Abitare piattaforme

Abitare piattaforme

di Anna Losurdo

Da più parti sentiamo invocare la necessità di intensificare gli interventi di formazione e di sensibilizzazione, soprattutto per le persone minori di età, per acquisire uno sguardo critico su social media.
Sono questi, infatti, insieme ai tanti effetti positivi che ben conosciamo, a veicolare gli stereotipi sessisti e a diffondere il linguaggio dell’odio con una portata disseminativa superiore ai tradizionali mass-media.

La comunicazione di messaggi violenti con immagini aggressive e misogine e con stereotipi sessisti e razzisti è divenuta istantanea e intuitiva. E finisce con influenzare il clima delle relazioni umane con la presunta naturalità di quote di violenza nelle relazioni tra uomo e donna in particolare e in quelle tra persone in generale.

L’evoluzione di Internet in un sistema integrato di servizi che orientano gli individui rende necessario individuare regole efficaci per la protezione dei diritti fondamentali dai rischi della manipolazione dell’informazione on line e della diffusione del linguaggio dell’odio e della violenza.
E ciò pur nel rispetto dell’equilibrio tra libertà di espressione e libertà di informazione. Tra privacy e protezione dei dati personali. Tra onore e reputazione. Tra uguaglianza e non discriminazione. Tra libertà d’impresa e proprietà intellettuale.

La natura stessa dei social media impone di adottare politiche di collaborazione internazionale affinché gli interventi di contrasto alla circolazione di messaggi inneggianti all’odio e alla violenza siano condivisi a livello globale.
Il contrasto di questi fenomeni o è oltre il diritto nazionale o non è in alcun modo efficace.

È necessario, quindi, educare alla legalità e perseguire in maniera diretta gli illeciti on line, al fine di rafforzare un’etica personale della responsabilità.

È opportuno implementare i sistemi di segnalazione e di intervento sui contenuti illeciti che circolano sui social media, consentendo la eliminazione tempestiva del pregiudizio, pur garantendo un contraddittorio minimo.

In questo è essenziale il ruolo dell’Avvocatura, come presidio dei diritti degli utenti nel sistema delle regole della rete.

Oltre alle politiche di prevenzione e di contrasto del linguaggio dell’odio, si impone la necessità di arginare i fenomeni distorsivi che impattano sulla struttura delle relazioni personali, anche sul piano individuale, chiamando alla responsabilità ciascuno di noi.

La tecnologia, infatti, se da una parte costruisce certamente una risorsa, garantendo a tutti i livelli l’accesso a una quantità infinita di informazioni, dall’altra rappresenta un innegabile rischio di isolamento.

Viviamo in una situazione continua di confronto / scontro con chiunque.
Il non luogo o il luogo dei luoghi della comunità virtuale rende ciascuno protagonista di uno scambio continuo di opinioni, più spesso di offese e di aggressioni.

La velocità con cui avviene la “relazione” rende inevitabilmente superficiali i ragionamenti. Non c’è né potrebbe esserci, un’articolazione complessa del pensiero che i bit non tollerano.
L’importante è esserci, tutti convinti di avere in quel momento occupato la scena senza che sia rilevante ciò che si dice.

Contrastare tutto questo è possibile.
Prendendosi il tempo che occorre per ragionare, per confrontarsi, per conoscere, per non cadere nella trappola della incomprensione e della iper-reattività che innescano un perverso meccanismo a catena.

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