza, quasi si trattasse di un indizio decisivo della loro complicità, se non della loro diretta responsabilità, nell’accaduto – siano tanto insinuanti, e incalzanti, da non apparire neanche più domande, ma affermazioni perentorie, cui la “presunta” vittima, incastrata dalla formulazione, si sente suo malgrado costretta ad aderire, con ciò, spesso, “condannandosi” da sola.
Si tratta di domande attraverso le quali chi partecipa a un dibattimento con un ruolo istituzionale – pubblici ministeri, avvocati, giudici, forze dell’ordine, periti, ecc., che già solo per questo appare a chi ha davanti come controparte dominante – può, se non consapevole di questo rischio, trasformare davvero in strumento di dominio, anziché dinemancipazione e garanzia di diritti. Dimostrando così, in quella “vicenda linguistica” per antonomasia che è il processo penale, come il controllo del linguaggio costituisca un vero e proprio fattore di sbilanciamento dei rapporti di forza fra i soggetti in campo, in grado di riprodurre e perpetuare anche per questa via gli stereotipi di genere che ancora infestano la nostra cultura.
Perché è vero, come ci spiega con dovizia di particolari l’autore di questo libro, che una lingua rispecchia sempre la società che la parla, in tutti i campi, e tanto più quello delle relazioni fra i sessi, che chiama in causa le modalità stesse di sopravvivenza della specie.
Sorta di cartina di tornasole dei meccanismi consci e inconsci che hanno creato e consolidato, per successive stratificazioni, la visione del mondo delle antiche società patriarcali, ma arrivata praticamente intatta fino a noi, e che resiste nonostante gli sconvolgimenti epocali a cui siamo assistendo. Rivoluzione tecnologica e digitale compresa, in grado, anzi, paradossalmente, di riprodurre all’ennesima potenza quegli stessi meccanismi, evidentemente funzionali a una società tuttora regolata, a ben guardare (vedi le dinamiche della finanza e dei poteri economici, nonché dei social), dalla logica della struggle for life – dominatori e vittime, odiatori e odiati, persecutori e perseguitati, (anche) lungo la linea della distinzione di genere.
I “trucchi” con cui l’inconscio – personale e collettivo – rema contro l’evoluzione dei rapporti di genere fuori dalla “cosmologia” dei nostri avi sono infiniti, e vanno, per restare a quella rappresentazione così esemplare delle relazioni sociali che è l’aula di un moderno tribunale, dal modo con cui, anche inconsapevolmente (ma tanto più colpevolmente) si formulano le domande rivolte alle donne, al ricorso a tecnicismi giuridici e giudiziari fuori dalla portata dei non esperti, agli stratagemmi della retorica, e via dicendo, fino alla definizione, acriticamente condivisa dai media, degli autori dei reati come “mostri”, e cioè “diversi” (immigrati, pazzi, depressi, ecc.) dal resto della categoria (maschile), come se addossare ogni colpa al singolo “anormale” non fosse anche questo un modo per deresponsabilizzare i portatori del pensiero androcentrico, dominato con ostinata continuità dall’ossessione del potere.
“Trucchi”, in ogni caso, che il linguaggio veicola, ma anche denuncia, rendendoli palesi e intollerabili a chiunque abbia davvero a cuore, anziché “virili” sopraffazioni e abusi di potere, diritti e garanzie, e sollecitandoci (tutti) a una pacifica, ma rivoluzionaria, mobilitazione linguistica.
https://www.tabedizioni.it/shop/product/cosa-indossavi-688
di Iacopo Benevieri, su Ora Legale News
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