Il percorso come divenire
di Aldo Luchi (Avvocato in Cagliari)
“Gli pareva di esser sempre vissuto così, sull’orlo d’una strada metà percorsa e metà da percorrere”
(Grazia Deledda, Canne al vento).
La strada può rappresentare alternativamente una limitazione, un percorso obbligato, predeterminato, che non ci consente digressioni né evasioni, come avviene nel sentire religioso (“Io sono la verità, la via e la vita“). Oppure, al contrario, può rappresentare un’evoluzione, un procedere verso qualcosa, un insieme di tappe che conduce ad una meta.
Ed è esclusivamente la nostra attitudine, il nostro approccio verso ciò che affrontiamo a determinare quale significato attribuiamo al percorso.
Probabilmente, nessuna professione più di quella forense ha maggiore familiarità con l’idea del percorso come divenire. Infatti, lo stesso termine “processo” descrive etimologicamente l’azione ed il risultato del procedere.
Come diceva Italo Calvino, “Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi“. Questa espressione descrive alla perfezione la consequenzialità di valutazioni, strategie, scelte ed approcci che caratterizza la creazione di una linea difensiva in qualsiasi procedimento giudiziario.
Credo che accada molto frequentemente a tutti noi di non arrivare alla conclusione di un processo con la stessa idea che ne avevamo all’inizio.
È uno dei motivi, forse il principale, del mio incondizionato amore per questa professione, un amore complesso, viscerale e totalizzante, che resiste immutato anche quando ne ricevo delusioni.
Una scelta che ostinatamente rinnovo ogni giorno, perché, come diceva Buddha, “Non puoi viaggiare su una strada senza essere tu stesso la strada“.
Image credit: Rainer Maiores da Pixabay
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