
Le scelte necessarie
di Carlo Orlando (Avvocato in Perugia)
Il sovraindebitamento al tempo del Coronavirus: l’obbligo di scelte urgenti per la tutela del sistema sociale
“Nulla sarà come prima”.
È una espressione, forse un po’ abusata, a cui occorre dare un significato concreto.
L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia COVID-19 ha messo in luce l’estrema precarietà di un sistema economico, quale è quello italiano, già indebolito da scelte politiche e legislative dimostratesi errate negli anni poiché troppo spesso condizionate da speculazioni finanziarie e monetarie.
In epoca pre-pandemica, il legislatore italiano, raccogliendo le raccomandazioni di quello extranazionale, aveva pensato, tra l’altro, a “sanificare” il sistema economico interno, espellendone le mele marce e recuperando quella salubrità tanto auspicata quanto smarrita, attraverso l’adozione del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (già in vigore in minima parte, e, per la sua quasi interezza, pronto ai nastri di partenza) da molti interpreti apprezzato per l’intento, per il vero non del tutto perseguito, di dare organicità ad una tematica rilevantissima la cui disciplina era contenuta in numerosi provvedimenti molto spesso semplicemente giustapposti e non coordinati tra loro, dotando, così, gli operatori del diritto di una sorta di Testo Unico delle procedure concorsuali, della prevenzione e dei modi di composizione della crisi, nel quale far confluire i diversi procedimenti che l’ordinamento prevede con riferimento a imprenditori commerciali, debitore civile e gruppi di imprese.
L’excursus già travagliato della riforma (vacatio legis quanto mai ampia, entrata in vigore in minima parte, previsione di correttivi da apportare prima ancora della sua integrale entrata in vigore), imperniata sulla emersione tempestiva della crisi e sulle procedure individuate per addivenire ad una composizione assistita della crisi, e quindi su tematiche che avrebbero fatto trovare probabilmente non pronto il sistema imprenditoriale – perché culturalmente impreparato al radicale mutamento di prospettiva e di approccio al sistema della crisi – è stato “travolto” dall’emergenza sanitaria.
Il Governo, adottando misure di urgenza a sostegno della liquidità e a garanzia della continuità delle imprese colpite dalla emergenza COVID-19, con il D.L. dell’8 aprile 2020 n. 23 ha disposto il differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, prevista per l’agosto 2020, di oltre un anno.
È sotto gli occhi di tutti che l’emergenza sanitaria abbia avuto come immediato riverbero l’emergenza economica in un Paese che non riesce ad intervenire tempestivamente nella fase del lockdown con misure efficaci ed urgenti di sostegno del tessuto economico, lavorativo e sociale, nonché a programmare la successiva e necessaria ripartenza.
Imprenditori che non possono riaprire la propria attività nel rispetto delle pur necessarie disposizioni atte a prevenire la diffusione del contagio, lavoratori che, novelli Godot, restano in attesa di percepire quanto a loro spettante a titolo di c.i.g., professionisti impossibilitati a lavorare e non sostenuti, altre categorie completamente dimenticate.
In siffatto contesto si consuma l’ulteriore passaggio dalla emergenza economica a quella sociale che, ove non contrastata con misure eccezionali, porterà a manifestazioni di insolvenza civile con scenari e reazioni non prevedibili.
“In tempo di guerra”.
E’ un’altra espressione ricorrente: guerra contro un nemico invisibile, e per ciò stesso subdolo e pericolosissimo, che ha già portato con sé effetti devastanti. Nel nostro Paese, il tessuto familiare, vera e propria ricchezza unitamente a quello delle micro-imprese, versa già in condizioni di estrema difficoltà e si vede costretto, per far fronte ai propri basilari bisogni ed alle proprie obbligazioni, a ricorrere ad un maggiore indebitamento talvolta reperito nel “sostegno” parallelo offerto da organizzazioni criminose, nella percezione, diffusa, di un’assenza dello Stato.
Al contrario, lo Stato, “in tempo di guerra” deve offrire a queste famiglie, ai propri cittadini, alle micro-imprese, misure eccezionali e non limitarsi ad offrire brioches in mancanza del pane.
Non si tratta di retorica ma di principi di civiltà giuridica e sociale: milioni di soggetti (talvolta già) sovraindebitati non possono essere oggi abbandonati al loro destino, alle esecuzioni individuali ed alle speculazioni, e ciò indipendentemente dalla individuazione dei buoni e dei cattivi, dalla applicazione di ordinari criteri discretivi tra imprenditori onesti ma sfortunati e imprenditori disonesti ed approfittatori.
Di questi tempi (di guerra), deve senz’altro prevalere su ogni altra considerazione il favor debitoris spingendosi perfino ad immaginare che il legislatore giunga opportunamente alla cancellazione del debito anche, e non solo, in virtù della semplice considerazione che una moltitudine di (sovra)indebitati non giova ad alcun creditore.
Si impone, quindi, il concetto di esdebitazione come dovere sociale ed economico di uno Stato democratico che non riesce a fornire ad alcuno i supporti realmente necessari.
In tale contesto, sanitario, economico, sociale, è errato disporre il rinvio delle disposizioni in materia di sovraindebitamento, contenute nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, essendo proprio questo il momento in cui si avverte l’esigenza di diminuire il debito con incisività ed uniformità di trattamento.
Solo grazie alla diminuzione delle posizioni debitorie si potrà sperare che le piccole iniezioni di liquidità immesse dallo Stato non vadano perdute quanto piuttosto utilizzate per far ripartire il circuito dell’economia e contenere il rischio di degrado sociale.
Il rinvio dell’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in tema di sovraindebitamento è estremamente penalizzante.
Le semplificazioni ivi previste sull’apertura della procedura di liquidazione e sull’ottenimento dell’esdebitazione, unitamente all’esdebitazione riconosciuta anche all’incapiente, sarebbero provvidenziali per dare veramente una seconda chance a migliaia di persone.
La legge n. 3/2012, emanata (quasi) all’indomani della precedente crisi economica del 2008 e che adottò numerose disposizioni a tutela delle vittime di usura e di estorsione, introdusse nel nostro ordinamento, sull’esempio positivo di altre legislazioni, le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione dei beni del sovraindebitato, a favore dei soggetti diversi dagli imprenditori commerciali disciplinati dalla legge fallimentare, con il preciso intento di offrire una occasione di riscatto economico – e quindi anche sociale ed umano – a consumatori, piccoli imprenditori, professionisti ed altre figure ivi individuate.
Il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ha riscritto gli istituti del sovraindebitamento applicando i correttivi ritenuti indispensabili (anche alla luce del recepimento degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia) e da tempo sollecitati proprio per rimediare ai limiti intrinseci della originaria normativa che ne hanno impedito e ne impediscono la piena attuazione, con previsioni che si palesano ancor più necessarie nello scenario che si apre con questa crisi economica e sociale conseguente alla pandemia COVID-19.
“In tempo di guerra”, ed al fine di contrastare il prevedibile scenario di disastro economico e sociale, il Governo potrebbe (rectius: dovrebbe) prevedere l’entrata in vigore immediata di quella parte del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che riguarda il sovraindebitamento, con particolare riferimento, quindi, al Capo II del Titolo IV (artt. da 65 a 83) e del Titolo V, al Capo IX (artt. da 268 a 277) e la sezione II del Capo X (artt. 282 e 283), posta l’urgenza e l’indubbia utilità applicativa delle modifiche ivi apportate alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione dei beni del sovraindebitato di cui alla legge 3/2012.
D’altro canto, una siffatta previsione non avrebbe alcuna controindicazione anche alla luce del fatto che, come detto, sin dal marzo 2019 è già entrata in vigore una parte delle disposizioni contenute nel predetto Codice (artt. 375, 377, 378 e 379) apportando sensibili modifiche al Codice civile.
“In tempo di guerra” occorre operare scelte coraggiose e lungimiranti per la tutela del sistema sociale perché “nulla sarà come prima”.
Image credit: Gerd Altmann da Pixabay
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