
L’evoluzione negata
di Aldo Luchi (Avvocato in Cagliari)
C’è qualcosa di efferato nell’avversione che il sistema giudiziario italiano prova nei confronti della tecnologia, vista come un’entità estranea che inquina il formalismo, rigoroso e pletorico, che da molti è considerato un valore e guardata con la diffidenza che solitamente si riserva a tutto ciò che mette in discussione rituali e abitudini tanto radicate da essere diventate parte sostanziale della giurisdizione.
La nostra Giustizia è così: si autoalimenta di rituali, spesso inutili e barocchi, sempre uguali a se stessi, e al loro rispetto è capace di sacrificare la sostanza dello juris dicere, l’applicazione delle regole generali al fatto concreto che dovrebbe essere la sua naturale funzione; fatica ad adeguarsi alle innovazioni tecnologiche e ad utilizzarle per garantire maggiore efficienza la sistema, rifugge da ogni forma di semplificazione, prediligendo invece formalismi e bizantinismi che sembrano (o verosimilmente sono) creati per ostacolare l’accesso del cittadino alla Giustizia.
Potrei elencare tantissimi esempi emblematici di questa visione retrograda, di questo scollamento dalla realtà che il sistema Giustizia sconta rispetto alla società della quale dovrebbe applicare le regole, ma quello che mi appare più efficace per descriverlo è la tabella di quantificazione dei diritti dovuti per le copie degli atti giudiziari rilasciati “su supporto diverso da quello cartaceo” (Allegato 8 al DPR 115/2002), che ogni anno viene adeguata con Decreto del Ministero della Giustizia e della Ragioneria Centrale dello Stato (il più recente è del 29.07.2021), nella quale vengono previsti i diritti dovuti se le copie sono richieste – udite, udite! – su “cassetta fonografica”, su “cassetta videofonografica” e su “dischetto informatico da 1,44 Mb”.
Archeologia industriale, supporti che nessun PC utilizza più da 15/20 anni.
In compenso, la stessa tabella prevede che si dovranno pagare € 327,56 per il rilascio di copie su CD, a prescindere dal numero di copie o di dati masterizzati.
Il sospetto che il tutto sia finalizzato ad eludere la previsione dell’art. 269, comma 1° bis del TU Spese di Giustizia (1-bis. Il diritto di copia senza certificazione di conformità non è dovuto quando la copia è estratta dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi) è molto forte.
Se questo è il livello di comprensione del fenomeno e dell’utilità degli strumenti che ha chi deve dettare le regole, possiamo comprendere il perché delle annose inefficienze e inadeguatezze che le infrastrutture informatiche pagano all’interno del sistema giustizia, a partire da un’irragionevole limitazione a 30 Mb della banda di trasmissione dei sistemi, e per proseguire con le altrettanto assurde limitazioni dei formati caricabili sul Portale di Depositi degli Atti Penali al solo “.pdf”, con l’utilizzo da parte delle Procure di diverse tipologie di gestionali documentali che non consentono di gestire files di tipologia diversa, quali filmati, audio, etc., con la non obbligatorietà dell’utilizzo di questi strumenti e con le pratiche demenziali come quella di stampare i documenti depositati in formato .pdf nativo (CNR, atti difensivi, provvedimenti del magistrato) e poi scansionare la loro copia cartacea per caricarli sul gestionale documentale.
Nessuna vera riforma potrà essere realizzata fino a quando non verrà colmato il gap culturale che sta alla base di queste inefficienze, fino a quando non si supereranno il totem della centralità della carta e la diffidenza verso gli strumenti informatici.
Molti di noi avevano intravisto nell’introduzione di strumenti e soluzioni, certamente perfettibili, in ragione della pandemia un’occasione per questa attesa inversione di tendenza.
I primi passi percorsi attraverso la creazione del Portale di Deposito degli Atti Penali e la promessa della sua graduale estensione a tutto il procedimento penale sono sembrati forieri di un vero cambio di paradigma, ancorché necessitato dall’emergenza e manifestamente mal digerito da alcuni (si pensi, ad esempio, alle pronunce di inammissibilità delle impugnazioni pronunciate in quei giorni dalla Cassazione sull’assunto della prevalenza dell’interpretazione formale delle norme codicistiche).
Invece le previsioni contenute nella Legge Delega di riforma del processo penale dimostrano che tutte le criticità ed inefficienze già note non sono state neppure considerate e, conseguentemente, non saranno superate e risolte, a meno di non sperare nel salvifico intervento di qualche illuminato componente del gruppo di lavoro nominato per l’elaborazione del testo dei decreti delegati.
Parallelamente, nelle sale di ascolto degli archivi delle intercettazioni delle Procure italiane sono state installate telecamere di sorveglianza acquistate da aziende cinesi sospettate di cedere dati (anche quelli biometrici) all’intelligence di quel paese e le intercettazioni di comunicazioni vengono effettuate quotidianamente attraverso apparecchiature noleggiate ed installate da società private scelte su base fiduciaria, senza nessun controllo sul possesso di specifici requisiti di affidabilità in ordine al trattamento dei dati acquisiti.
Appena qualche settimana fa, un magnate americano ha recapitato in Ukraina, nel giro di poche ore, un numero imprecisato di sistemi di collegamento alla rete internet satellitare da lui creata, mentre la Giustizia italiana ancora dibatte sul dualismo tra videocassetta e floppy disk.
Image credit: Foundry Co da Pixabay
Di Aldo Luchi, su Ora legale News
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