Strade
di Massimo Corrado Di Florio
Vite senza fine e senza meta
Se si percorre una qualsiasi strada, quando si decide di farlo, è necessario essere vigili. Tornare ad esserlo, come dice qualcuno, almeno per un istante è proprio “il desiderio impossibile di ogni ieri che è passato e di ogni oggi che sta passando. In realtà tutti i giorni passati sono vigili ma mai nessun giorno riuscirà a essere vigile per tutto il tempo che sognava”.
E così, proprio in questo modo ossessivo, si avvita questo tempo fatto di vite senza più alcun fine. Vite senza fine.
Vite senza più una meta, poiché ciò che si staglia all’orizzonte è così tanto sfumato che qualcuno s’è perfino inventato un mestiere, quello del pedagogista televisivo. Ci insegnano a girare a vuoto cioè senza nessuna previsione di sorta. Qualcuno ci ha sottratto la speranza del dopo e perfino il domani senza un covid ci sembrerà addirittura assurdo. Convivenza forzata e inevitabile in un percorso di vita accompagnati da virus.
È una strada comunque. E comunque è una strada da percorrere. Così ci dicono.
E questo domani che facciamo fatica a masticare è in realtà una strada dove anche la pazienza indossa vesti logore e stracciate e persino lei ci osserva stanca, ovviamente, chè una pazienza vivace non s’è mai vista da nessuna parte.
Quali strade allora?
Senza ombra di dubbio solo quelle che vediamo. È l’immagine del mondo, tutto qui. Ma in quanto immagine è essa stessa illusoria o, al più, semplicemente inventata e, dunque, inesistente. Un ente che non esiste perciò.
Quale strada allora?
Quella fatta di numeri, di contabilità spicciola e aritmetica cui ci stanno abituando da qualche mese per allenarci a meglio sopportare paternalismi diffusi e, quindi, sulla spinta della certezza della scienza, a rifugiarci nella razionalità pseudo-scientifica dei numeri. È questa dunque la strada, l’indirizzo, il percorso? Tutta una sequenza di caratteri destinati a essere fagocitati da noi fruitori di concatenazioni di tanti “uno” e tanti “due” e altrettanti tre e quattro, et caetera et caetera, e così via fino ad un ipotetico numero “enne” che poi dovrà interagire con tanti altri ipotetici numeri “enne” .
È proprio questa la strada prossima ventura in cui noi umili fruitori di numeri siamo e saremo, disposti ad imparare ad usarli secondo le istruzioni suggerite da qualche algoritmo.
E perciò, se un “due” più un altro “due” fa sempre “quattro”, adesso quel primo “due” non conoscerà mai, e per tempo, il secondo fratello gemello. Uno dei due muore anzitempo, prima dell’altro o dopo l’altro. Il quattro, ahimè, agognata somma dei due gemelli, resterà orfano per definizione. Esattamente come noi, in questo multi-incrocio di strade ignote. Senza più un inizio e con infiniti traguardi. E i troppi, infiniti traguardi, alla fine, ci regalano una non meta. Una vita senza più meta. Senza fine, per l’appunto.
Così, senza voler troppo indugiare in questa forma di pessimismo universale, dalla disperazione meravigliata, di quel genere che ti lascia con la bocca spalancata, si passa alla disperazione con la bocca serrata, a mascella contratta, se così si può dire; in una sola parola, attoniti e sgomenti.
Tuttavia, la colpa non è di nessuno e nemmeno dei nuovi profeti di ottimismo vaccinico che, subito dopo aver annunciato la scoperta della cura, pur con le dovute cautele intorno alla percentuale di riuscita (dal 90% in su, pare) ma immediatamente dopo aver incassato un incremento considerevole del prezzo delle azioni da loro possedute (un salto spropositato, se ricondotto ad una mera scommessa), rivendono sul mercato i propri titoli azionari portandosi a casa un bel gruzzolo di milioni di euro. Anzi, eurini, così da rendere il colpaccio più digeribile.
La colpa non è di nessuno e nessuna strada chiusa al traffico o strada senza uscita può impedire il trionfalistico annuncio in questo anno bisesto ancora in corso. E ancora in corsa, si scatenano, su altre vie impervie, altre nostrane società italiche del vaccino salvifico, ma per pochi, come dice il plenipotenziario boiardo di Stato Commissario per tutto e per tutti.
Sono strade, percorsi. Scommesse. È dal 2008 che scommettiamo su qualunque cosa e, ovviamente, anche sui fallimenti planetari.
Ma dove diavolo è finita la via della seta? Non si sa nulla, come nulla si sa sul profeta del lavoro. Un italo-americano che parla come uno zio emigrato negli Stati Uniti e che preconizzava favolosi risultati. Altra strada polverosa. Nella polvere son finiti i sogni di quanti credono che con una legge tutto si può fare. Per aspera ad astra e senza scordarci un ritorno in caduta libera: dalle stelle alle stalle.
In questo variopinto teatro delle vanità, o prima o dopo, approderemo anche noi -ognuno di noi-. Novelli naufraghi nella terra dei Feaci. E, forse, se qualcuno ci chiederà di raccontare del nostro peregrinare, potremmo, a quel punto anche solo iniziare e rapidamente concludere la nostra stanca narrazione. Sì, lo faremo con quattro asciutte parole (ecco il “quattro”, il povero orfano di cui s’è detto prima, che ritorna): le parole sono finite.
Una scelta narrativa che, in fin dei conti, è proprio come una strada.
In un mondo di pluripremiati, plurinominati e pluriaffondati (ma sempre galleggianti nella melma della finta meritocrazia) si può e si deve intraprendere una strada di definitiva chiusura. Sarebbe ben peggiore rivolgersi all’ipotetico Re dei Feaci con un “non rompermi le scatole, non voglio parlare più, ho il fiato corto e non è il virus. Mi hanno fatto nuotare con la mascherina!“.
Viaggio concluso. Strada senza fine.
Nel frattempo, fino ad oggi, i micidiali silenzi e le colpevoli omissioni del nostro sistema stradale hanno causato un impressionante numero di morti. È la nostra corona di spine, l’ennesima. Siamo privi di vie d’uscita anche se di strade vogliamo parlare.
E che altro vogliamo farci raccontare a proposito delle “strade” destinate ad incrementare la potenza del disarticolato, vecchio e antiquato sistema infrastrutturale della rete? La c.d. banda larga, sotto il profilo dell’indice dell’innovazione, almeno per il corrente anno, ha ricevuto una sonora bocciatura in sede europea. Risultato finale? Siamo stati bravissimi. Sì, siamo stati retrocessi di due posizioni rispetto ad una classifica che non ci vedrà primi per molto, molto tempo ancora. Scelte del passato neanche troppo lontano che impediscono la diffusione del sistema via cavo e che manifestano, ora, i loro effetti negativi. Non abbiamo avuto i visionari costruttori di programmi “stradali” in senso ampio.
Abbiamo, però, maghi e ciarlatani che, ricoprendo anche incarichi istituzionali, fanno a gara a spararle grosse, ovvero, ma è anche peggio, a non spararle affatto. Tanto, anche l’inerzia viene pagata. Roba da pazzi, viene da urlare in questo deserto di strade deserte.
E poi, non mi scordo della madre di tutti i guai. Il modificato titolo V della nostra Costituzione che, attraverso la infelice formulazione delle norme novellate, ha letteralmente asfaltato (mi sia concesso il termine coerentemente con il titolo del mio contributo) qualsivoglia certezza nei rapporti tra gli Enti. Lo Stato, le Regioni e, in una sfumata ma pur presente prospettiva, i Comuni, possono ingarbugliare meglio la vita dei pazientissimi cittadini italiani.
Aporie a profusione, sensi unici privi di senso e strade buie e insidiose. La cura? Stiamocene a casa. Tutti a casa e senza alcuna voglia di scimmiottare spot di germanica invenzione, peraltro molto tristi come solo i teutonici possono essere.
La cura è abbattere qualunque rapporto sociale e, aggiungerei, personale.
L’Italia è una Repubblica. Punto. Senza aggiungere altro e senza alcuna altra specificazione. Quel che resta è solo questo. Il resto? Non serve più. In fin dei conti, oggi, abbiamo “scoperto” la strada rapida e mutevole dei DPCM. Ora così, ora cosà. La sequenza temporale è rapidissima, veloce come il virus che ci uccide. Il trionfo del bi e del ba. Si fa presto a fare e disfare, per poi rifare. Facile la costruzione di queste strade normative. Lo so. È l’emergenza. È la tecnologia del costruire la norma alla bisogna perché, tanto, poi, la si aggiusta. Fattispecie a formazione progressiva non richieste, senza un prima e senza un dopo programmati. Mosca cieca tra le leggi.
E’ doveroso condividere, nel guazzabuglio del pressapochismo, il pensiero di chi sostiene che anche la metafisica ha tradito se stessa quando ha concesso all’uomo di porsi al centro di tutte le cose, innalzando lo stendardo della tecnica quale principio assoluto di tutte le cose, ma dimenticando che le cose, tutte le cose, possiedono dignità da tutelare. E’ deprimente dover confermare che la metafisica ha perso la via. In questo contesto, anche Gea si sta arrabbiando e noi, ancora una volta, ci siamo smarriti.
La vita va avanti anche così, ora triste, ora meno. Vita senza fine.
Per dirla col principe Miškin , forse soltanto “la bellezza salverà il mondo”.
Image credit: Barbara A Lane da Pixabay
di Massimo Corrado di Florio su Ora legale News
https://www.oralegalenews.it/magazine/03-gennaio/le-parole-sono-finite-la-distopia-sociale/2905/2019/
#TOPICS: ultimi articoli
Avvocati, cosa… come…?
Massimo Corrado Di Florio
Autentici depositari di una fede di libertà
Rilevanza strategica
Andrea Buti
Inquadrare il problema, individuare le opzioni, immaginare gli scenari
Per prima cosa, uccidiamo tutti gli avvocati
Aldo Luchi
Le battaglie per i diritti di tutti e non per il privilegio di pochi
Lo sguardo laico
Nicola Cirillo
Una funzione propulsiva del progresso e dello sviluppo sociale
Dieci ragazzi per noi
Ileana Alesso
Il linguaggio del legame sociale è un linguaggio “speciale” che deve essere “normale
Sentimenti e regole
Antonio Pascucci
Le regole sono il fondamento di ogni comunità strutturata, necessarie per garantire un equilibrio tra ordine e libertà
Un fiocco di tanti colori
Paola Furini
Ai ragazzi e alle ragazze è stata garantita la possibilità di partecipare alla vita pubblica
Rubriche: ultimi articoli
Alessandra Capuano, Giovanna Fava, Ida Grimaldi, Andrea Mazzeo, Elvira Reale Il malcelato tentativo di negazione della violenza domestica e di genere che si vuole mantenere fuori dai Tribunali civili e dalle cause di affidamento dei minori
Andrea Mazzeo Le condotte conflittuali o di sopraffazione tra i coniugi non sono equiparabili al mobbing nel mondo del lavoro
Anna Frasca
Esiste una correlazione inversa tra il lavoro domestico e il desiderio di avere figli
Paola Regina
La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha elaborato
nozioni autonome di diritto e di legge
Emilio De Capitani
Elementi fondanti per il diritto all’auto determinazione di ogni individuo e per il funzionamento di una società democratica
Roberta De Monticelli
L’idea di trasparenza è il luogo dove la logica si salda con l’etica
Stefania Cavagnoli
L’importanza del diritto e della sua comunicazione come strumento di relazione e di garanzia
Massimo Corrado Di Florio
Le parole non devono essere ingannatrici
Trasparenza delle leggi e strumenti di democrazia partecipativa in Italia e in Europa
Ileana Alesso
Se un linguaggio che non è possibile capire e parlare è un linguaggio che rende muti, ferisce le persone e la comunità, occorre la bussola di una lingua comune per l’orizzonte disegnato dalla Costituzione
Povera, si direbbe.Che già ad essere figlia di Agamennone e…
Giovanna Fava
Le richieste di provvedimenti in materia di famiglia sono tutte urgenti
Angelo Santi
Un campo di azione in cui esplicare la libertà delle parti