
Dimmi come ti indebiti e ti dirò chi sei
di Anna Losurdo
“Per quanto una situazione possa sembrare disperata, c’è sempre una possibilità di soluzione.
Haruki Murakami
Quando tutto attorno è buio non c’è altro da fare che aspettare tranquilli che gli occhi si abituino all’oscurtità“
Dall’ultima indagine ISTAT sulla povertà per il 2020 emerge che sono oltre due milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta con una incidenza pari al 7,7% (6,4% nel 2019), per un numero complessivo di oltre 5,6 milioni di individui (9,4% del totale, 7,7% nel 2018).
Stabile il numero di famiglie in condizioni di povertà relativa: nel 2020 sono 2,6 milioni pari al 10,1% (11,4% nel 2019) cui corrispondono circa 8 milioni di persone (13,5% del totale).
Sono considerate in povertà assoluta le famiglie e le persone che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile. La soglia di spesa sotto la quale si è assolutamente poveri è definita dall’Istat attraverso il paniere di povertà assoluta.
Una persona (o una famiglia) viene detta relativamente povera se la sua spesa è inferiore o pari ad una soglia, determinata annualmente rispetto alla spesa media mensile pro-capite per consumi delle famiglie italiane (cui si applica una scala di equivalenza relativa al numero di componenti della famiglia).
Il sovraindebitamento, come sappiamo, è un fenomeno complesso dipendente da cause sociali, relazionali, psicologiche ed economiche, che tende a crescere in tempi di crisi economica:
nonostante la ridotta disponibilità di danaro, aumenta la tendenza a indebitarsi.
C’è chi cerca di non scendere di livello sociale o chi cerca di mantenere un’attività (commerciale, imprenditoriale, ecc.) anziché chiuderla o fallire.
Proprio quando sarebbero richieste parsimonia e oculatezza nelle spese, a causa di stagnazione, inflazione, crisi occupazionale, sembrano predominare un uso disinvolto, talvolta irresponsabile, del denaro e il ricorso sempre maggiore ai finanziamenti.
In Italia, sempre in base a quanto rilevato dall’Istat, il 70% dei finanziamenti viene richiesto per comprare oggetti non necessari.
Né va dimenticato che spendere denaro è diventato più impersonale con il diffondersi della “moneta elettronica” e quindi più facile.
La facilità di accesso al credito e la possibilità di acquistare a rate (che rende difficile valutare “quanto” si spende) incentivano le persone ad acquistare impulsivamente senza valutare attentamente se ci si può realmente permettere l’acquisto.
Alla fine, il cumulo delle rate grava in misura sempre maggiore sul bilancio familiare.
Il dissesto finanziario, nella maggioranza dei casi, non è improvviso e non dipende da un evento negativo improvviso, ossia il cosiddetto fattore esogeno (perdita del lavoro, malattia, ecc.) ma è il risultato di un lungo percorso, caratterizzato da spese eccessive e da scelte economiche errate da parte di persone che hanno vissuto per anni con un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità, non riuscendo ad affrontare per tempo le difficoltà.
Chi si sovraindebita manca della capacità di analisi, di autocontrollo e di pianificare il proprio modo di spendere i soldi.
In conclusione, la causa principale del sovraindebitamento sembra essere l’incapacità di gestire correttamente il denaro, sebbene perdita del lavoro e aumento del costo della vita siano fattori connessi all’indebitamento.
Nell’approccio che le persone generalmente hanno all’uso del denaro, si distinguono:
il “principio di realtà”, che porta le persone a usare il denaro in modo più oculato;
il “principio del piacere”, che porta le persone a usare il denaro in maniera irrazionale per cambiare il proprio stato d’animo o per gratificarsi.
Alcune persone sono più portate a contrarre debiti rispetto ad altre: il rapporto patologico con il denaro le porta ad indebitarsi oltremodo e a finire nel vortice dell’insolvenza.
Sono stati individuati quattro tratti della personalità associati alla più spiccata tendenza all’indebitamento.
1) L’autocontrollo limitato è la ridotta capacità di resistere a una gratificazione immediata invece di una futura di maggiore valore.
La persona fa fatica a rimandare la gratificazione e acquista oltre misura.
Gli acquisti vengono effettuati per cambiare il proprio stato emotivo e non in base a necessità o a budget disponibile; i soldi sono spesi senza tener conto delle altre spese da sostenere.
Il danaro ha una funzione antidepressiva e compensatoria perché l’impossibilità di investire nel futuro porta a vivere in funzione del momento presente.
A questa categoria possono appartenere i consumatori in situazioni di precarietà economica e lavorativa che impedisce i progetti per il futuro.
Questo meccanismo si chiama “tasso di sconto soggettivo”: quanto maggiore è il tasso tanto elevata è l’inclinazione all’indebitamento.
Le persone sovraindebitate con questo tipo di problematiche tendono a sottostimare l’ammontare del debito, quando non a rimuoverlo.
A fronte della situazione di indebitamento, invece di attivarsi per risolvere il problema, adottano delle strategie di negazione.
2) L’eccessivo ottimismo porta a ricorrere a prestiti e finanziamenti senza valutare l’effettiva possibilità di restituire quanto ricevuto o senza predisporre alcun piano di rientro, in base ad una previsione spesso ottimistica di un reddito futuro con cui far fronte al debito assunto.
Le persone tendono a spendere in modo eccessivo per l’incapacità di porsi dei limiti e di distinguere fra bisogni e desideri (“con le mani bucate”): un modo di spendere impulsivo e non pianificato.
3) L’inclinazione all’azzardo monetario (cd. “risk taking”) cioè la tendenza ad attuare comportamenti rischiosi in ambito monetario, può essere associata al desiderio di sperimentare sensazioni forti (cd. “sensation seeking”).
In tal caso aumenta significativamente la probabilità di contrarre debiti.
4) Il “locus of control” indica a cosa attribuiamo gli eventi della nostra vita.
Se si è più inclini a ritenere che gli eventi della propria vita siano un prodotto dei propri comportamenti e delle proprie azioni, si è in presenza di un locus of control interno.
Se, invece, si è portati a ritenere che essi siano il frutto di cause indipendenti dalla propria volontà, si è in presenza del locus of control esterno.
Le persone inclini a questo atteggiamento sono più portate a indebitarsi, rinunciando a interrogarsi sulle proprie responsabilità e sulle modalità con cui si sono contratti i debiti e ad attivarsi per intraprendere un percorso di risanamento.
La situazione di indebitamento cronico e il rischio di dissesto finanziario possono anche produrre sindromi ansioso-depressive o condotte suicidarie.
Il fenomeno è descritto con il termine di “sindrome del debito ingiusto”, riproduce i sintomi della sindrome da mobbing e si verifica nei casi di condotte illecite della banca o della finanziaria.
Come sappiamo, purtroppo, la concessione agevole e rapida di credito può essere uno strumento per legare la persona al meccanismo di indebitamento, perché induce a rimuovere l’eccezionalità dell’operazione dell’indebitamento.
Nella fase successiva, si usa il debito accumulato per creare ulteriore indebitamento secondario al fine di evitare le conseguenze pregiudizievoli del mancato rientro (proposte transattive, alienazione di beni, accettazione di condizioni onerose per gli interessi da restituire, ecc).
Negli individui predisposti (persone con tendenza ad eccessivo ottimismo o che non intendono ridimensionare il proprio tenore di vita) viene indotta una vera e propria dipendenza da credito.
Il meccanismo è assimilabile a quello dello “spendere o del gioco patologico”.
Tra i fattori del sovraindebitamento, anche per le ricadute psicologiche sulle persone coinvolte, non si possono trascurare le modalità in cui opera il sistema del credito.
Il sistema, nella maggior parte dei casi, adopera un meccanismo di indebitamento progressivo del debitore che avviene tramite l’addebito degli interessi, la prospettiva di subire pignoramenti e di perdere l’accesso al credito.
Il rapporto tra il cittadino e la propria banca si fonda sulle aspettative tranquillizzanti del primo, ma, in realtà, il rapporto tra i due soggetti è del tutto sbilanciato, nonostante il cliente possa essere formalmente informato delle conseguenze dell’indebitamento.
Infatti, se da una parte, l’attività bancaria si fonda sull’incoraggiamento sociale del ricorso al credito, dall’altra il cliente si aspetta che l’istituto bancario si comporti in maniera diversa da un qualsiasi creditore privato, anche nel caso in cui l’esito del finanziamento non dovesse essere positivo per motivi legati all’economia generale.
È evidente che a nessuna Banca conviene erogare credito a soggetti che non offrano garanzie.
Ma nel caso in cui i prestiti siano erogati senza ostacoli, nel cliente è naturalmente indotta la percezione dell’atteggiamento benevolo della banca (o più spesso della finanziaria) sia per l’assenza di garanzie che per le difficoltà di restituzione o di rientro.
Per altro verso, aumentano i finanziamenti concessi a soggetti in stato di indebitamento dovuto a gioco patologico, dipendenza da stupefacenti, spese compulsive, ossia a persone che attraverso il finanziamento peggiorano non solo il proprio stato di salute ma anche il proprio indebitamento.
A costoro sono generalmente richieste garanzie minime per accedere al credito e imposte condizioni stringenti al momento della richiesta di rientro.
Ulteriore ipotesi è quella in cui le persone si indebitano con prestiti richiesti per mantenere il proprio elevato tenore di vita, senza che siano in alcun modo incoraggiati a ridimensionarli.
In questi casi, si tratta di persone che, pur potendo evitare di indebitarsi grazie alle proprie garanzie patrimoniali e reddituali, lo fanno proprio perché agevolati dall’accesso al credito.
Infatti, il loro comportamento, forse anche causato da uno dei suddetti tratti della personalità, è gradito al sistema.
In tutti questi casi, le istituzioni bancarie e finanziarie vengono meno al proprio ruolo sociale e finiscono con l’abusare di quel ruolo al momento di recuperare quei crediti che hanno incoraggiato, concesso ed erogato abusivamente.
Tutto questo, come detto, ha delle ricadute psicologiche sulle persone coinvolte.
I disturbi psichici del debitore “impotente” sono riconducibili a tre modelli di stress:
• la sindrome da burn out: in ambito lavorativo, in situazioni di stress, rischio o conflitti, il soggetto si paralizza e non riesce più a fornire risposte, ha reazioni aggressive o estreme, oppure si isola e non riesce più a prendere decisioni neanche elementari.
Con riferimento all’indebitamento, si manifesta nella fase del sollecito, allorquando la persona è sollecitata (o peggio minacciata) per ottenere la restituzione del debito.
• la sindrome da shock inevitabile: si sa di dover affrontare una catastrofe ma si è incapaci di immaginare o di dare risposte efficaci e si vedono solo il trauma e le inevitabili conseguenze.
Riguardo all’indebitamento si manifesta nella fase in cui le procedure del recupero si trovano in una fase più avanzata.
• la sindrome della rievocazione (stress post-traumatico): nei soggetti sottoposti a minacce, o che hanno vissuto i traumi da shock inevitabile, si riscontra un danno psichico anche a distanza di tempo e dopo la risoluzione del problema.
Per quanto attiene l’indebitamento, si manifesta nei soggetti che si sono trovati improvvisamente in situazioni di indebitamento grave.
Quando si affrontano situazioni di sovraindebitamento, occorre tenere in considerazione tutto questo.
La difficoltà a chiedere aiuto (ai familiari e/o agli esperti) da parte dei soggetti sovraindebitati: la stessa che spesso li spinge anche a ricorrere all’usura; l’incapacità di gestire correttamente il denaro; le ragioni e i comportamenti che li hanno indotti a tanto; la situazione psicologica in cui si trovano.
Il primo passo verso la soluzione è la decisione del debitore di affrontare la situazione di sovraindebitamento e consiste nel prendere consapevolezza sia dello stato delle proprie finanze sia del proprio modo di spendere.
Image credit: Markus Christ da Pixabay
di Anna Losurdo su Ora Legale NEWS
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