
Imago Juris
di Paola Furini (Avvocata in Milano – Fronte Verso Network)
Il progetto barese di erigere un monumento colossale a San Nicola, simbolo dell’ecumenismo e alter ego di Babbo Natale, collegandosi al tema della rappresentazione iconografica dei grandi valori dell’Umanità, mi ha fatto scaturire l’idea di questo articolo sui rapporti tra l’iconografia e la giustizia.
San Nicola è patrono degli avvocati e dei giudici perché salvò dalla pena capitale tre generali bizantini ingiustamente accusati. Ogni avvocato esercita il proprio mestiere tramite la parola che certamente consente una comunicazione completa. Tuttavia, se vuole che la sua comunicazione sia immediata, dovrà ricorrere in determinati casi al linguaggio visivo dell’arte e delle sue produzioni.
L’iconografia è un’arte per sua natura caratterizzata dalla sua immediata rivelazione alla vista. Il segno iconico può essere inserito in qualunque discorso che poi rinvia a precisi contenuti socio culturali.
Immaginiamo di chiedere ad un avvocato cosa sia la Giustizia.
Gli operatori del diritto e i filosofi hanno scritto fiumi di parole per definirla. Testi ricchi e articolati letti e studiati negli anni dell’Università con altalenante piacere.
Quanti avvocati li ricordano? E tra chi li ricorda, quanti sarebbero in grado di sintetizzarli?
E’ difficilissimo esprimere un tale concetto in parole semplici mentre è assai accattivante ricorrere al linguaggio iconografico visto che tutti, almeno una volta, si sono imbattuti nella raffigurazione di una donna con una benda sugli occhi che brandisce una spada e sostiene una bilancia.
Ovviamente ricorrere all’iconografia ha senso nel momento in cui si decodificano i messaggi dei suoi simboli.
Chi vuol definire la Giustizia ricorrendo alla Sua raffigurazione può certamente far riferimento all’arte antica: i romani sono stati i primi, coniando delle monete, a raffigurarla come una donna con una bilancia, simbolo di equilibrio ed equità. La spada, simbolo di forza necessaria ad imporre le proprie determinazioni, è stata aggiunta subito dopo. Nel Medioevo invece i primi artisti hanno iniziato a raffigurare una donna cieca o bendata. A quell’epoca, infatti, si è ritenuto necessario porre l’attenzione sul fatto che la Giustizia deve essere imparziale e non guardare in faccia nessuno.
Chi invece vuole essere pungente può dare ai segni iconici una rappresentazione satirica.
L’avvocato Edgar Lee Masters, nell’antologia di Spoon River, ha descritto la giustizia violata in maniera sublime: “Vidi una donna bellissima con gli occhi bendati, in piedi sui gradini di un tempio di marmo. Grandi moltitudini passavano dinanzi a lei, sollevavano il viso per implorarla. Nella mano sinistra reggeva una spada. Brandiva quella spada colpendo ora un bimbo, ora un operaio, ora una donna che tentava di sottrarsi, ora un folle. Nella destra teneva una bilancia; nella bilancia venivano gettati pezzi d’oro da quelli che schivavano i colpi della spada”.
Cosa c’è di più efficace per descrive una giustizia ingiusta, casuale, indifferente?
Kafka invece, nel suo “Processo”, ad un certo punto ci regala l’esilarante immagine di una Giustizia con la benda sugli occhi e la bilancia ma anche con le ali ai piedi. Il povero calunniato evidenzia che se la Giustizia corre anziché star ferma la bilancia traballa e la sentenza non può essere giusta.
L’immagine è talmente potente da essere sufficiente per cogliere l’essenza del libro, con immediato desiderio di leggerlo.
Image credit: San Nicola salva tre generali bizantini condannati a morte, 1447- 48, Beato Angelico, particolare della predella del polittico Guidalotti, Galleria Nazionale dell’Umbria/ Musei Vaticani di Perugia,
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons
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