
Processi
Una via d’uscita
di Anna Losurdo
“La nostra società ha un gran bisogno di imparare a ricomporre i conflitti“
Ministra della Giustizia Marta Cartabia
Per decenni il nostro sistema giustizia è stato deprivato di risorse.
Per lungo tempo sono mancati interventi strutturali su edilizia, organico, magistrati e personale di cancelleria.
Le piante organiche sono sempre carenti.
Il legislatore ha prodotto continui interventi modificativi sul processo nella vana speranza di ottimizzare così il sistema.
Altrettanto inefficaci si sono rivelati i periodici interventi sull’arretrato, inaccettabili anche sul piano linguistico: smaltimento, rottamazione, eliminazione…
Persino i dati sono sempre stati frammentari e inidonei come base per programmare interventi efficaci.
Tutto questo ha portato alla attuale mancanza di effettività della risposta alla domanda di giustizia, che dipende da diversi fattori concorrenti:
– carenze strutturali del settore;
– lunga durata dei processi;
– legislazione complessa, difficile e sciatta;
– corruzione dei poteri pubblici e malfunzionamento della P.A.;
– percezione della indipendenza dei Giudici;
– percezione della autorevolezza e della reputazione degli Avvocati;
– incertezza delle sanzioni penali;
– inefficienza degli organi deputati al controllo e alla esecuzione delle sentenze (penali);
– difficile e tardiva esecuzione delle sentenze civili.
Il PNRR cambia il linguaggio
sebbene la premessa resti sempre quella della eccessiva durata del processo e si pone come obiettivo il ripristino di una giustizia effettiva, seguendo tre linee di intervento: organizzativa, endoprocessuale ed extraprocessuale.
La riorganizzazione passa attraverso la valorizzazione delle risorse umane, il potenziamento delle infrastrutture digitali, gli interventi sulla edilizia giudiziaria e sulla architettura penitenziaria.
Ruolo essenziale viene attribuito all’ufficio del processo, che vede consolidata la struttura esistente (sin dal 2014) attraverso il passaggio a modello collegiale e la qualifica di funzionari del ministero invece che tirocinanti.
Esso è il cuore pulsante del progetto che si pone l’obbiettivo finale dell’eliminazione del 90%
dell’arretrato civile per la metà del 2026.
Altra direttrice essenziale è quella del rafforzamento della capacità organizzativa, mediante l’assunzione di personale di cancelleria e di altre figure per completare la digitalizzazione e il miglioramento della formazione dei magistrati destinati agli incarichi direttivi.
Non certo ultime per importanza, nel senso di ripristinare la giustizia effettiva, sono le questioni della situazione carceraria, della geografia giudiziaria (fuori dagli interventi previsti dal PNRR) e della magistratura onoraria: per troppo tempo dimenticate, accantonate o destinatarie di interventi sconsiderati.
Con riferimento alla prima, nella Relazione alle Camere, la Ministra Cartabia, dopo aver ricordato che “il carcere ha enormi bisogni” ha riaffermato la necessità di evitare il rischio di interventi ad impronta emozionale inadeguati ai bisogni e alla loro dimensione effettiva e quindi inadeguati.
Sta di fatto, però, che per il sistema carcerario, gli interventi previsti dal PNRR sono focalizzati sull’ammodernamento e la costruzione delle strutture.
I tagli orizzontali operati in passato per ridisegnare la geografia giudiziaria hanno comportato un numero elevato di utenti per gli uffici giudiziari e una giustizia sempre più distante dalle cittadine e dai cittadini.
Invece, le linee guida europee suggeriscono di costituire uffici di medie dimensioni e di maggiore efficienza.
Incombono anche i decreti attuativi delle riforme processuali penale e civile, la riforma del processo tributario, il completamento della disciplina della crisi d’impresa (entro la fine del 2022) e l’adeguamento del Codice della crisi e dell’insolvenza alla direttiva europea Insolvency.
Infine, la magistratura onoraria attende la regolarizzazione normativa anche a seguito delle pronunzie della Corte di giustizia UE.
Gli obiettivi finali dovranno essere conseguiti entro la metà del 2026.
Vedremo se il PNRR costituirà davvero una via d’uscita ai problemi che ci affliggono ormai da decenni.
L’ordinamento deve essere in grado di dare piena attuazione nel caso concreto al diritto sostanziale riconosciuto alla persona i cui diritti e le cui libertà siano stati violati (Carta di Nizza – art. 47).
L’efficienza dell’amministrazione della giustizia si coniuga “con la componente valoriale del processo e quindi con gli ideali intrinseci della giustizia, tesi alla realizzazione di una tutela giurisdizionale effettiva per tutti” (Ministra Marta Cartabia)
In realtà, l’effettività del diritto potrebbe anche prescindere dalla tutela giurisdizionale, se solo si trovassero strumenti idonei a dare attuazione a quei diritti.
Nel frattempo, l’Avvocatura prosegue la battaglia per il riconoscimento a pieno titolo nell’ordinamento giudiziario.
La questione della presenza degli avvocati nei consigli giudiziari, infatti, è assai rilevante e, a seconda delle scelte operate sul “come” e sul “fare cosa”, potrà finalmente cambiare gli equilibri nel governo della giustizia.
Se è vero che siamo compartecipi della giurisdizione non si comprende perché dovremmo restare fuori dal governo della stessa.
All’indomani di quasi sette anni di contenzioso per le vicende legate alla questione del limite del doppio mandato nei consigli degli ordini territoriali e nel consiglio nazionale, appare per certi versi disorientata e quasi alla ricerca di un nuovo “centro di gravità permanente”.
Peraltro, le ultime vicende legate alla gestione economica dell’Organismo Congressuale hanno riproposto come non ulteriormente dilazionabile il ripensamento del modello organizzativo della rappresentanza.
Gli effetti della perdurante crisi economica, aggravati, ove possibile, dal biennio pandemico; la inidoneità dei modelli organizzativi tradizionali delle libere professioni; lo smantellamento e il deterioramento dei corpi intermedi; il ritardo nell’affrontare le questioni della formazione e dell’accesso; l’esito della gestione sconsiderata, nei decenni scorsi, che ha trasformato gli ordini professionali in parcheggi di disoccupati intellettuali; il blocco ultradecennale del turn over nella P.A..
Tutti questi fattori sembrano averci presentato il conto.
In questo scenario, anche l’avvocatura dovrà trovare una via d’uscita.
Se ne sarà capace è tutt’altra storia.
Image credit: Rostislav Uzunov da Pixabay
Di Anna Losurdo, su Ora Legale News
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