
Comunicare l’ecologia
di Alessandra Pugnetti (Cnr-Ismar, Venezia)
C’è un’immagine molto evocativa che ci porta al cuore dell’ecologia, la scienza che studia le relazioni e le interconnessioni degli organismi fra loro e con l’ambiente. Proviene dal mondo buddista, dal monaco vietnamita Tich Nath Han, che conia una parola nuova e intensa: “inter-essere”.
Non bisogna essere buddisti per apprezzarne la potenza e la capacità di trasportarci oltre i confini rigidi di un sé che crediamo discreto e separato, mostrando che ogni esistenza è, invece, relazionale.
Non si tratta di un argomento filosofico, ma di una realtà che dovrebbe ispirare qualunque azione verso la cosiddetta transizione ecologica e la sostenibilità. Invece, in questa fase storica siamo imprigionati in una sorta di incantesimo che Vandana Shiva – attivista e ambientalista indiana – chiama “l’Apartheid della Natura” e Charles Eisenstein – filosofo e scrittore americano – il “Mito della Separatezza”.
Ma com’è possibile passare da una monocultura meccanicistica, guidata dall’illusione di un io separato dalla Natura, a una sorta di biodiversità della mente, basata sull’interconnessione, la diversità e la molteplicità?
E in che modo possono la scienza e la comunicazione dell’ecologia contribuire a questa trasformazione?
È quello che si sono chiesti ricercatori e ricercatrici della Rete di Ricerca Ecologica a Lungo termine LTER-Italia (la Rete LTER-Italia appartiene alle reti LTER europea e internazionale. Attiva dal 2006, è costituita da 79 siti di ricerca ecologica, distribuiti su tutto il territorio nazionale in ambienti terrestri, di acque continentali e marine, dove le ricerche ecologiche vengono svolte sulla scala pluridecennale da numerose istituzioni scientifiche).
La risposta è stata che, innanzitutto, è necessario muoversi, abbandonare la propria zona di comfort, costituita da laboratori, convegni tematici, schemi mentali e scambi tra comunità di pari, spesso ristrette e confluenti tra loro.
Il movimento può avvenire in molti modi: in LTER-Italia abbiamo scelto quello più naturale e primordiale, cioè il movimento che facciamo con il nostro corpo camminando.
Camminare, infatti, rende il corpo e i sensi interpreti attivi del mondo, aiutando a rafforzare il legame con gli esseri viventi e l’ambiente.
Per cinque anni, dal 2015 al 2019, sono stati realizzati i Cammini LTER (http://www.lteritalia.it/?q=pubblicazioni/10.32018/978888080304-; https://www.ojs.unito.it/index.php/visions/article/view/5994). Un’iniziativa di comunicazione informale dell’ecologia: si tratta di percorsi, della durata di più giorni, che collegano, usando modalità lente (prevalentemente a piedi e in bicicletta), due o più siti della Rete.
In tutto 13 Cammini che hanno toccato 19 siti LTER, più di 2000 chilometri percorsi, una sessantina di ricercatori e ricercatrici coinvolti, centinaia di persone incontrate.
Al di là dei numeri, i Cammini hanno aperto spazi di riflessione e di (auto)critica sul significato stesso del fare e comunicare la scienza, producendo poche risposte e molte nuove domande: come integrare la prospettiva scientifica con altre forme di descrizione, conoscenza e interpretazione del mondo, quali quelle artistiche, filosofiche o mitiche?
Come coniugare conoscenza e linguaggi razionali e analitici con altre qualità più legate alle emozioni e ai sentimenti?
Come attivare la consapevolezza della nostra profonda interconnessione con tutti gli esseri per risanare la frattura che si è creata fra esseri umani e Natura?
Domande che sono rimaste in sospeso, perché i Cammini hanno dovuto interrompersi negli ultimi tre anni a causa delle restrizioni legate alla pandemia, ma che hanno agito e si sono radicate ancora di più dentro ciascuno di noi.
Nel 2023 i Cammini e le attività di comunicazione della Rete riprenderanno con una maggiore consapevolezza che la conoscenza scientifica e lo sviluppo tecnologico sono necessari, ma da soli non possono risolvere la crisi ecologica globale e le sfide legate alla sostenibilità.
Le decisioni che devono essere prese possono basarsi solo in parte su ciò che sappiamo, occorre immaginare cosa si vuole creare, utilizzando nuovi approcci che sappiano integrare anche la dimensione interiore, che comprende emozioni, identità, valori, speranze e paure.
È necessario sostenere un processo transdisciplinare, che richiede un’apertura a molteplici modi di conoscere, il confronto e l’integrazione con modelli di pensiero diversi e complementari, arrivando ad abbracciare una forma allargata di soggettività, un “sé ecologico”, in cui la nostra identità si ampli a includere anche il mondo naturale.
Credits: PublicDomainArchive da Pixabay
Gi Alessandra Pugnetti, su Ora Legale News
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