
La negazione dell’abuso
di Ida Grimaldi (Avvocata in Vicenza)
Alienazione Parentale e Convenzione di Istanbul nei Tribunali Italiani
La Convenzione di Istanbul del 2011, ratificata in Italia con la Legge n.77/2013, impone agli attori delle vicende separative e di affidamento dei minori, quindi anche ai consulenti quando chiamati ad esprimersi in merito, di tenere nel debito conto le vicende di violenza intra-familiare.
In particolare, sulla base di detta normativa, i diritti dei bambini testimoni di violenza (anche solo violenza assistita) vanno privilegiati rispetto ai diritti vantati dalle altre parti in causa (art. 26), i diritti e la sicurezza dei bambini sono in primo piano rispetto al preteso diritto di visita del genitore non collocatario (art. 31), e, soprattutto, sono vietate forme alternative di risoluzione del conflitto, tra cui la mediazione familiare (art. 48).
Va tuttavia rilevato che, detta normativa, pare essere disattesa in Italia dal mondo giudiziario, come emerge da vari rapporti ombra consegnati per il monitoraggio dell’applicazione della Convenzione di Istanbul nel nostro Paese all’’organo di vigilanza e monitoraggio della Convenzione stessa (Grevio: https://alleyoop.ilsole24ore.com/2019/04/03/violenza-assistita-minori/).
Emerge, invero, che, nelle nostre aule giudiziarie, la violenza viene confusa con il conflitto con la conseguenza che il Giudice, in caso di rifiuto di un minore verso un genitore, tende ad appurarne i motivi avviando come procedura standard la consulenza tecnica di ufficio la quale, spesso, surroga l’attività investigativa del giudicante.
La conseguenza è che, le rituali procedure giuridiche (ascolto del minore, prove e testimonianze), vengono sostituite dalle procedure di una scienza psicologica che non fornisce conoscenze attraverso la raccolta di fatti, ma che fornisce l’interpretazione dei fatti rispondenti a criteri non giuridici e quindi non improntati ai principi di un processo equo (Reale E. “I diritti dei minori a confronto con la violenza maschile sulle donne: la vittimizzazione secondaria di donne e bambini”, in “L’Alienazione Parentale nelle aule giudiziarie” A cura Cassano G., Corder P., Grimaldi I., Maggioli Editore 2018).
Un esempio concreto lo si può osservare in alcune statuizioni ove, in procedimenti il cui incipit è una situazione di violenza domestica, è stato escluso l’affidamento alla madre a seguito di CTU cha hanno diagnosticato la PAS o l’Alienazione Parentale.
Purtroppo, come rilevato dalla Professoressa Romito dell’Università di Trieste, si tratta di una strategia impiegata sempre più spesso per occultare la violenza su donne e bambini in un’epoca caratterizzata da un nuovo negazionismo dell’abuso (Crisma, M., Romito, P. (2007): “L’occultamento delle violenze sui minori: il caso della Sindrome da Alienazione Parentale”. Rivista di Sessuologia, 31(4):263-270).
Parrebbe così che, il problema dell’intervento psicologico nel processo e della sua non scientificità, con esiti frequenti di manipolazione, si ampli andando anche oltre il tema singolo della PAS o AP, estendendosi al tema più generale della violenza contro donne e bambini. Va infatti evidenziato che, quando la donna denuncia il partner e accede alla giustizia per definire la sua posizione di genitore protettivo versus il genitore autore di violenza (diretta/o assistita), vede la sua posizione ribaltarsi sotto i colpi di una deriva psicologica che, travalicando i limiti della scienza, interviene a sproposito su questioni di violenza con l’effetto di manipolare il campo di osservazione e alterare le prove testimoniali (Mazzeo A., Reale E., Pignotti M., “La manipolazione del processo attraverso le perizie– Trib. Cosenza, 29.7.2015 -”, in Questioni di Diritto di Famiglia, Maggioli Editore, 18.2.2016).
È auspicabile dunque che i nostri Giudici, anche di legittimità, proseguano sulla scia di un interessante provvedimento emesso dal Tribunale di Roma, ovvero il decreto del 21 settembre 2018, Rel. Dr.ssa Velletti (in Foro Italiano n.1/2019 pg. 345/35) il quale applica in via diretta, in combinato disposto con i canoni di cui agli artt- 337 ter e quater c.c., la Convenzione di Istanbul.
Nel caso di specie, il Tribunale, appurato che l’elevata conflittualità tra i genitori era dovuta a condotte aggressive e violente del padre, lungi dal disporre la CTU per stabilire le migliori modalità di affidamento, ha applicato la normativa esistente nel nostro Paese a tutela del minore, ovvero l’art.337 quater c.c. in combinato disposto con l’art.31 comma 1 della Convenzione di Istanbul, disponendo l’affido esclusivo della bambina alla madre.
Image credit: Tom und Nicki Löschner da Pixabay
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