
SI e/o NO
di Giovanna Fava (Avvocata in Reggio Emilia)
Sembrano opposti e formalmente lo sono ma in questo ultimo referendum sulla giustizia hanno giocato ruoli diversi e le ragioni del sì e del no si sono confuse, a volte annullate tra loro.
Sulla incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci ed amministratori locali, nel caso di condanna per reati gravi (proposta di abrogazione della legge Severino) le ragioni del NO sono state che quelle norme devono essere conservate perché non possiamo essere rappresentati, nelle varie sedi, da persone condannate penalmente anche solo in primo grado; le ragioni del SI’ sono state che spesso la sentenza di primo grado viene ribaltata nei gradi successivi e l’imputato assolto, semmai dopo tanti anni, con grave pregiudizio della sua carriera.
Quale di questi due interessi deve prevalere? Da garantisti gli avvocati hanno preso posizione per il SI’ in ossequio al principio costituzionale sancito dall’art. 27, co. 2, che afferma che «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva», ma molti, dei pochi cittadini che sono andati a votare (20% degli aventi diritto al voto, la percentuale di partecipazione più bassa in assoluto verificatasi nel nostro Paese) hanno ritenuto per il 46% prevalente l’interesse pubblico ad essere rappresentati/amministrati da persone su cui non gravasse questo dubbio e che la insopportabile durata dei processi non possa costituire una giustificazione.
Sulla limitazione delle misure cautelari durante le indagini e la richiesta di togliere “la reiterazione del reato” dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o la misura dei domiciliari durante le indagini e prima del processo, i motivi del SI’ sono gli stessi, ovvero che non può esservi una condanna prima del processo, ma forte è stato il timore per l’impatto sui delitti di violenza di genere e domestica (la quasi totalità delle misure cautelari è disposta a tutela delle vittime di maltrattamenti e atti persecutori) ed anche in questo caso, una percentuale rilevante, il 43,88% ha ritenuto che dovesse prevalere la tutela delle vittime, a fronte di un massacro di donne e bambini che non ha tregua.
Negli altri tre referendum (separazione delle carriere, valutazione di tutti i membri dei Consigli Giudiziari sull’operato e professionalità dei magistrati, e togliere l’obbligo al magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al CSM) la percentuale dei SI’ è stata molto più ampia 70%.
Non sono mancate schede bianche, schede nulle e dichiarazioni al seggio – reclamo contro la Corte Costituzionale che ci ha impedito di votare su eutanasia e cannabis dichiarando inammissibili i referendum – (Marco Cappato).
Nei giorni precedenti il voto a tutti noi avvocate/i è accaduto di essere raggiunti da messaggi di amici e conoscenti, persone istruite e per nulla sprovvedute, che chiedevano il nostro parere, non avendo compreso il perché ci fosse bisogno di un referendum per modificare norme che potevano essere benissimo decise dal Parlamento con migliore attenzione ai vari aspetti, senza doverle tranciare con un SI’ e con un NO.
Tutti mi hanno detto che l’unico referendum a cui tenevano era quello sul diritto di decidere sulla propria vita e quindi anche sulla propria morte, per il quale semmai avevano anche partecipato alla raccolta firme (cosa che invece non è avvenuta per i 5 referendum sulla giustizia promossi da alcune regioni).
Molti di questi amici e conoscenti hanno deciso, per la prima volta nella loro vita, per la terza via ovvero il non voto.
Non corrisponde dunque al vero che l’ampia astensione che si è verificata in questa occasione referendaria sia stata di disinteresse, essa ha rappresentato per molti una scelta precisa: ci sono situazioni che non devono essere decise con un SI’ o con un NO, il Parlamento deve fare il proprio lavoro.
È mancato invece il ruolo fondamentale della consultazione referendaria che è quella di consentire ai cittadini di esprimersi su grandi questioni etiche che riguardano la vita di ognuno di noi, su cui abbiamo il diritto di esprimerci in prima persona e non vogliamo delegarle ad altri.
Credits: Gerd Altmann da Pixabay
Di Giovanna Fava, su Ora Legale News
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