
I punti cardinali della ripartenza
di Giovanni Pansini (Avvocato in Trani)
Premessa
Un anno fa, di questi tempi, si discuteva di “autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario”.
Alla base di questa proposta vi era la richiesta di una migliore allocazione delle risorse economiche, causata da un “residuo fiscale” di alcune Regioni (in primis Lombardia e Veneto) che riceverebbero dallo Stato molto meno di quanto apportino attraverso il prelievo fiscale.
In pratica, queste Regioni lamentavano un presunto drenaggio delle loro risorse economiche verso Regioni “meno virtuose”, in particolare del Sud Italia.
Nord e Sud, concetti relativi: a distanza di un anno, il nostro Paese si è trovato nella condizione di chiedere maggiore solidarietà ai Paesi del Nord Europa a causa dell’emergenza sanitaria che ha colpito, paradossalmente, proprio quelle Regioni che un anno fa invocavano a gran voce l’autonomia differenziata.
Denuncio subito la mia tesi: il nazionalismo, il regionalismo, l’esasperazione delle autonomie, la frammentazione della struttura amministrativa, non paiono essere risposte adeguate alle sfide contemporanee, di carattere sovranazionale e globale.
Federalismo fiscale e disuguaglianze regionali
Nel nostro Paese, l’assetto centralizzato attuato con la riforma tributaria del 1972- 1973, si è trasformato negli ultimi venti anni in un modello tendenzialmente federalista e decentrato.
È molto interessante rileggere oggi il “libro bianco del federalismo fiscale” (il “whitepaper” del Prof. Tremonti, pubblicato nel 1994), che contiene il manifesto del modello federalista.
In particolare, uno degli argomenti utilizzati dai sostenitori del federalismo fiscale (molti cittadini residenti nel Nord Italia e i loro rappresentanti politici) consisteva nell’affermazione che la responsabilizzazione dei livelli inferiori di governo nella gestione delle risorse pubbliche avrebbe favorito un uso più efficiente delle risorse stesse, con risultati positivi anche per lo sviluppo economico del Mezzogiorno.
Le ragioni teoriche a sostegno dei risultati che questo modello voleva ottenere vanno ricondotte, seppure con qualche forzatura, alle teorie del federalismo competitivo, affermatesi negli anni ‘80 del secolo scorso.
Secondo tali teorie, un’organizzazione federalista dello Stato metterebbe i livelli inferiori di governo in concorrenza tra loro e consentirebbe ai cittadini-elettori di incidere sulle decisioni attraverso il voto dei loro rappresentanti più prossimi.
I teorici del federalismo competitivo ritengono che il decentramento delle decisioni pubbliche, minimizzando la possibilità che politici “sfruttino fiscalmente” i cittadini allontanandosi dagli elettori, porterebbe ad una più efficiente allocazione delle risorse.
A distanza di trent’anni dall’elaborazione di quel modello, e di venti dall’inizio della sua attuazione, tuttavia, non parrebbe potersi concludere che il Federalismo fiscale abbia portato ai risultati sperati.
Da un lato le disuguaglianze tra Nord e Sud sono aumentate (il rapporto Svimez del 2019 evidenziava un gap tra Nord e Sud in tutti i settori, da quello occupazionale a quello della sanità e dell’istruzione, per finire al quadro economico, con un Sud nel 2019 in recessione al –0,2% e un Nord in crescita al +0,3%).
Con l’aumentare delle disuguaglianze è aumentata anche la spinta centrifuga delle Regioni che ritengono di essere più efficienti e competitive, come il progetto di autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ha dimostrato, e che la concessione di maggiore autonomia avrebbe voluto frenare.
Dall’altro lato, il modello del federalismo fiscale si è dimostrato inefficiente anche per gli stessi cittadini delle Regioni più competitive: negli ultimi venti anni, la pressione fiscale, sia a livello Statale che locale è aumentata, il controllo sulla spesa pubblica è diminuito, i centri di spesa sono aumentati, e, infine, il senso di fiducia di cittadini ed imprese nelle norme fiscali, è diminuito poiché sono aumentati gli Enti impositori e, con essi, le regole e le prassi da rispettare.
Conclusione. I punti cardinali: ritornare alla Costituzione
“Se pago di più devo avere di più” è il mantra che mina alle fondamenta il senso stesso dello stare assieme di una comunità, indifferentemente dal fatto che questa comunità si chiami Europa oppure Italia.
Stiamo vivendo, come Italiani, sulla nostra pelle il senso di rassegnazione e di umiliazione derivante dal fatto di essere costretti a chiedere aiuto economico agli altri Paesi del Nord Europa.
Il senso di solidarietà e di redistribuzione delle risorse è la base ed il fondamento stesso di ogni comunità, tanto è vero che la nostra Carta Costituzionale lo sancisce e lo tutela, eleggendo il dovere di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 della Costituzione) a piattaforma dalla quale risollevare, ricostruire e far prosperare il Paese.
I Costituenti pensarono a questo principio per un Paese che, in quel momento storico, era stato annientato dalla guerra e dal fascismo, ed è altrettanto valido oggi, con un Paese messo in ginocchio dal virus.
Nello stesso tempo, ogni individuo associato alla comunità nazionale non deve subire una compressione del contenuto effettivo dei suoi diritti fondamentali (alla salute e all’istruzione, in primis) in ragione del luogo di quella comunità nel quale abbia avuto la ventura di nascere o vivere (uguaglianza sostanziale, art. 3 della Costituzione).
Non dobbiamo dimenticare infine, che le “autonomie differenziate” e le fughe in avanti minano anche il senso di unità della comunità, sancito nella Carta Costituzionale nei principi di unità e di indivisibilità della Repubblica, nel cui ambito e nel cui imprescindibile rispetto riconoscere e dare sorvegliato spazio all’autonomia (art. 5 della Costituzione).
Superata l’emergenza sanitaria, nell’affrontare quella economica, non possiamo dimenticare il senso comune dello stare insieme e i punti cardinali sui quali fondare la ripartenza.
L’obiettivo comune dovrà essere quello di colmare il gap esistente tra Nord e Sud, abbandonando definitivamente i progetti centrifughi che hanno caratterizzato il Paese negli ultimi venti anni e rimettendo mano al sistema fiscale ed amministrativo-burocratico, in chiave di semplificazione, certezza ed unitarietà delle regole.
Image credit: Cattedrale di Otranto, Mosaico di Frate Pantaleone
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