
Luoghi di tortura
di Aldo Luchi (Avvocato in Cagliari)
Esistono luoghi fisici e mentali dai quali perfino la speranza è bandita, nei quali il cambiamento, l’evoluzione, il riscatto appaiono impossibili.
Sono luoghi creati dagli uomini per altri uomini proprio perché non abbiano più alcuna speranza, alcuna prospettiva o fine al quale tendere.
Sono luoghi nei quali esiste soltanto un’imitazione crudele, violenta, efferata della Νέμεσις (vendetta), realizzata attraverso la privazione di molte delle primarie necessità umane e la sistematica sottoposizione a probationes diabolicæ.
Sono luoghi di tortura, come il 41 bis.
I fautori di questi luoghi adducono l’eterno alibi dell’emergenza, dell’eccezionalità delle esigenze, ben consapevoli che di eccezionale hanno soltanto la disumanizzazione, l’annullamento dell’essere umano che vi è sottoposto, cedendo a un’ordalia vendicativa che contrasta con ogni regola dello Stato di diritto.
E, cessate le presunte emergenze che ne avevano determinato l’ideazione, se ne individuano altre da dare in pasto al popolo abilmente istruito alla regola del “sangue chiama sangue“, assetato di punizioni esemplari, anelante di assistere alle esecuzioni di piazza che segnino un confine netto tra il bene e il male, tra il bianco e il nero.
L’idea dalla quale questi luoghi promanano è una ύβρις (prevaricazione) sconfinata, il delirio giustizialista di chi punisce senza appello, senza recupero, senza domani.
In questi luoghi, Ελπίς (speranza) non rimane all’interno del vaso di Πανδώρα (Pandora), si allontana dagli uomini, soprattutto dagli aguzzini, incapaci di lasciare ad altri uomini una possibilità di riscatto e di riabilitazione.
In questi luoghi il diritto è morto.
Credits: Pablo Picasso, La colomba della pace
Di Aldo Luchi, su Ora Legale News
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