Il vincolo del giusto

Il vincolo del giusto

di Massimo Corrado di Florio

La mordacchia all’informazione è un tipico esempio di come quel vincolo venga ossessivamente soppresso e del tutto cancellato quando l’informazione stessa rappresenta, anche solo in via ipotetica e potenziale, un attentato nei confronti di chi detenga un potere. Maggiore è l’ampiezza di quel potere distorto e minore sarà lo spazio concesso a chi, per scelta o per vocazione (?), vorrà diffondere gli aspetti fondanti -sostanziali e formali- del potere medesimo.

Il sovrano dispotico, un qualunque sovrano dispotico, deve offrire di sè, e quasi per una sorta di irresistibile forza coerente con l’esercizio del suo dominio cui non può sottrarsi, un’immagine irreale. In questo contesto, unicamente i servi sciocchi vengono benevolmente ricompensati.

Reporters sans frontières, nel suo rapporto annuale (Rfs 2021), ci informa di una situazione a dir poco drammatica che si va consumando sotto gli occhi di tutti. Il COVID, a causa del necessario dispiegamento delle forze informative tutte protese e concentrate a fornire dettagliate notizie sulla tragica pandemia in corso, non ha aiutato e, anzi, ha invece consentito che si sprofondasse nell’abisso della eliminazione sistematica di quanti avrebbero voluto dar voce ai silenzi assordanti dei regimi autoritari.

Nel 2021 sono stati imprigionati in tutto il mondo 488 giornalisti mentre svolgevano il loro lavoro (adnkronos.com )

I Paesi maggiormente coinvolti in questo sistematico massacro del “vincolo del giusto” e, pertanto, assiduamente impegnati in questa forma di odiosa ingiustizia, sono la Cina, la Bielorussia e il Myanmar.

E’ quanto denuncia Reporters sans frontières (Rsf), sottolineando che è il numero più alto mai registrato, con le situazioni più gravi in Bielorussia, Myanmar e Cina. I dati, che sono aggiornati allo scorso primo dicembre, registrano un aumento del 20% degli arresti di giornalisti rispetto allo scorso anno, si legge ancora nel rapporto annuale dell’organizzazione.”

Questo aumento significativo del numero delle detenzioni arbitrarie è provocato in particolare da 3 Paesi i cui governi sono indifferenti al desiderio di democrazia dei loro cittadini”, prosegue il rapporto. In Myanmar, dove lo scorso febbraio i militari hanno ripreso il potere con un colpo di Stato, attualmente vi sono 53 giornalisti in prigione, mentre lo scorso anno erano solo 2. In Bielorussia dopo la controversa rielezione di Alexander Lukashenko alla presidenza nell’agosto 2020, si sono 32 giornalisti in carcere, mentre un anno fa erano sette. Per quanto riguarda la Cina, si punta il dito in particolare contro la legge per la sicurezza nazionale ad Hong Kong, un tempo modello per il rispetto della libertà di stampa nella regione grazie allo suo status speciale, dove negli ultimi mesi sono stati arrestati almeno 10 giornalisti.

https://www.adnkronos.com/record-di-giornalisti-detenuti-nel-2021-sono-488-mai-cosi-tanti_5Icga3cnajeNtVVdfj1DTu/amp.html

Che dire? In un sistema così globalizzato il web, almeno, ci permette di fruire di notizie, quando non palesemente false e/o inventate, fino a poco tempo fa destinate a restare nel dimenticatoio. Il sacro graal dello spazio senza confini ci ha concesso la conoscenza. La mordacchia, in parte, almeno su di un piano virtuale, è stata eliminata.

In realtà, il “sistema ingiustizia” è, nel suo costante divenire, un sistema assai complesso. Riducendolo a due componenti fondamentali, e per esemplificare al massimo, avremmo sempre un “chi” propone e crea e un “chi” valida. In questo contesto, l’individuazione di concrete responsabilità si disperderà in infinite declinazioni del sistema stesso. Per dirla con una espressione abusatissima, la “società globale” globalizza le nefande ingiustizie e, contemporaneamente, le valida.

Esempi? Tantissimi. Non è una novità affermare che i “validatori” delle ingiustizie (massima espressione delle faccende poco giuste), per poter svolgere un compito così delicato devono essere necessariamente antropologicamente pazzi. Essere e non divenire. Il diventare pazzi renderebbe ancora più scellerato (e ingiusto) il “validatore” di turno.

Il teoricamente “giusto” si scontra con una evoluzione incontrollabile che, per potersi autoproclamare corretta, necessita di approvazione su scala, per l’appunto, globale. Perfino uno come Rawls, ne sono convinto, rivedrebbe i suoi studi sulla “giustizia” non potendo nemmeno per un istante ipotizzare l’attuale evoluzione: la pur corretta e propugnata uguaglianza iniziale (paradigma fondante dell’accettazione di un unico principio di giustezza) sarebbe destinata a dichiarare fallimento. La “graziosa” e apparentemente democratica concessione di una diffusa conoscenza soltanto didascalica è espressione di una cultura fasulla, figlia degenerata di un accesso senza filtri.

Google e piattaforme simili ci hanno fatto diventare tutti esperti di tutto e di qualunque cosa.

Ci basti, per un solo istante, riflettere intorno alle (ancora troppo ovattate) apparizioni, su scala planetaria, delle c.d. blockchain (in italiano, catena di blocco) nel “democratico e giusto “ mondo del Web. WWW è, in realtà, l’espressione di una modernità che tutto può e tutto concede e che ha finito col dar corpo ad una struttura (o piattaforma che dir si voglia) dotata di immutabilità. Altro e temibile dogma da cui fuggire a gambe levate.

La formula della giustezza, qui, la si rinviene nella possibilità (evoluzione immancabile) dell’accesso indiscriminato. Una sub-specie di partecipazione mondiale senza filtri. Sarà vero? Mi permetto di dubitarne. La vera ingiustiza opera al di fuori di ciò che appare. I “validatori” che semplicemente appaiono, sono soltanto servi sciocchi di un sistema ingiustizia che, prima o poi, li fagociterà per restituirceli, ignudi, deprivati dell’antico potere.

La credulità diffusa del “tutto va bene” è la madre di tutte le ingiustizie.

Image credit: moritz320 da Pixabay

di Massimo Corrado Di Florio, su Ora Legale NEWS

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