Antigone e la polis futura

Antigone e la polis futura

di Anna Losurdo

“A meno che il mondo oggi scelga la nonviolenza, esso andrà sicuramente incontro al suicidio”
Mahatma Gandhi

L’Antigone di Sofocle è strutturata come un processo.
In quel processo, Antigone non riconosce l’autorità dell’editto di Creonte, che ha violato le leggi immutabili degli dèi dell’oltretomba e rivendica la superiorità delle leggi di natura, eterne e immutabili.
Per Creonte, invece, le leggi della Città devono essere rispettate senza alcuna eccezione.

Antigone è il simbolo della capacità di lottare per un ideale a costo di sacrificare la propria vita; in questo caso contro le leggi dello Stato, entrate in conflitto con le leggi della natura, per la riaffermazione della supremazia dei diritti naturali. Oltrepassa tutti i confini riservati all’operare delle donne greche dell’epoca (oikos) e invade il territorio della politica (polis), riservato agli uomini.
In un mondo in cui sono gli uomini a decidere, Antigone va respinta in quei confini che ha osato travalicare, assoggettata, anche se da morta, al potere maschile.

La contrapposizione tra uomo e donna è l’espressione dell’antitesi tra due modi di sentire e di vivere, tra due diverse visioni del mondo.

Ma anche della “giustizia”.
Che è data dalla ineludibile applicazione del dettato normativo, secondo Creonte, anche a costo di apparire ingiusta, ma è, invece, fondata sulla ragionevolezza e deve essere equa, secondo Antigone.
Antigone muore ma raggiunge lo scopo, dopo aver messo in crisi la pretesa di infallibilità dell’anziano Creonte “padre padrone“. La sua è la rivolta morale contro l’ingiustizia e l’arbitrio del potere; con la speranza che essa sia scaturigine di lotta politica con una nuova connotazione non violenta.

L’ordinamento, in ogni tempo, deve essere collegato con la comunità e con i valori senza tempo da questa condivisi. E deve, altresì, riconoscere e garantire al suo interno la titolarità dei diritti naturali, immutabili ed eterni, affinché si realizzi il giusto equilibrio tra libertà individuale e autorità statuale.
Quei diritti umani fondamentali, per tutte e tutti, di cui ci parla spesso anche Papa Francesco.

Nelle parole del Coro troviamo la rappresentazione di un ordinamento sovrannaturale fondato sull’amore al quale tutto e tutti devono conformarsi

CORO:
Tu, Desiderio invincibile in guerra,
tu, Desiderio che piombi sui beni dell’uomo,
che trascorri la notte
sulle tenere gote di una giovane,
e vaghi sul mare (785)
e per le case campestri,
e non c’è nessuno tra gli immortali
che possa sfuggirti,
né tra gli uomini effimeri:
chi ti ha è folle.

Tu pure, trascini l’animo dei giusti
all’ingiustizia, per la loro rovina,
tu pure, hai scatenato
questa lite tra uomini dello stesso sangue;
e vince chiaramente il desiderio (795)
degli occhi della bella sposa,
il desiderio che ha il suo posto
tra le grandi leggi al potere,
invincibile gioca
la divina Afrodite. (800)

(Sophocle, Antigone, 781-800)

Tutto è superato dall’amore, quindi, che acquista una valenza politica e giuridica, diventando così fondamento della convivenza sociale.

Torniamo a noi e a questo nostro tempo malato.

Si impone la necessità di una nuova morale per sostituire le vecchie contrapposizioni politiche.
Se è vero che la vera politica è fatta di produzione di accordi, la confusione tra morale e politica fa si che ogni argomento diventi una questione identitaria.
Dobbiamo ritrovare la capacità di risolvere i problemi nella dimensione pubblica e in chiave morale e non attraverso scelte private; di affrontare politiche per un futuro sostenibile in ambito civile e relazionale e non solo ambientale.
Solo così si possono contrastare l’attuale pericoloso individualismo politico e la invasiva tecnologia globale.

Attraverso relazioni ben costruite tutto diventa più sostenibile perché in tal modo si concretizza l’idea che l’interesse di ciascuno non debba necessariamente confliggere con quello degli altri.

Per questo, l’etica pubblica è una sfida.

La nuova frontiera della pubblica amministrazione (che è il luogo dove superare la distanza tra cittadini e istituzioni) è una nuova tecnica di cura dell’interesse comune.
Ce lo insegna Antigone, ancora oggi.
Per (ri)costruire un mondo nuovo, occorre filìa [dal gr. ϕιλία «amore, amicizia»].
Per evitare gli errori del passato serve una nuova etica pubblica, fatta di pace e di rispetto.

Image credit: Nika Akin da Pixabay

di Anna Losurdo su Ora Legale News

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