
Giustizia (e intelligenza) artificiale
di Massimo Corrado Di Florio (Avvocato in Bari)
“una nuova cultura professionale dovrebbe includere una comprensione cognitiva di alto livello dell’IA, che migliorerebbe il pensiero critico e la creatività degli avvocati, nonché la loro capacità di concentrarsi su questioni importanti e complesse”
(documento preparatorio al congresso forense XXXV congresso forense, Lecce 6-8 ottobre 2022)
Si coglie, nell’ambito del mondo dell’intelligenza artificiale, in questa sorta di visione prospettica del futuro dell’avvocatura, una più che chiarissima preoccupazione se rapportata, per l’appunto, all’esigenza di non annientare il pensiero critico degli avvocati che debbono “…concentrarsi su questioni importanti e complesse…” .
Come a dire: I.A. sì ma nella sua giusta dimensione e misura.
Scrivevo, nel 2019, che “…Se dovessi immaginare un possibile algoritmo (in realtà, oramai ne esistono già numerosi in commercio) capace di fungere da super catalizzatore dell’idiota più veloce del pianeta (il computer, cioè la macchina tecnologicamente più rapida), non posso che immaginarlo secondo una visione assolutamente antropomorfa…” quindi “…Un errore …”; perciò “…se di intelligenza artificiale si parla, è proprio nella artificialità di questo genere di manufatto che occorre scavare per comprendere appieno uno e un solo principio: l’intelligenza artificiale (se e quando ci sarà) non potrà mai essere confusa con l’intelligenza umana…” (AI: MILLENIAL ADDICTION)
Come efficacemente ribadito da Byung-Chul Han nel suo “Le non cose” ( Einaudi Stile Libero extra, pagg. 49-50), “..il pensiero è un processo decisamente analogico. Prima che esso colga il mondo, è il mondo a toccarlo, a commuoverlo. L’aspetto emotivo è essenziale per il pensiero umano.”; e ancora: “..L’intelligenza artificiale sa calcolare in fretta, ma le manca lo spirito. Ai fini del calcolo, la profonda commozione sarebbe solo un disturbo…”.
In buona sostanza, pur non negando l’utilità pragmatica, della I.A., non si può non tacere in merito alla (sola) utilità pratica dell’algoritmo. Tuttavia, analogamente, non si può non tacere in merito alla (esclusiva) esigenza del sapere quale imprescindibile momento dell’idea di “concetto” che una intelligenza artificiale non potrà mai possedere.
In caso contrario, sarebbe come ammettere che un algoritmo possiede un’anima.
Ma sarebbe anche ammettere che la macchina (la più veolce deficiente sulla terra) possiede un’etica e, con essa, una capacità di giudicare e dunque di rendere giustizia secondo un modello umano; anzi, proprio come un uomo.
Ma qui siamo ritornati al punto di partenza: l’errore.
Ho già avuto modo di rilevare che la transustanziazione del diritto, quella sorta di passaggio dalla norma “corporea” alla norma “spirituale”, può verosimilmente condurci nella negativissima nuvola telematica del nulla.
In fin dei conti, l’aspetto emotivo, se soppresso, ci condurrebbe nell’unica via possibile: quella dell’appiattimento verso l’uguale, con un azzeramento progressivo e inarrestabile della capacità decisionale umana.
C’è da domandarsi in questo scenario, quello in cui le macchine, analizzando con precisione fredda e matematica un caso, alla fine sono chiamate a deciderlo, a cosa servono i giudici. Risposta scontata: semplicemente non servono, poiché sostituiti.
C’è anche da chiedersi se l’avvocatura rischia un annichilimento culturale di fronte alla super macchina che decide. In realtà, l’apparente svilimento della professione forense nel contesto -errato- dell’I.A. è soltanto un altro errore prospettico. A ben vedere, si assisterebbe ad una vera e propria rivoluzione copernicana. Finalmente, anche di fronte ad un rigido algoritmo, l’ultima frontiera del pensiero che si emoziona e emoziona sarebbe strenuamente difesa dall’avvocatura in aperta competizione dialettica con l’I.A. .
Stupefacente proiezione.
“In un ambiente di Intelligenza Artificiale è evidentemente necessario far comprendere alla superintelligenza…cosa davvero sono i c.d. valori umani e, in questi, i diritti fondamentali dell’uomo”.
Credits: Olaf Metzel, Reise nach Jerusalem / musical chairs, Pinakothek der Moderne
Di Massimo Corrado Di Florio, su Ora legale News
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