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Diario segreto di un politico scoperto per caso
Nel mio più profondo io sono un millantatore seriale. Lo sono in modo talmente tanto elevato che non stento a definirmi millantatore professionale.
Il vero guaio è che all’inizio (un inizio in cui non concedevo neppure a me stesso la possibilità di confessarmi tale) facevo finta di essere un dilettante. Sì, un tuttologo dilettante senza alcun rimorso. Poi, con calma, sono diventato un vero e proprio professionista del nulla.
Un professionista del vacuo mai scoperto da nessuno e osannato da tanti. Nessun senso di colpa, mai. Né nei confronti della mia famiglia (che credeva che io fossi un intellettuale triste, una specie di esistenzialista della politica), né nei riguardi della società in cui mi sono pavoneggiato con abilità innata.
Si giunge, tuttavia, ad un punto tale di menzogne che, al solo scopo di non perdere il prestigio guadagnato sul campo, si è costretti a confessarle a qualcuno. Essendo un egotico inguaribile, l’unico “qualcuno” cui confessare la mia orribile e genetica millanteria non poteva che essere il mio me stesso, un io ipertrofico. Un me stesso riciclato migliaia di volte.
Sono un politico millantatore. Mi presento alle prossime elezioni millantando capacità, competenze e, soprattutto, totale assenza di vergogna. D’altronde un millantatore non può e non deve conoscere il pudore né il ritegno. Nessuna autocensura e nessun rimorso per quello che ho inventato (su di me, ovviamente) sino ad oggi. Lo rifarei. Mi ri-presento alle prossime elezioni con la maturata e saggia consapevolezza di essere un vuoto pneumatico. Meravigliosa estasi del niente.
Votatemi, fatelo per me. Sarò la vostra migliore espressione del disimpegno sociale, politico, morale e chi più ne ha, più ne metta (anche perché io non ho molto altro da aggiungere).
Possedevo un gatto. Il suo nome è irrilevante. Avevo convinto tutti che allevare un felino domestico fosse un vero e proprio dovere kantiano. Ancora oggi non so chi sia Kant.
Ho sviluppato la tendenza (meravigliosa essenza del mio personalissimo non-sapere) ad elaborare articolati ragionamenti partendo dalle didascalie delle fotografie contenute in alcuni manuali illustrati. Ho convinto decine di migliaia di persone a fidarsi delle mie (totalmente assenti) conoscenze.
Quando mi hanno conferito una laurea ad honorem in … nemmeno mi ricordo cosa, il Rettore di quella Università si è complimentato per la mia umiltà intellettuale.
Sono un favoloso esempio di come si possa Essere pur senza minimamente Essere.
Pochi ma limpidi concetti sostengono la mia campagna elettorale: Democrazia (l’etimo mi sfugge); Giustizia (tipo: processi brevi e roba simile); Libertà (non occorre sviluppare il concetto); Lavoro (dei lavoratori si può parlarne dopo); Stranieri (l’importante è che lavorino); Famiglia (ci basta quella che abbiamo).
Non ho nemmeno bisogno di giustificarmi poiché tutto è collegato alla mia personale ricerca della felicità. Chi può mai rimproverarmi? E perché poi? Solo per un mio presunto approfittamento? Ma, approfittamento di cosa, di chi? Delle persone cui ho voluto bene? Di quelli che nemmeno conosco e non desidero conoscere?
Dico la mia verità, e lo faccio con poche parole. La verità, in fin dei conti, si scrive in poche righe anche se la racconto soltanto a me stesso.
The guilty dog barks the loudest
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