Economisti non neutrali
Volevo studiare fisica astronomica … e mi sono iscritta ad Economia
di Serena Scotto (Ricercatrice all’Università di Genova)
Volevo studiare fisica astronomica, nel lontano 1976, perché la fisica mi piaceva molto e l’astronomia mi sembrava l’approdo più promettente, innovativo e di eccellenza fra le STEM.
E anche quello più “da maschio”.
Ero molto confusa, allora: mi sentivo una ragazza maldestra, con scarse doti femminili.
Essere donna mi pesava molto.
Poi, la scoperta: l’economia politica poteva essere un percorso altrettanto al top, ma mi avrebbe consentito di coniugare la mia passione per lo studio con il mio impegno nella società.
Sono diventata economista.
Economista e donna: due identità in cui ora mi riconosco, e che si completano a vicenda.
Non sento più il bisogno di mimetizzarmi.
Ero – sono – una donna e tu, collega uomo, non puoi trattarmi con sufficienza, o in modo allusivo: puoi cedermi l’ultimo posto a sedere, se sei un vecchio gentiluomo (perché no?), ma niente altro.
Di certo non puoi presentarmi ad un altro collega tenendomi per mano come in passerella, e dicendo: “Questa è la bravissima Serena – pausa allusiva… il tempo di cogliere l’occhio lascivo dell’interlocutore – e ha anche quattro figli – sorrisetto ambiguo… deluso, vero?”
Non sottovalutarmi: la mia vita è molto complicata, ma io ho una marcia in più, sono multitasking come non puoi nemmeno immaginare.
Noi economisti non siamo mai neutrali: nei nostri studi si riverberano la nostra cultura e le nostre priorità.
Mi sono sentita presto lontana dal mainstream e ho anche preso atto di non volere quella full immersion indispensabile per produrre lavori scientifici con continuità.
Sono una perfezionista, e per licenziare risultati “perfetti” avrei dovuto staccare completamente dal mondo circostante troppo a lungo.
E non avrebbe avuto molto senso cercare di spiegare il reale astraendosi da quello stesso reale.
Il mio interesse scientifico si è spostato sull’economia del lavoro, sull’economia di genere e sui temi dell’inclusione economica e sociale.
Quando ho proposto nella mia Facoltà un insegnamento di Economia del lavoro, il mio ordinario mi ha detto che “l’economia del lavoro non esiste”.
Solo nel 2002 ho avuto il permesso di avviarlo, ma mascherato i primi anni sotto un titolo farraginoso.
A quei tempi, alcuni colleghi uomini mi chiedevano se effettivamente mi occupavo di “gender economics, o qualcosa di simile” (roba da donne, sottintendevano).
In venti anni, la cultura e l’accademia sono molto cambiate.
L’economia del lavoro esiste eccome ed è in larga parte economia di genere, perché l’economia di genere spiega le differenze e soprattutto le diseguaglianze.
L’approccio della disuguaglianza è un’ottima lettura del mondo del lavoro e del mondo.
Ho portato le mie competenze in più circostanze: nel dibattito interno all’ateneo, nelle proteste contro la riforma Gelmini, in Senato Accademico, nel Comitato per le pari opportunità, nel lavoro preparatorio del welfare di UniGe, in attività di orientamento per il placement, nel Comitato per l’inclusione degli studenti con disabilità.
Mi piace pensare di aver condiviso con colleghi di altra formazione alcuni strumenti di comprensione della differenza.
Nel mio lavoro c’è tutta la mia storia.
La storia di una donna che è riuscita a conciliare il lavoro e la vita privata grazie ad alcune condizioni favorevoli, datate anni ’80 (un lavoro sicuro due giorni dopo la laurea trovato sul giornale, l’ingresso in università molto giovane senza un giorno di precariato, un marito che ha saputo salire sull’ascensore sociale dei suoi studi, quattro figli consapevolmente voluti, e gestiti in coppia, ma anche grazie a due nonne giovani e casalinghe, e a un sistema di scuole pubbliche statali elementari e medie inferiori “sperimentali” con orari curriculari prossimi al full time e buona scelta di attività non curriculari a costi ridottissimi), e ha assistito poi al progressivo sgretolarsi di quelle opportunità per le generazioni immediatamente successive.
Contribuire alla diffusione di una cultura di genere era il minimo che potessi fare per loro.
Credits: Markus Winkler da Pixabay
#TOPICS: ultimi articoli
Avvocati, cosa… come…?
Massimo Corrado Di Florio
Autentici depositari di una fede di libertà
Rilevanza strategica
Andrea Buti
Inquadrare il problema, individuare le opzioni, immaginare gli scenari
Per prima cosa, uccidiamo tutti gli avvocati
Aldo Luchi
Le battaglie per i diritti di tutti e non per il privilegio di pochi
Lo sguardo laico
Nicola Cirillo
Una funzione propulsiva del progresso e dello sviluppo sociale
Dieci ragazzi per noi
Ileana Alesso
Il linguaggio del legame sociale è un linguaggio “speciale” che deve essere “normale
Sentimenti e regole
Antonio Pascucci
Le regole sono il fondamento di ogni comunità strutturata, necessarie per garantire un equilibrio tra ordine e libertà
Un fiocco di tanti colori
Paola Furini
Ai ragazzi e alle ragazze è stata garantita la possibilità di partecipare alla vita pubblica
Rubriche: ultimi articoli
Alessandra Capuano, Giovanna Fava, Ida Grimaldi, Andrea Mazzeo, Elvira Reale Il malcelato tentativo di negazione della violenza domestica e di genere che si vuole mantenere fuori dai Tribunali civili e dalle cause di affidamento dei minori
Andrea Mazzeo Le condotte conflittuali o di sopraffazione tra i coniugi non sono equiparabili al mobbing nel mondo del lavoro
Anna Frasca
Esiste una correlazione inversa tra il lavoro domestico e il desiderio di avere figli
Paola Regina
La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha elaborato
nozioni autonome di diritto e di legge
Emilio De Capitani
Elementi fondanti per il diritto all’auto determinazione di ogni individuo e per il funzionamento di una società democratica
Roberta De Monticelli
L’idea di trasparenza è il luogo dove la logica si salda con l’etica
Stefania Cavagnoli
L’importanza del diritto e della sua comunicazione come strumento di relazione e di garanzia
Massimo Corrado Di Florio
Le parole non devono essere ingannatrici
Trasparenza delle leggi e strumenti di democrazia partecipativa in Italia e in Europa
Ileana Alesso
Se un linguaggio che non è possibile capire e parlare è un linguaggio che rende muti, ferisce le persone e la comunità, occorre la bussola di una lingua comune per l’orizzonte disegnato dalla Costituzione
Povera, si direbbe.Che già ad essere figlia di Agamennone e…
Giovanna Fava
Le richieste di provvedimenti in materia di famiglia sono tutte urgenti
Angelo Santi
Un campo di azione in cui esplicare la libertà delle parti