
I dissent
di Anna Losurdo
Il limite del doppio mandato può piacere o non piacere ma è ormai salito a rango di principio cardine dell’ordinamento forense.
Sette anni di battaglie giudiziarie non sono serviti a far prevalere l’orientamento opposto.
Anzi, le pronunzie del CNF, dei giudici di merito, dei Tar, della Cassazione e finanche della Corte Costituzionale hanno progressivamente inciso più profondamente nella definizione del principio.
Le regole si rispettano, ancor prima delle sentenze.
E le Avvocate e gli Avvocati dovrebbero saperlo prima e più di tutti gli altri.
Per questo, all’indomani della sentenza del CNF che ha annullato l’ultima elezione (del 2019) di Giovanni Stefanì al COA di Bari, della rinuncia alla impugnazione da parte dell’interessato e della doverosa ottemperanza alla regola dello scorrimento degli eletti, mi aspetto che tutti gli e le attuali componenti del Consiglio che si trovano nella stessa condizione dichiarino subito con chiarezza e con certezza che non si candideranno alle prossime elezioni. Così dimostrando di saper rispettare quelle regole che chi riveste il ruolo di consigliere dell’ordine è chiamato a tutelare e a far rispettare.
La comunicazione mainstream crea una serie di problemi.
Per i destinatari, portati a credere alla versione dei fatti proposta, smarrendo le proprie capacità critiche e per gli emittenti, che finiscono con il credere ai fatti che raccontano. Con l’ulteriore nefasta conseguenza di non cercare alternative o soluzioni, anche quando si è in errore.
Peraltro, quando, come me ora, ci si rivolge sui social alla nostra comunità forense, che si scriva o si parli in video, bisogna esser ben consapevoli che solo una parte di Colleghe e di Colleghi del nostro Foro frequentano la piattaforma e che la nostra filter bubble è ancora più ristretta e ancora meno saranno i destinatari del feed.
Insomma, non siamo a reti unificate come la Presidenza della Repubblica.
Parlare di macerie in questo nostro tempo di guerra è blasfemo, ma invoco prudenza e pudore invece di indulgere nella retorica del prestigioso quarto ordine di Italia, dopo le inchieste clamorose che negli ultimi anni hanno attraversato la giurisdizione barese, coinvolgendo esponenti dei compartecipi alla stessa, fermo restando tutto il garantismo di cui siamo capaci (se lo siamo davvero tutte e tutti).
Così come non mi interessa l’unità della Avvocatura né locale né nazionale. Un feticcio, una chimera, una illusione, perseguita per decenni, che ci ha fatto annegare in sovrastrutture e morire di organigramma.
Mi interessano Avvocate e Avvocati che discutono, fuori dentro il consiglio, che si confrontano e si scontrano, con rispetto di tutte le posizioni e che sanno fare sintesi, nel pieno rispetto delle regole democratiche.
Perché solo nel confronto il Pensiero cresce; nell’omologazione e nella piaggeria il Pensiero, invece, muore.
Non c’è alcuna lacerazione nel nostro Foro.
Come testimonia il coro unanime del consenso.
E come potrebbe essere vero il contrario? Uno su mille dissente e sarebbe in grado di togliere serenità al Consiglio e alle iscritte e agli iscritti? Neanche se avesse i super poteri di superman o di wonder woman.
Davvero si può pensare di raccontare questa storia e che qualcuno ci creda?
Non si può piacere a tutti. Bisogna convincersene. Ci sono precedenti nella Storia ben più eclatanti di ciò che siamo. Ma ciò non costituisce un atto di lesa maestà o una questione personale.
Il dissenso è sempre legittimo. Pare strano anche doverlo ribadire.
Qualche domanda, ogni tanto, è opportuno porsela.
Se collaboro a protocolli controproducenti, o peggio ne ricevo di già confezionati da altri, sto rendendo un servizio?
Se ignoro competenze in nome dell’appartenenza, sto rendendo un servizio?
Se mi limito alla retorica dei saluti istituzionali e delle parole di circostanza delle autorità, sto rendendo un servizio?
Se erogo formazione su argomenti banali e con trattazioni modeste, sto rendendo un servizio?
Se impedisco l’iscrizione dei gestori all’elenco nazionale degli OCC perché sono troppi, sto rendendo un servizio?
Se non procedo alla periodica revisione dell’Albo, sto rendendo un servizio?
Non è questione di restare ancora e/o altrove.
Si tratta, invece, di organizzare un lascito: di efficienza, di trasparenza, di buona amministrazione della casa dell’Avvocatura barese. E spetta agli attuali Consiglieri e Consigliere farlo.
Chi sarà nel COA dopo di loro proseguirà il lavoro. E se non andrà bene verrà un commissario o una commissaria a rimettere a posto le cose.
Image credit: Willgard Krause da Pixabay
Di Anna Losurdo, su Ora Legale News
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