
Fase 2: palla al Sud
di Enzo Varricchio
La pandemia ha definitivamente chiarito che a Napoli, Bari o Palermo non si vive peggio che a Milano, con buona pace delle classifiche annuali dei quotidiani lombardi, evidentemente troppo sbilanciate in favore di parametri occupazionali e di efficienza dei servizi pubblici ma meno propense a guardare alla qualità del vivere in termini esistenziali.
Pubbliche amministrazioni, medici e ospedali, associazioni, cittadini meridionali si sono comportati in maniera esemplare, riuscendo ad ammortizzare l’emergenza sanitaria nonostante il pesante gap finanziario e strutturale rispetto alle regioni settentrionali.
Nonostante le scorie nucleari mai smaltite, le terre del fuoco e i rifiuti che degradano le sue campagne, l’ecosistema del Mezzogiorno si è confermato meno compromesso di quello del Nord; vedasi pesante impatto ambientale dell’allevamento intensivo animale in pianura padana e denunziate connessioni tra questo tipo di inquinamento da spandimento di liquami e la maggior propagazione del virus (in trasmissione Report RAI 3 del 13/04/2020).
L’economia reale italiana è basata principalmente sui prodotti delle piccole e medie imprese meridionali, mentre il modello macroindustriale settentrionale, oltre all’inquinamento ambientale e alle targhe alterne, produce un esercito di esclusi. Non semplici disoccupati ma esclusi, cioè disadatti alle nuove condizioni e quindi privi di speranza.
Prima della catastrofe sanitaria, segnali incoraggianti per il Sud stavano arrivando dal turismo dal commercio, dalla meccanica, soprattutto dall’agroalimentare. All’esposizione universale di Milano 2015, la gran parte delle eccellenze italiane nel food & bevarage, il genere di prodotti più identitario che si possa creare, era di provenienza meridionale.
Possiamo, quindi, smetterla di continuare a dipingere un quadro del Mezzogiorno piagnone e mafioso e cominciare a valorizzare lo stile di vita meridionale che potrebbe offrire il modello di una “decrescita serena”.
Fase 2: palla al Sud. Dobbiamo usare braccia e cervelli per creare occasioni di nuova formazione e occupazione perché non sopportiamo lo svuotarsi di città come Potenza, Rossano, Policoro, che invece avrebbero enormi potenzialità non sfruttate.
A Sud è possibile essere, fare, vivere. Dal Sud e dal suo stile di vita impregnato di valori di pietas e di humanitas (solidarietà, importanza prioritaria della singola vita umana, delle relazioni familiari e interpersonali) si deve ripartire. Nessun meridionale avrebbe mai potuto sostenere una teoria così disumana come quella dell’“immunità di gregge”. I meridionali sono un popolo di individui ma sanno valorizzare i rapporti tra le persone; se riuscissero a fare un po’ più “squadra” non li fermerebbe più nessuno.
Intanto, le previsioni post Covid 19 ci segnalano l’aumento del divario tra Nord e Sud dell’Europa in termini di PIL, di occupazione, di investimenti produttivi, di debito pubblico:
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/reagire-alla-crisi-nord-e-sud-ue-ancor-piu-distanti-26146
E’ facile immaginare che tale crescita delle diseguaglianze si riproporrà anche all’interno della nostra penisola.
Tutti attendono un secondo piano Marshall ma dimenticano che i soldi degli altri non sono mai gratis, come non lo sono stati quelli degli americani: si pagano con le basi NATO e con l’impossibilità di immaginare una politica energetica nazionale autonoma. I soldi degli altri, anche quelli dell’Europa, ci vincolano, ci assoggettano, si restituiscono con gli interessi, possono diventare preda delle mafie, ci impigriscono.
Di aiuti di Stato si può anche morire, come nel caso di Alitalia. La xylella fastidiosa, il batterio killer degli ulivi salentini, è il prodotto degli aiuti all’agricoltura. I contributi si beccano anche senza coltivarla la terra, per il sol fatto di possederla anche se lontana centinaia di chilometri da dove si vive; ergo, perché coltivarla? Basta ripulirla (avvelenandola) di tanto in tanto con i diserbanti. Peccato che l’uso dei diserbanti, accanto alla mancanza dei cosiddetti lavori agricoli, altrove praticati, è la causa primaria dell’indebolimento immunitario della pianta e dell’insorgere della fitopatologia.
Il Sud ha bisogno di più Stato in infrastrutture e servizi ma di meno Stato nell’economia e nel commercio, di meno sovvenzioni e di più libertà di manovra per l’apertura e la gestione delle imprese.
Non gli servono contributi a pioggia e assistenzialismo clientelare ma irredimibilità del debito bancario, deburocratizzazione, incentivi fiscali alle attività meritevoli, unificazione e forfetizzazione delle imposte, meritocrazia, valorizzazione del territorio, attrazione di investimenti privati per il patrimonio culturale, attenzione per il patrimonio ambientale, per il lavoro artigianale e per le imprese mediopiccole dotate di creatività e di tradizione.
Meno palle al piede, meno pregiudizi, meno cachistocrazie.
Chi riuscirà a realizzare questo nuovo tipo di meridionalismo del “lasciar fare al Sud” salverà il Paese dallo scontro sociale, rimettendo in moto economia e occupazione.
Canio Trione – Enzo Varricchio, Post Covid 19: 10 cose da fare subito, ed. Scripta Moment, Bari, 2020.
Articoli di Enzo Varricchio su Ora Legale News:
https://www.oralegalenews.it/?s=Enzo+Varricchio
Image credit: congerdesign da Pixabay
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