
Nessuno è straniero
di Ugo Patroni Griffi (Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale)
Di fronte all’ingresso del porto di Bari, in una garitta convertita in cappella è custodito un prezioso busto di San Nicola. Anzi il prezioso busto di San Nicola Nero. Oggi la storia di questa statua è abbastanza misconosciuta ai più. Ragione di più per raccontarla.
Scrive Francesca Canonico su Barinedita che il volto del santo “a differenza delle più diffuse raffigurazioni” è “molto ma molto scuro”.
San Nicola, infatti, viene di solito raffigurato con una carnagione chiara “conseguenza di un processo di “occidentalizzazione” della sua iconografia che l’ha reso “più barese che turco” e quindi secondo le intenzioni più “accettabile” da parte dei fedeli” (Francesca Canonico).
La statua fu trovata in mare, nel 1809. La leggenda, ricorda sempre Francesca Canonico, “la si può leggere nel libro “Bari dei fanali a gas” di Alfredo Giovine. “In uno di tali estenuanti viaggi di ritorno dai porti d’Oriente di molti anni fa – racconta l’autore – la vedetta di un barcone a vela barese avvistò una strana botticella abbandonata che veniva cullata dolcemente dal mare. Issata a bordo venne aperta con molta attenzione e agli occhi esterrefatti della ciurma apparve l’immagine di un San Nicola dalla pelle scura come fosse bruciata dal sole e dalla salsedine” (Francesca Canonico). Potete “immaginare lo stupore dei naviganti baresi, turbati da quel ritrovamento, tra devozione e supestizione. Alla fine, i marinai, deposta ogni plausibile congettura, convinti di essere i prescelti per una missione divina, entrarono a Bari con l’intento di dare una degna collocazione alla statua del santo” (Pasquale Amoroso, Il Quotidiano Italiano- Bari, 2015).
Si tratta “probabilmente di una storia edulcorata (in realtà pare che la statua fosse a Bari già dal 700), ma di certo la scultura attirò da subito l’attenzione dei baresi. «Fino agli anni 20 del 900 si festeggiava anche la festa di “Sanda Necole ggnore” – spiega l’esperto di tradizioni baresi, Gigi De Santis -. Nell’ultimo sabato di maggio il busto era trasportato in processione nella chiesa di Santa Teresa delle Donne (oggi non più esistente), dove si celebrava una messa cantata» (Francesca Canonico).
Affinché “l’immagine potesse essere vista il più lontano possibile a chi veniva dal mare, venne posta in una nicchia di fronte al porto, incastrata nel muro posteriore all’ex Ospedale Consorziale, e lì rimase fino al 2 dicembre del 1943” (Pasquale Amoruso).
La statua era custodita nel monastero di San Pietro Maggiore o delle Fosse (poi demolito nel 1969 per gli ingenti danni riportati durante il II Conflitto Mondiale), poi fu traslata nel 1858 “in una cappella il cui ingresso, oggi murato, è ancora visibile su frontespizio della muraglia, a sinistra dell’ingresso del Museo archeologico” (Francesca Canonico), o secondo altri in Santa Scolastica (Pasquale Amoruso), come è incerta la data della sua traslazione l’attuale Autorità di sistema portuale: 1938 (Francesca Canonico) o 1943, dopo il bombardamento del porto (Pasquale Amoruso)
La Cappella viene tutt’ora aperta al pubblico durante le festività nicolaiane, ed è curata con amore da una famiglia di Bari Vecchia, i Montedoro, che si tramanda questo onere (ed onore) di generazione in generazione.

Al mio insediamento la Cappella era un po’ abbandonata, la chiusura in anticorodal oltre che ad essere brutta impediva ai fedeli o ai turisti di ammirare la statua.
Ho voluto quindi restaurarla, eliminando l’umidità, illuminando la statua con led e soprattutto sostituendo la brutta porta in anticorodal con una “a giorno”, con una cornice che richiama il cortèn, che permettesse a tutti di ammirare la statua, e per i credenti di dire una preghiera. Con la speranza (e non dubito che sarà così) che il santo torni a fare grazie, sino agli anni ’60 sotto la porta della cappella si trovavano moltissimi bigliettini con richieste di grazie e ex voto.

Pic.: Ugo Patroni Griffi
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