
Giudici e Avvocati
di Anna Losurdo
“La vera fonte dei diritti è il dovere. Se adempiamo ai nostri doveri, non dovremo andare lontano a cercare i diritti“
(M.Gandhi)
Sin da quando ho iniziato a frequentare i palazzi di giustizia mi sono sempre soffermata a guardarmi intorno, durante le udienze. E mi sono sempre chiesta cosa pensasse il giudice di quel moto continuo di avvocati e parti; di quella interazione di parole e di corpi, di professionisti e di storie.
Come può un’Avvocata sapere cosa significhi essere un Magistrato o una Magistrata?
Una qualche esperienza l’ho vissuta, allorquando giovane praticante neoabilitata fui chiamata dal Conciliatore di Bari a svolgere la funzione di Vice. Eravamo giudici di controversie minori, certo, ma in quella esperienza, rivelatasi così preziosa nella mia formazione professionale, ho fatto pratica della terzietà del giudice.
È stato molto utile, proprio mentre imparavo a diventare avvocata, imparare, al contempo, a guardare i fatti con equidistanza e non con un’ottica di parte. A cercare il mio convincimento nelle prove e a tenere a bada le possibili valutazioni istintive o emotive. A praticare il dubbio per sottoporre a verifica il convincimento indotto dalle reciproche tesi difensive.
È una traccia che tengo in grande considerazione anche da difensore. Perchè ritengo da sempre che solo una cattiva declinazione del diritto di difesa ci induca a sovrapporci ai nostri clienti nelle controversie.
Ricordo anche che era una mia continua preoccupazione che in udienza i difensori avessero la certezza di essere trattati in maniera paritaria, indipendentemente dalla maggiore o minore familiarità che avessi con alcuni di loro per la pratica forense.
Ho riportato alla memoria quella esperienza, ormai sedimentata, in occasione di questo numero del magazine Di essa conservo il dubbio per non essere riuscita, in una occasione, a individuare una soluzione diversa da quella che suggerivano fatti e prove. Il rimpianto, per non essermi accorta di un errore nel quale ero incorsa e per non averlo corretto in tempo. La consapevolezza di essere ricorsa solo in un paio di occasioni alla “autorevolezza” del ruolo per sedare l’alterco tra i difensori avversari in giudizio che si erano fatti prendere la mano. E di averlo fatto, però, facendo appello alla “colleganza” che ci univa tutti.
I giudici e gli avvocati non saranno mai sullo stesso piano.
Loro esercitano un potere dello Stato. Noi siamo un corpo professionale e sociale, molto composito quando non lacerato. Certo, il rafforzamento della funzione dell’avvocato rispetto alla attuale attenzione per la sua professionalità aiuterebbe. Perché l’Avvocato che esercita la sua professione con libertà e indipendenza rafforza l’indipendenza della giurisdizione.
Ma questa è un’altra storia e ne parleremo un’altra volta.
Photo credit: https://kistefos/viewing-machine
(Unveiled 2004 “Viewing machine” by Olafur Eliasson)
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