Trasformazione etica
di Tania Rizzo (Avvocata del Foro di Lecce)
Metto subito in chiaro che quando mi è stato affidato il compito di esprimermi sul valore dell’Avvocatura ho immeditatamente pensato, quasi come un riflesso automatico, a un punto di domanda: l’Avvocatura, oggi, ha dei valori?
Mi sono imbattuta, in questi anni di professione legale, in brutture intellettuali, storture etiche e falsificazione della realtà posti in essere da avvocati, dentro e fuori le aule di udienza, in una continua corsa verso il punto alto della furbizia e non alla ricerca di metodo e merito effettivi.
Credo, peraltro, che queste osservazioni, dirette o indirette, siano state raccolte anche da altre Colleghe e altri Colleghi, come me rimasti aggrappati ai – forse vetusti- princìpi di decoro, serietà, correttezza professionale e preparazione.
A titolo di mero esempio non esaustivo, non si possono e non si devono diffamare i Colleghi, non si possono e devono bistrattare i Colleghi più giovani, non si può e deve stigmatizzare l’operato professionale altrui, non si possono e devono patrocinare difese se non si è specializzati in quel settore, non si possono e devono anticipare temi difensivi con i giornalisti, non si possono e devono negare i compensi correttamente maturati e richiesti ad ex clienti e via ad andare.
Insomma, non mi riferisco a quelle condotte o atteggiamenti più o meno consoni alla nostra figura professionale, spesso collegati ad usi dei social, ma, piuttosto, a condotte ben precisate nel codice deontologico e divenute tuttavia diffuse, tollerate, spesso condivise e oramai difficilmente riconosciute come deontologicamente illecite.
Non a caso, infatti, si parla da lungo tempo di crisi dell’Avvocatura, spesso puntualizzando sui profili economici e identitari ma, poche volte, mi pare, approfondendo la trasformazione etica in atto.
Eppure, il ruolo dell’Avvocatura è stato centrale nella vita dell’intero Paese.
Se si pensa a come siano stati fondamentali nella cultura giuridica e sociale gli insegnamenti forniti dalla vita e dal pensiero di Avvocati come Lidia Poet, Francesco Carnelutti, Pietro Calamandrei, Giovanni Leone, Fulvio Croce, Giorgio Ambrosoli, Tina Lagostena Bassi, solo per citarne alcuni fra i più noti, allora diventa soverchiante il senso di profonda frustrazione rispetto ciò che la categoria forense è oggi.
Le responsabilità sono generazionali e culturali.
È oggettivamente indifendibile l’azione di tutti coloro che, nei decenni passati, dopo aver assunto ruoli forensi e/o politici apicali, cedettero alle lusinghe dell’indifferenza – se non della strumentalizzazione- verso le generazioni che arrivavano a indossare la toga. Concetto tanto palese quanto mai realmente assunto come premessa a un efficace confronto fra generazioni teso alla ricerca di possibili soluzioni.
Tuttavia, volendo volare alti nella riflessione rispetto le tristi questioni sopra indicate, è necessario interrogarci su quali valori possiede oggi l’Avvocatura.
In risposta a un consesso tra magistrati e forze dell’ordine marsigliesi che si sono avvicendati nella disamina delle azioni investigative e giudiziarie da porre in essere per contrastare il triste fenomeno del narcotraffico, arrivava tramite social la risposta dell’Avvocata Julie Couturier, Presidente du Conseil National des Barreaux, in questi termini
“Dans un État de droit, l’avocat est libre et doit pouvoir le rester: on ne peut tenter de le museler dans l’exercice des droits de la défense. Cette libertè doit rester totale”
( “In uno Stato di diritto, l’avvocato è libero e deve essere in grado di rimanere libero: non si può provare a imbavagliarlo nell’esercizio dei diritti della difesa. Questa libertà deve restare totale”).
Colpiscono, in queste parole, diversi aspetti che in Italia paiono dimenticati o non conosciuti.
Anzitutto, l’accostamento dei concetti “Stato di Diritto” e “avvocatura libera”: in buona sostanza, si dice senza giri di parole che l’Avvocatura libera è l’ossatura dello Stato di Diritto, cioè che se esiste uno Stato di Diritto è solo grazie agli Avvocati che ne sono le fondamenta e che ne hanno piena consapevolezza tanto da essere liberi.
Poi, colpisce l’indicizzazione del solo tentativo di imbavagliare gli Avvocati evidentemente perché portatori di idee e valori che non possono essere silenziati. Non ci si lamenta di provare a imbavagliare i giornalisti, come sentiamo ripetutamente in Italia, ma gli Avvocati, fondamenta dello Stato di Diritto.
Infine, occorre riflettere sull’affermazione della stessa libertà dell’Avvocatura che deve restare totale, non legata quindi al ruolo processuale o al settore di attività o allo status del soggetto o ai suoi guadagni ma solo ed esclusivamente alla funzione sociale e giuridica: gli Avvocati devono essere liberi e restare liberi nella pienezza della loro funzione.
Ecco, libertà.
Ci aggiungerei, anche, ritornando a un volo più raso terra e rientrando nei nostri confini italici, libertà dallo svilimento dell’Avvocatura, magari riproponendo con vigore la modifica della Legge Professionale che metta in primo piano, come scopo della categoria, l’affermazione della cultura meritocratica, garantista, eticamente elevata.
Di Tania Rizzo, su Ora Legale News
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