RICOSTRUIRE LA GIUSTIZIA #01
di Enzo Varricchio
Dopo ORA LEGALE radio, ORA LEGALE news.
Vi avevamo promesso che ci saremmo “allargati” con una Blogrivista. Lo stiamo facendo oggi con questo nostro/vostro primo numero intitolato “Ricostruire la giustizia” .
Al nucleo fondatore costituito da avvocati, è andato affiancandosi un nobile drappello di magistrati, docenti, ma anche storici, sociologi, medici, e persino scrittori. Perché l’argomento richiede menti aperte, non fossilizzate negli angusti antri dei tribunali.
A che serve una rivista sulla giustizia?
“Levate le tende costruiamo la giustizia”, era questo il titolo della nostra ultima puntata radiofonica, dai cui microfoni il procuratore Giuseppe Volpe tuonò contro i ritardi nell’apprestare i mezzi di “fuga” dal pericolante tribunale penale di Bari.
La questione è ancora irrisolta e quel palazzo della discordia resta il drammatico simbolo di una giustizia terremotata, mentre da più parti serpeggia il dubbio che questo scempio sia il frutto di una precisa volontà piuttosto che di un gramo destino. Si sa, una giustizia ingiusta favorisce i potenti…
Se qualcuno ha deciso che la giustizia italiana deve essere demolita, contribuire a ricostruire la giustizia resta invece il nostro obiettivo primario, dovrebbe essere quello di tutti i cittadini, crediamo, perché è sulle loro vite, sulle nostre vite, che si riverbera l’esercizio del terzo potere dello Stato.
A questo serve una rivista sulla giustizia distrutta: a cercare di ricostruirla. E per farlo si deve tornare a credere nell’ideale. Perché essa è prima di tutto un’utopia necessaria e solo dopo una pratica quotidiana.
E’ tempo di tornare a lottare per i grandi ideali.
Ora Legale news è una rivista sulla giustizia, non sul diritto. Quelle giuridiche sono fin troppe e ci informano in tempo reale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali, ci aiutano financo a calcolare gli interessi e i punti di invalidità personale.
Invece, nessuno più si occupa della Giustizia in quanto tale, della giustizia come lotta – in un mondo ingiusto – per l’eguale distribuzione dei diritti e dei doveri tra i cittadini, come difesa dei valori umani, e ricerca della pace sociale. Molti ne brandiscono la spada per obiettivi personalistici o corporativi ma pochi ne utilizzano la bilancia per mediare tra le opposte fazioni e risolvere i problemi.
Nell’antichità la giustizia era una dea. Quella statua che vediamo davanti ai tribunali con una spada e una bilancia tra le mani era la dea Astrea, l’ultima divinità a lasciare la terra corrotta, dapprima rifugiatasi tra i contadini equi e pacifici ma poi costretta dalla corruzione dei rustici costumi a lasciare anche loro e a tornare in cielo sotto forma di un astro, da cui il nome (dal greco antico ἀστήρ, -έρος, ὁ, stella). Il mito, riportato da Virgilio nelle Georgiche, racconta che Astrea scenderà nuovamente sulla terra quando tra gli uomini regnerà nuovamente la giustizia.
La dea, dunque, muta le sue sorti a causa del comportamento degli uomini.
La giustizia dei tribunali è lo specchio della giustizia sociale, ne consuma l’epilogo. Se c’è ingiustizia sociale ci sarà ingiustizia giudiziale e viceversa. Non è in tribunale che l’ingiustizia si perpetua anche se è lì che si conclude.
Su questo punto ci concentreremo, per fare in modo che la dea ritorni ad abitare il nostro Paese prima nelle strade e poi nelle aule curiali.
Ripartiremo dai più deboli, cercando di vedere la giustizia con i loro occhi, di sentirla sulle nostre teste, di viverla nei loro cuori.
Come abbiamo già fatto con Ora Legale Radio, apriremo le porte ad autori e a contributi di diverse discipline, cercheremo di dialogare con la politica, con le imprese, con le scuole, con i giovani, con i non addetti ai lavori. Perché soprattutto da questi ultimi deve giungere l’istanza di ricostruzione.
Perché rifondare la giustizia è un problema culturale, non solo forense. E la nascita di una rivista che offra un campo neutro sul quale confrontarsi è sempre una buona notizia.
Toccherà a noi, e anche a Voi lettori, arricchirla di proposte e soluzioni, piuttosto che di sterili lamentele.
Con l’augurio di riuscire a giudicare noi stessi con gli stessi criteri con cui giudichiamo gli altri, e gli altri con i medesimi parametri che usiamo per noi stessi.
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