il Bi e il Ba
di Massimo Corrado Di Florio
In “Preparing for the (Non-Existent?) Future of Work” di Anton Korinek e Megan Juelfs, si profetizza ancora una volta l’abbattimento del lavoro. Per la precisione trattasi dell’annientamento della forza lavoro; per essere ancora più precisi, si tratterebbe dell’annichilimento dell’uomo lavoratore.
Come al solito, la collocazione dell’uomo in questo perenne stato di quiescenza trova il suo esatto opposto nella macchina. Le macchine, per l’appunto, sono il contraltare della descritta tabula rasa.
In questo scenario, pur deprivato da qualsivoglia etica di maniera, la tecnicalità estremizzata viene a svolgere un ruolo supplente. Un tempo le tante deità sparse nel cosmo umano svolgevano lo stesso identico ruolo e, in fin dei conti, il medesimo pensiero scorre nelle vene degli uomini di oggi.
Secoli addietro vi era sempre un dio pronto a soddisfare i bisogni delle persone (per quanto coincidenti con i desideri mai appagabili). Oggigiorno, ci si affida alla superpotenza delle macchine, agli algoritmi – supremi risolutori dei problemucci della gente -.
Il prezzo che si paga è sempre lo stesso: poiché immaginare non costa quasi nulla, è lecito ipotizzare qualunque cosa. I marziani, gli amici extraterrestri, i mostri galattici, le macchine amiche e quelle nemiche, i transformers pacifici e quelli ribelli, alla fine della fiera siamo sempre fermi al punto di partenza.
È uno stare fermi polarizzato: la disperazione produce simili risultati. Tanto vale scrivere e parlare di un opposto qualunque. Gli opposti -oggi- sono soltanto un vuoto bi e un altrettanto vuoto ba. Sono la contrapposizione tra chi vince un superenalotto e chi no.
Citare Cicerone per ricordarci del metodo della distinctio è perdere del tempo.
Tuttavia, va anche detto che un premio Nobel come Josè Saramago ha deciso di scrivere del “bi” e del “ba” probabilmente per restituire a questa vuota contrapposizione una sua esclusiva dignità. In effetti, nello spazio, tra l’uno e l’altro, resta una traccia di una immensa zona grigia di riflessione. Saramago ha voluto indicarci un preciso luogo di movimento, un viaggio forse.
Un po’ come quando, nel descrivere l’approdo della penisola iberica staccatasi dal continente europeo (cfr. “la zattera di pietra”), ci ricorda che “…il viaggio continua…Gli uomini e le donne, questi, proseguiranno per la loro strada, con che futuro, in che tempo, con che meta. La bacchetta d’olmo è verde, chi sa se fiorirà l’anno che viene.”
Credits: Pete Linforth da Pixabay
Di Massimo Corrado Di Florio, su Ora Legale News
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