Tra natura e cultura
di Anna Losurdo
Sappi, o Sancho, che tutte queste burrasche che ci capitano son segni che presto il tempo dovrà voltare a sereno e le cose dovranno andarci bene; perché non è possibile che il male e il bene siano durevoli, e da ciò consegue, che essendo durato molto il male, il bene è ormai vicino.
Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia
Fino a qualche decennio fa, ciò che succedeva nel mondo era confinato nella rubrica “dall’estero” dei telegiornali e sulle pagine “esteri” dei quotidiani.
Molto poco, per la stragrande maggioranza di noi, confinati nella realtà separata di ciascuno.
Con l’avvento dei social, la nostra realtà si è in apparenza dilatata e viviamo sommersi di informazioni e di notizie, spesso disperanti: immersi in ciò che avviene nel mondo. Contemporaneamente.
Spesso smarriti, di fronte alle molteplici testimonianze della tragedia umana e della incomprensibile tendenza alla autodistruzione, continuiamo disperatamente a sperare.
Aggrappati alla speranza dell’incontro d’amore con le cose e con le persone: la nostra unica salvezza. Ma quell’incontro è possibile se cose, creature e persone coesistono con noi e non se le percepiamo come ostacoli o, peggio, le consideriamo come strumenti.
Le relazioni tra le persone e con gli enti di natura dovrebbero rispondere all’invito creativo alla scoperta, all’incontro e alla cura ma gli esseri umani preferiscono continuare a imporre la loro legge.
Già, la natura: indifferente a noi, continua a fare il proprio corso se privata della relazione con la cultura.
I sentimenti, a differenza delle pulsioni e delle emozioni, non sono dati per natura ma si acquisiscono per cultura.
La letteratura è il repertorio dove impariamo cosa è il dolore in tutte le manifestazioni, l’amore in tutte le sue declinazioni, l’angoscia, la speranza, la disperazione e tanto altro.
Perché se si conosce la natura di un sentimento, gli si sa dare un nome e si ha una mappa per muoversi, mentre chi non ne dispone soccombe all’impatto emotivo.
Il dolore è amore trattenuto. Tratteniamo l’amore nel nostro cuore perché abbiamo paura di lasciarlo libero, di liberarci da maschere, false esigenze, necessità non nostre.
La speranza non riguarda il futuro, ma ha a che fare con il passato, dove è custodita la nostra identità e si gioca sul senso che siamo capaci di dare al nostro passato. Se siamo in grado di renderlo definitivamente tale, potrà aprirsi al futuro, perchè saremo capaci di non smettere il lavoro di creazione di un senso per continuare a vivere.
La speranza, nella visione cristiana del mondo, è quella della salvezza, ossia il senso alla successione dei giorni che costruiscono il nostro tempo individuale e la storia della umanità.
Nel mondo greco non c’è speranza perchè il destino regola il tempo.
La speranza non è attendere passivamente la soluzione futura delle difficoltà attuali ma aprirsi all’avvenire presente nella vita di ogni giorno di ciascuno di noi.
Invero non è sufficiente sperare. Se quel sentimento così abituale nei nostri giorni si trasforma, senza azioni conseguenti e necessarie, in vago desiderare, in debole aspirazione.
Senza memoria e responsabilità, concetti sui quali la nostra civiltà occidentale si è mossa ma che sono indiscutibilmente in crisi a livello sia individuale sia collettivo, non riusciremo a fare della speranza una opportunità.
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