La zavorra del Mezzogiorno

La zavorra del Mezzogiorno

di Canio Trione (Economista in Bari)

Si sostiene da parte di alcuni giornalisti nostrani nel fondo di prima pagina che: “essere contemporaneamente contro la tirannia burocratica e a favore del protagonismo statale…riesce francamente difficile comprenderlo, oltre che immaginarlo”.

Capiamo che è difficile per molti capire questi concetti e non ce ne meravigliamo, né ne facciamo una colpa, ma uno stato liberale è tale se è forte (quindi burocratizzato ed occhiuto) con i forti e paterno con i deboli (quindi liberale).

Non si può dire che il fascismo sia stato diverso dal prototipo di statalismo ma a quel tempo non servivano 47 permessi per aprire e mantenere aperta una officina meccanica; neanche uno. Né un giovane che voleva entrare nel mondo del lavoro doveva ingaggiare una mezza dozzina di professionisti per aprire un bar e averne i relativi permessi.
Aver cacciato quel sistema per cadere in uno statalismo molto peggiore vuol dire una sola cosa: andare verso una forma di reazione antiburocrazia che unisce tutti.

Chiedere un maggior ruolo dello stato è una reazione istintiva e molto garbata ad una situazione di ineguaglianza che colpisce tutti i cittadini quando si trovano in una banca, alla posta, in una assicurazione, quando acquistano l’energia, o fanno la spesa in un ipermercato, senza parlare della telefonia, dell’uso dei nostri terminali (telefonini)… chi ci garantisce un minimo di potere contrattuale? Chi ci aiuta a recuperare i nostri soldi incautamente investiti nell’acquisto di una azione bancaria o di una quota di un fondo di investimento o, ancor peggio, incautamente parcheggiati in un conto corrente soggetto a bail in? Chi dovrebbe pensare a farci uscire dalla disoccupazione specie al sud ove tutti i problemi nazionali sono ampliati?

Senza parlare delle minacce che vengono da fuori d’Italia.

Peraltro i potenti hanno sempre qualcuno che ne cura gli interessi all’interno del Palazzo ma chi rappresenta gli esclusi? Il sistema espelle sempre più persone proprio al fine di poterle poi accudire con elargizioni, elemosine, aiuti,… ovviamente tardive e parziali oltre che offensive. Perché si deve attendere che una impresa vada in grave crisi per accorgersene e cercare (senza riuscirci il più delle volte) di assicurarle “liquidità”? e il sud che è in queste condizioni da sempre? non è più saggio riportare la pressione fiscale e burocratica entro livelli più equi cominciando dalle aree più svantaggiate e quindi consentire a tutte le imprese di essere più capitalizzate e cioè solide? Chi rappresenta nei Palazzi una cosa elementare come questa?

Qui, come detto, non si tratta di “aiutare” qualcuno (magari dopo averlo precipitato nell’abisso della precarietà aziendale) ma di conoscere e perseguire l’interesse della nostra comunità; che è il compito delle Istituzioni.
Uno dei danni maggiori subiti dal sud è proprio la mentalità e la pratica degli aiuti, investimenti,… sostenuti dalla stampa locale.

Il necessario rilancio del Mezzogiorno e di ogni altra realtà nelle stesse condizioni passa attraverso la liberazione delle imprese minori dalle angherie cui sono sottoposte e l’annullamento (non semplificazione che legittimerebbe ancora di più l’apparato burocratico) ma annullamento di ogni impedimento all’apertura di nuove piccole imprese.

Lo Stato invece sia accorto che le città terremotate vengano ricostruite, come anche i numerosi ponti caduti, vigilando che altri non ne cadano, che i treni non deraglino, che le malattie vengano curate senza costringere la gente alla reclusione, che le banche non falliscano e che ci sia moneta a sufficienza per far funzionare l’economia, che la “digitalizzazione” delle procedure non si traduca in ulteriori lacci e costi per imprese e individui, che una dichiarazione dei redditi possa essere scritta da chiunque, che fare una denunzia di furto non divenga altro che ulteriore aumento delle scartoffie detenute negli archivi, che i dipendenti pubblici non siano più numerosi e meglio pagati dei piccoli imprenditori pagatori di tasse.. e l’elenco può continuare a lungo.

Come si vede di cose da fare lo stato e i suoi “servitori” ne hanno e molte sono state fatte male e quindi cresce la domanda di stato. Ma la cosa ancora più importante è la domanda di libertà di intrapresa; quella libertà e la relativa abolizione dello scalino all’entrata nel mondo del lavoro autonomo è la svolta e la condizione minima per il rilancio.

Questa volta non è questione di scelta politica; senza rilancio, il debito, la spesa pubblica, banche e finanza, previdenza e assicurazioni saltano come birilli .. ma non fra anni, fra mesi.

Image credit: Agrigento, il tempio dei Dioscuri
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