
Il meglio di un uomo
di Orazio Leggiero (Associazione nazionale Maschile Plurale –
Gruppo Uomini in gioco di Bari)
Certo che ne è passata di acqua sotto i ponti dalla famosa campagna della Denim del 1985 – quella de “l’uomo che non deve chiedere mai”, ricordate? – al recente spot della Gillette “il meglio che un uomo può essere”.
In 33 anni un’autentica rivoluzione, forse anche troppo a giudicare dalle reazioni scomposte che si sono succedute.
Più che uno spot commerciale sembra una Pubblicità Progresso, in linea con le tendenze più avanzate del marketing pubblicitario.
Ma cosa si vede in questo spot?
Niente rasoi e neppure creme da barba, se non nell’immagine iniziale come elemento marginale.
Segue una serie di scene di mascolinità tossica: un branco di maschi alfa dietro un barbecue, un capo che paternalisticamente toglie la parola ad una dipendente, un tipo che pizzica il culo alla cameriera, bulletti in tenera età che si menano, un altro maschio che sta per lanciarsi per importunare una ragazza appena passata.
A queste sequenze ne seguono altre che contengono messaggi virtuosi: dividere i bulletti che si menano, abbracciare il ragazzo che piange, bloccare il giovane che voleva importunare la ragazza, mostrare un padre che mette di fronte allo specchio la figliola facendole dire “io sono forte, io sono forte”.
Lo spot Gillette è stato diffuso negli Stati Uniti, dove in pochi giorni ha totalizzato oltre sei milioni di visualizzazioni.
E’ evidente il richiamo al movimento femminista del “Me Too”, sorto oltre un anno fa a seguito delle denunce per violenze sessuali subite da attrici, vittime del noto produttore cinematografico Harvey Weinstein.
Le reazioni sono state forti e immediate da parte della maggioranza degli uomini americani, la quale non ha gradito questa invasione del campo maschile: quello della barba è un rituale esclusivamente maschile!
L’accusa più ricorrente è stata quella di proporre uno spot femminista, che non solo criminalizza gli uomini ma ne favorisce anche una sorta di demascolinizzazione e devirilizzazione.
All’azienda sono arrivate finanche accuse di essere al servizio del “nazi-femminismo” e di mirare a trasformare gli uomini in gay, trans e femminucce.
Ma c’è stata anche una fetta non trascurabile della platea femminile che ha mosso analoghe accuse, lamentando uno strisciante scivolamento verso una femminilizzazione del maschio.
Alle critiche l’azienda risponde che il loro obiettivo è stato quello di promuovere “versioni positive, inclusive e salutari di ciò che significa essere un uomo oggi”. E aggiunge: “Abbiamo guardato realisticamente a ciò che sta accadendo oggi e miriamo a ispirare il cambiamento”.
Il meglio di un uomo, allora, non è un buon rasoio o una buona crema da barba, ma è la consapevolezza e la responsabilità delle sue azioni, che devono sempre passare attraverso il riconoscimento e il rispetto dell’altra.
Analizzando più a fondo le reazioni degli uomini, ci si accorge che lo spot mette in luce che il vero sesso debole è quello maschile, e ciò contraddice uno stereotipo ancora fortemente radicato nella nostra cultura.
Tuttavia vi sono state anche numerosissime reazioni favorevoli, in maggioranza da parte delle donne naturalmente, ma anche da parte di tanti uomini i quali, sempre più numerosi, non amano sentirsi complici di comportamenti violenti e discriminatori verso le donne.
Possiamo dire, insomma, che quella della Gillette è stata una scelta davvero coraggiosa.
La lotta di liberazione che le donne hanno intrapreso circa cinquant’anni fa non si è mai fermata, sebbene ci siano stati periodi anche lunghi in cui è stata “silenziata”.
Da alcuni anni è ripresa con grande vigore, ma il successo è legato alla presa di coscienza e al desiderio di cambiamento degli uomini.
I quali non possono continuare a vedere nella lotta delle donne una insidia per il loro potere ma, al contrario, una preziosa occasione di liberazione anche per sé.
Perché non ci sarà mai liberazione dell’uomo senza liberazione della donna!
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