
L’amore è un accidente
di Anna Losurdo
Checchè se ne dica, la famiglia tradizionale così tradizionale non è.
Innanzitutto, è bene tenere presente che con tale definizione ci riferiamo abitualmente alla nostra società occidentale.
In secondo luogo, la società occidentale è, oggi, molto più omogenea per usi, consuetudini e assetti giuridici di quanto non lo sia stata in passato.
Queste premesse metodologiche sono indispensabili se vogliamo guardare alle cose del nostro pianeta con ottica non egemone.
Il suo ingresso in società risale per convenzione all’avvento del cristianesimo, ma essa ha subito nei secoli numerose trasformazioni, coincidenti con lo sviluppo e le trasformazioni della società stessa.
E non possiamo parlare di famiglie senza avere ben presente la storia dei diritti delle donne.
Nei circa 4000 anni tra la nascita delle prime civiltà e l’avvento delle religioni monoteiste, i sistemi matriarcali abbondavano e connotazioni matriarcali erano presenti anche in alcune società dominate dagli uomini.
Con un bel salto nella storia dell’umanità, dobbiamo arrivare alle costituzioni democratiche occidentali per vedere riaffermati i principi di uguaglianza, di parità e di libertà non solo tra uomini e donne ma anche all’interno delle famiglie.
In Italia, la legislazione in materia di famiglia durante il Novecento, e soprattutto dagli anni ’70 in poi, ha letteralmente rivoluzionato i paradigmi secolari di costituzione e gestione delle famiglie.
Tutto questo ci ricorda dove siamo arrivati e quanto possiamo perdere.
Ma quando si è cominciato a parlare d’amore, nelle famiglie?
Per secoli, due parole hanno connotato la famiglia.
L’etimologia di entrambe ne chiarisce sin da subito la portata ideologica:
matrimonium, da mater, madre, intendeso quale ufficio femminile riguardo la creazione e cura della famiglia
patrimonium, da pater, padre, che invece si collega all’ufficio del padre di provvedere al sostentamento
Nei ceti abbienti, la famiglia è stato a lungo il sistema per conservare, trasmettere e incrementare i patrimoni.
Nei ceti poveri e nella società agricola, i componenti della famiglia erano bocche da sfamare e forza lavoro, portatrice di sostentamento, anche se misero.
Il lavoro e lo sfruttamento minorile, la posizione di subalternità delle donne, i matrimoni combinati dai pater familias cosa avevano a che fare con l’amore?
La stessa maternità, da sempre strumentalmente mitizzata, per non parlare della paternità (che all’epoca era quasi esclusivamente intesa come patria potestà) erano ben lontane dalla idea di genitorialità contemporanea.
Per avera una idea di come si declinasse la maternità, anche se con riferimento alla Francia, è illuminante il saggio di Elisabeth Badinter (L’Amour en plus: histoire de l’amour maternel (XVIIe au XXe siècle), 1980). E lo è altrettanto la letteratura di oltre due millenni che ha narrato sogni e vita dell’umanità.
Veniamo quindi al nostro tempo.
A ben guardare, ciò che continua ad avvenire in tante parti del mondo e oggi ci fa insorgere fa parte del nostro passato più di quanto sembriamo voler ricordare: spose bambine, lavoro minorile, matrimoni combinati senza il consenso delle figlie, potestà maritale e molto altro ancora.
E allorquando, intervenuto il fallimento del progetto familiare, la famiglia disgregata cerca nuovi assetti economici, personali e affettivi, l’amore sembra davvero un accidente nella storia dei protagonisti della crisi matrimoniale.
Non ne troviamo traccia, se non in sottofondo, nei testi normativi, né potremmo. Non é quello il posto dell’amore. Ma è il tradimento delle aspettattive che esso ingenera a determinare il fallimento della unione familiare.
In fondo cos’è, poi, il matrimonio, se non un rito di unione che ha il valore di un archetipo?
Il suo unire non cambia: un nodo, un punto d’incontro e di evoluzione nella storia degli esseri umani.
Possono essere diversi l’autorità celebrante, l’ente davanti al quale è celebrato, le formalità, la durata, le motivazioni, le finalità.
Possono variare coloro che si uniscono, in numero, genere, specie, piano dell’esistenza.
E infine può cambiare anche il nome della stessa unione.
Della stessa definizione costituzionale della famiglia, ormai, occorre dare una interpretazione estensiva per evitare di escludere dal novero dei titolari di diritti fondamentali buona parte delle cittadine e dei cittadini italiani che hanno dato alla propria famiglia una forma “non tradizionale”. E sono la maggioranza, come ci racconta, da anni, anche l’ISTAT.
Il Mondo va avanti prescindendo dalle nostre convinzioni, anche se in buona parte siamo responsabili delle trasformazioni in atto. E siamo costretti, nostro malgrado, a rivederle periodicamente, quelle convinzioni.
Ad esempio, le plastiche chimiche stanno provocando un drastico declino nella fertilità (Shanna H. Swan, Count Down) ed entro il 2045 la maggioranza delle coppie potrebbero dover ricorrere alla procreazione medicalmente assistita per riuscire ad avere figli. Ne parlò, quasi quarant’anni fa, Margaret Atwood (Il racconto dell’ancella) tratteggiando un futuro distopico nel quale la riproduzione sarebbe avvenuta attraverso una “naturale” maternità surrogata.
Questa necessità comporterà la rapida archiviazione di tutte le dispute ideologiche che ancora accompagnano la P.M.A. e la stessa maternità surrogata.
Sono questi il significato attuale e il senso della “societá naturale” di cui parla la nostra Costituzione con straordinarie attualitá e capacità di adattamento alla evoluzione della nostra società.
A prescindere dalla forma della famiglia, quindi, ciò che crea il legame familiare tra le persone che ne compongono una è il progetto che esse condividono. Un progetto che non può che trovare il momento fondativo in un accidente: l’amore.
di Anna Losurdo, su Ora Legale News
https://www.oralegalenews.it/magazine/17-marzo-2020/vicini-e-lontani/10530/2020/
Image credit: Angela Yuriko Smith da Pixabay
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