
L’ultimo miglio delle specializzazioni
di Aldo Bottini (Avvocato in Milano)
Quando, tra la fine del secolo scorso e i primi anni duemila, sono state costituite le prime associazioni specialistiche forensi, oggi riconosciute dal CNF, per un avvocato dichiarare il proprio settore di specializzazione costituiva un illecito disciplinare.
Una delle priorità delle associazioni, dunque, fu da subito la battaglia per ottenere il riconoscimento della specializzazione, che individuammo insieme come una pressante esigenza tanto degli avvocati a far conoscere il proprio ambito di competenza quanto dei cittadini e delle imprese a orientarsi nel mercato dei servizi legali.
Per supportare con la dovuta serietà quella battaglia, le principali associazioni (AGI in testa) costituirono, ciascuna per il proprio settore, scuole di alta formazione specialistica per avvocati, in collaborazione le istituzioni dell’avvocatura (CNF e Ordini) e le Università, anticipando così nei fatti, con una felice intuizione, quello che diversi anni dopo sarebbe stato il percorso disegnato dal legislatore per l’ottenimento del titolo di specialista.
Ci vollero anni, ma finalmente, nel dicembre 2012, la nuova legge professionale forense “sdoganò” la specializzazione, prevendo la possibilità di ottenere il titolo attraverso un duplice percorso, uno basato sulla frequenza di corsi biennali con esame finale e l’altro sulla verifica della comprovata esperienza acquisita in un quinquennio di pratica “sul campo”.
Ma per far partire il meccanismo occorreva un regolamento ministeriale, e qui comincia una incredibile quanto assurda vicenda che ad oggi, dopo quasi dieci anni, non si è ancora definitivamente conclusa.
Il regolamento venne pubblicato in G.U. solo nel settembre 2015, e subito partì una raffica di impugnazioni al TAR promosse da una parte dell’avvocatura, da sempre ostile alla specializzazione.
Il TAR annullò regolamento in alcune sue parti, prima tra tutte quella che individuava i settori nei quali era possibile ottenere la specializzazione.
Era evidente che così il processo non poteva partire.
Il Ministro di allora, invece di prenderne atto e riformulare il regolamento, volle ricorrere al Consiglio di Stato, che nel novembre 2017 confermò la sentenza del TAR.
Occorreva a questo punto attendere una nuova legislatura (e un nuovo Ministro) per riprendere il discorso.
Dopo varie (lunghe) interlocuzioni tra ministero, CNF e associazioni specialistiche, e dopo un parere positivo del Consiglio di Stato (reso non prima di aver richiesto una Analisi di impatto della regolamentazione), il 12 dicembre 2020 è finalmente apparso in Gazzetta Ufficiale il Regolamento modificativo del Dm Giustizia 144/2015 per il “conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista”.
Erano passati 8 anni dalla legge professionale forense che aveva introdotto la specializzazione. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo, abbiamo visto l’orizzonte ormai vicino.
Ma non era finita.
Di nuovo una parte dell’avvocatura (in testa gli Ordini di Roma, Napoli e Palermo) ha scelto la via giudiziaria per contrastare l’avvio della specializzazione.
Il TAR questa volta, nel febbraio 2021, ha respinto i ricorsi (salvo che per qualche disposizione di minor conto), dando così via libera alla specializzazione.
Tutto risolto dunque, sia pur con imperdonabile ritardo?
Non ancora, anche se la strada è in teoria definitivamente tracciata.
Mancano però alcuni tasselli, che inspiegabilmente tardano ad arrivare.
La commissione ministeriale deputata non ha ancora varato le linee guida alle quali le scuole di specializzazione devono attenersi.
L’altra commissione ministeriale che dovrebbe attribuire il titolo per comprovata esperienza non risulta ancora neppure costituita.
E’ invece insediata la commissione che deve sottoporre ad esame chi ha già frequentato uno dei corsi di alta formazione organizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento dalle associazioni specialistiche riconosciute, in virtù di una norma transitoria del regolamento che testimonia la bontà del lavoro svolto in questi anni dalle associazioni.
Ma gli esami non sono ancora iniziati.
Sta di fatto che, a quasi 10 anni dall’entrata in vigore della legge, nessuno può ancora fregiarsi del titolo di specialista.

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