
Un futuro senza quote
di Cinzia Gaeta (General counsel Sud Europa Procter & Gamble)
Luigi Amicone (“intellettuale” di riferimento di Comunione e Liberazione) afferma che le donne che vogliono lavorare sono strumentalizzate e vittime del complotto delle multinazionali che hanno bisogno di forza lavoro.
Mirko De Carli (coordinatore nazionale del Popolo della Famiglia) propone una legge che prevede il reddito di maternità: mille euro al mese per 8 anni per fare la mamma a tempo pieno (1.000 euro al mese per stare fuori dal mondo del lavoro-ndr) e dal quarto figlio il reddito diventa un vitalizio.
Il manifesto della “Lega Crotone” recita, tra altre pericolose amenità, che “offende la dignità della donna chi (ne) contrasta culturalmente il ruolo naturale volto alla promozione e al sostegno della vita e della famiglia”.
Di fronte a tali esternazioni la risposta non può che essere: le “raccaprincianti quote rosa”, apparentemente discriminanti perchè sembrano riconoscere l’inferiorità, la subalternità della donna e la sua necessità di essere aiutata, sono purtroppo ancora necessarie e anzi non sufficienti.
Necessarie perché nonostante siano trascorsi otto anni dalla loro introduzione in Italia (L.120/2011 e L. 165/2017) per le società quotate e per le elezioni politiche, ancora oggi solo il 49% delle donne lavora contro il 72% della media europea (peggio di noi solo la Grecia).
Le donne sono pagate circa il 20% in meno degli uomini e faticano ad arrivare ai veri posti di potere: 7 rettrici contro 76 rettori; 1000 sindache contro 7000 sindaci, 5000 amministratrici delegate contro 17.000 amministratori.
Necessarie ma con un’avvertenza d’uso: non devono servire a facilitare la carriera delle donne ma ad imporre alle aziende di guardare all’universo femminile come ad una risorsa, ad aiutare a rompere schemi e stereotipi.
Ma se non sono state finora sufficienti a garantire la parità nel lavoro e a creare nuova cultura dobbiamo fare altro.
Einstein diceva “non possiamo risolvere un problema usando lo stesso modo di pensare con cui lo abbiamo creato”.
E quindi occorre cambiare il paradigma, non limitarci alla legge ma rimuovere gli ostacoli che limitano/impediscono l’empowerment femminile.
Io ho iniziato e continuato la mia carriera in Procter & Gamble e ho assisisto all’evoluzione di una grande compagnia che partendo dai suoi principi di non discriminazione ha compiuto un cammino virtuoso per attuarli.
Quando sono stata assunta ero la prima manager nel legale, le riunioni erano quasi esclusivamente maschili e l’orario di lavoro non teneva conto della vita privata.
Quando ho annunciato di essere incinta qualcuno si è chiesto se fosse stato un “errore” e se fossi in part-time perchè uscivo alle 18.
Al di là di questo, non ho mai subito discriminazioni (sebbene più volte mi sia capitato di essere scambiata, in quanto donna, per la segretaria dell’ufficio) ma ho dovuto superare da sola gli ostacoli derivanti dalla volontà di conciliare vita privata e professionale.
Dunque assisto con piacere all’evoluzione del modo di lavorare attraverso azioni concrete che, ovviamente, vanno anche a beneficio degli uomini.
Strumenti di flessibilità per conciliare vita-lavoro che spaziano dall’orario giornaliero flessibile, al lavoro da remoto (circa il 30% dei dipendenti P&G della sede di Roma lavora regolarmente da remoto uno o più giorni a settimana) ad incarichi “location-free”, che consentono di lavorare lontano dalla sede centrale, al servizio di “concierge” in azienda, che consente di delegare pratiche personali e incombenze.
Moms@Work e Genitori a lavoro: iniziative dedicate alla gestione della maternità in azienda e al reinserimento professionale delle mamme lavoratrici dopo il periodo di assenza per il congedo di maternità.
Future Female Leaders: opportunità per le studentesse universitarie di trascorrere una giornata al fianco di managers P&G e fare attività di networking con donne che occupano ruoli di responsabilità a vari livelli.
Valore D e Inspiring Girls: con Valore D, associazione di imprese che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile per la crescita delle aziende e del Paese, P&G coinvolge le sue leader che partecipano agli incontri e ai seminari nelle scuole medie, con l’obiettivo di fornire alle giovani adolescenti modelli di donne leader alle quali ispirarsi.
Ed infine il lancio, questo mese, della parternity leave: la possibilità per i neo papà di usufruire, entro 18 mesi, di due mesi di assenza retribuita per stare con il/la figlio/a insieme o in alternativa alla mamma.
Oggi quasi il 40% del totale dei dipendenti sono donne, presenti negli incarichi manageriali (39%), quadro/dirigenziali (34%) e nei ruoli tecnico/amministrativi (47%).
Le colleghe esibiscono la maternità come una scelta libera mentre la compagnia si impegna per raggiungere una rappresentanza 50/50 di donne e uomini in ogni area.
Se rimuoviamo gli ostacoli all’autodeterminazione delle donne, queste non avranno più bisogno di leggi per la “parità di accesso” al lavoro: ce la faranno da sole.
Pic.:danielfelix on Pixabay
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