
Famiglie in giudizio
di Alessandra Capuano Branca (Avvocata in Vicenza)
Uno sguardo alla famiglia dall’interno dei Tribunali
A quel che risulta dai dati statistici degli ultimi anni, quasi un terzo del lavoro dei Tribunali è costituito dal contenzioso familiare. Ovvero separazioni, divorzi, regolamentazione dei rapporti genitoriali per i figli nati fuori dal matrimonio, modifiche delle decisioni adottate con provvedimenti precedenti e, infine, richieste di autorizzazioni varie riguardanti aspetti patrimoniali e non patrimoniali della gestione dei figli minorenni.
È pure incontestabile che il contenzioso familiare goda di cattiva fama e pessima stampa, per costi, durata e durezza dello scontro. Fama che, ad onor del vero, in larga misura è meritata.
È strano perciò che, quando si prende in considerazione la questione del calo demografico, a nessuno venga in mente di inserire tra le cause della scarsa propensione degli italiani a fare figli anche la consapevolezza del calvario che le coppie che si separano, e sono circa una su tre, devono affrontare per risolvere i conflitti in sede giudiziaria.
I segnali che qualcosa non sta funzionando ed il diffuso sospetto che il Tribunale sia l’ultimo posto dove andare a cercare soluzioni in caso di conflitti familiari, sono numerosi e sostanzialmente si possono elencare sotto il titolo “processo bizantino che non fornisce soluzioni risolutive”.
Anche per le questioni economiche, sia che riguardino i coniugi, sia che riguardino i figli, il processo offre ben poche soluzioni realmente utili, soprattutto se si tratta di trasformare in denaro contante gli assegni di mantenimento stabiliti dal giudice contro la volontà dell’obbligato.
Una sorte anche peggiore, in termini di costi e tempi, tocca a coloro che cercano una divisione equa e rapida dei beni comuni, perché sembra che tutto congiuri per sbarrare la strada alle soluzioni più semplici.
Non stupisce, quindi, che il mantra ripetuto all’infinito ai litiganti dai Giudici e dagli Avvocati sia “fate un accordo!”.
Non ci vuole però nemmeno molto per capire che l’esortazione a fare un accordo, rivolta proprio a coloro che si trovano nel pieno di un conflitto appena deflagrato, ha più che altro il significato di un monito preventivo rispetto all’insoddisfazione per gli esiti giudiziari.
Questa pessimistica generalizzazione, che ovviamente non vale per tutti quei casi nei quali il ricorso urgente al Giudice è imprescindibile, per ragioni di cautela e protezione dei soggetti deboli, difficilmente può essere smentita e conduce, o dovrebbe condurre, gli operatori e il Legislatore ad una riflessione ad ampio spettro, finalizzata a realizzare riforme sia in ambito sostanziale sia in ambito processuale.
E’ infatti assai chiaro che le famiglie, osservate dall’interno dei Tribunali, sono l’evoluzione mostruosa dell’idea di famiglia che la società dei consumi ci propina con il martellamento incessante della pubblicità.
I padri sorridenti e collaborativi appaiono improvvisamente nella veste di arcigni sequestratori e carcerieri di figli recalcitranti; le madri impeccabili e pervase da una serenità olimpica mostrano il volto delle Erinni; i nonni bonari, ma dinamici e amichevoli, si trasformano in riservisti di una milizia armata fino ai denti.
Urge, perciò, applicarsi allo studio di soluzioni che riconducano i contenziosi familiari in un ambito sostenibile e compatibile con un’idea di famiglia costituzionalmente orientata.
Image credit: Gerd Altmann da Pixabay
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