
Il futuro dell’Europa
di Giovanni Pansini (Avvocato in Trani)
Premessa. Emergenza sanitaria e misure unilaterali.
L’OCSE, il 26 marzo scorso, in un documento chiamato “Joint actions to win the war” ha sottolineato che per fronteggiare l’emergenza economica causata dalla pandemia occorrono iniziative coordinate e congiunte.
In altri termini: per affrontare emergenze sovranazionali occorrono risposte sovranazionali.
Purtroppo, invece, la crisi sanitaria sembra aver messo a dura prova la struttura stessa dell’Unione Europea frammentando la risposta alla crisi sanitaria ed economica.

La figura qui in alto è esemplificativa dell’Unione Europea al tempo del Coronavirus: ogni Paese ha preso, in maniera unilaterale, misure di carattere nazionale.
Otto Paesi hanno sospeso unilateralmente la libera circolazione di persone e merci ancor prima che la Commissione Europea decidesse di sospendere la Convenzione di Schengen.
Alcuni Paesi, ancora, hanno deciso unilateralmente di sospendere nel loro territorio l’applicazione di alcuni diritti sanciti nella Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (per esempio: Lettonia, Estonia e Romania).
In Ungheria, infine, il parlamento ha attribuito pieni poteri al proprio Presidente, sospendendo, di fatto, la stessa Democrazia.
Le iniziative economiche annunciate dall’UE per affrontare l’emergenza.
Dopo i primi iniziali tentennamenti le Istituzioni europee hanno intrapreso con decisione la strada dell’intervento per affrontare la crisi economica.
Al momento le iniziative annunciate finalizzate ad affrontare questa emergenza possono essere raggruppate in tre macroaree:
a) iniziative di politica monetaria: l’annuncio della B.C.E., il 18 Marzo scorso, di mettere a disposizione 750 miliardi di Euro per acquisto di titoli e creazione di liquidità;
b)proposte di modifica del Bilancio 2021-2027, al fine di inserire poste specifiche per affrontare l’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus e di garantire i cosiddetti “Recovery bond”. Si tratta della seconda modifica della travagliata bozza di budget 2021-2027 (già rimaneggiata a causa dell’uscita del Regno Unito dall’U.E.);
c) altre misure. Possono essere raggruppate in questa macroarea:
c.1) la deroga al divieto degli aiuti di stato;
c.2) la sospensione del c.d. “patto di stabilità;
c.3) il tormentato accordo in seno all’Eurogruppo, strappato il 10 aprile scorso, che mette a disposizione circa 1000 miliardi di euro per fronteggiare la crisi. Le misure contenute nell’accordo prevedono di:
c.3.1) introdurre un meccanismo di “Cassa Integrazione Europea” al fine di sostenere l’occupazione e i lavoratori in questa fase di crisi;
c.3.2) creare un grande Fondo per la Ripresa, alimentato con circa 500 miliardi di euro;
c.3.3) allentare i meccanismi del famigerato MES (il c.d. “MES Light”);
c.3.4) creare un Fondo BEI finalizzato a sostenere la liquidità delle PMI.
Insomma, si tratta di un concreto e forte sostegno economico che dovrebbe alleviare le conseguenze disastrose della crisi.
Il dibattito in corso: solidarietà ed egoismi.
Nonostante queste misure, nel nostro Paese è in corso un vivace dibattito: una parte dell’opinione pubblica imputa ai Paesi più “virtuosi” del Nord Europa un certo egoismo nei confronti dei Paesi più indebitati.
Va ricordato, tuttavia, che l‘Unione Europea non può attuare politiche di redistribuzione delle risorse tra Paesi membri poiché non dispone di leva fiscale.
La politica fiscale nell’UE, infatti, è demandata ai singoli Stati membri (fatte salve alcune eccezioni) e sono i singoli Stati che stabiliscono e riscuotono imposte e tasse e che approvano le leggi di Bilancio.
Ed allora in cosa consiste la mancanza di “solidarietà” che l’opinione pubblica imputa all’Europa?
Per essere chiari e diretti: in questo momento l’Italia sta chiedendo che altri Paesi (per esempio Germania ed Olanda) paghino, almeno in parte, i suoi debiti passati o futuri.
Questa richiesta non deve sorprenderci: in fondo è ciò che accade in ogni Stato allorquando vengono mutualizzate le conseguenze di una tragedia che ne colpisce una parte (pensiamo ad un terremoto).
Questo è esattamente ciò che l’Italia sta chiedendo: la mutualizzazione del debito (i cosiddetti Eurobond) oppure trasferimenti diretti a fondo perduto dai “Paesi virtuosi” all’Italia.
Al momento, tuttavia, l’Unione Europea non è un solo Stato, e il sentimento di solidarietà è insito per definizione in persone che si sentono parte di una sola comunità e di un solo Stato.
Per quale motivo in questo momento storico di forti pulsioni nazionaliste, un Tedesco oppure un Olandese dovrebbero essere felici di pagare i debiti degli Italiani?
Conclusione. La proposta di convocare i Paesi dell’Europa Mediterranea. Verso una nuova Europa, più unita e più forte.
Quale potrebbe essere il futuro dell’Unione Europea?
Nell’immediato si possono proporre alcuni interventi per permettere all’Unione Europea acquisire risorse fiscali proprie da utilizzare con finalità redistributive tra gli Stati membri.
Per esempio, si potrebbe portare velocemente a termine quel progetto di tassazione dell’economia digitale (tra cui la c.d. web tax europea”) che è rimasto in un cassetto, superato da altri problemi emergenziali come la Brexit.
Tuttavia, non va dimenticato che ogni sentimento di solidarietà non può che appartenere ad un’unica comunità, ed ogni comunità deve identificarsi il più possibile in un solo popolo ed in un solo Stato.
Sull’ingresso della biblioteca del Congresso a Washington una scritta accoglie il visitatore: “Nel passato troverai il futuro“.
Mi è tornato in mente in questi giorni uno dei tanti straordinari scritti di Luigi Einaudi, in cui l’Autore avvertiva che ogni tentativo di costituire una duratura “Società delle Nazioni”, Europea o Mondiale, che non superi la dimensione di una confederazione di Nazioni diverse (e che non si trasformi in un nuovo Stato, con imposte proprie e un esercito), è una operazione velleitaria, destinata prima o poi ad infrangersi.
Purtroppo, quelle parole scritte cento anni fa sembrano molto attuali.
Mantenendo ed esasperando le identità nazionali all’interno dell’Unione Europea siamo giunti alla crisi di identità attuale.
Occorre procedere ad una revisione dei trattati, spingendo verso una maggiore integrazione europea.
Ma questo è un compito complesso e che richiederà tempo.
Da questa terra, la Puglia, che ha visto tra i suoi più illustri figli Federico II, l’Imperatore incoronato ad Aquisgrana, in Germania, ma che trovava nel Mediterraneo, nel suo incrocio di popoli, religioni e culture la sua forza, parte l’appello di “Ora Legale”, che ha proposto di convocare i Paesi dell’Europa Mediterranea (EUROMED) per riavvicinare ad essi i Paesi del Nord Europa.
Il futuro va programmato partendo dalla nostra identità culturale, valorizzando ciò che ci accomuna e ciò che ci tiene uniti.
Dalla Puglia, da uno dei simboli lasciato alla nostra terra da Federico II, Castel del Monte e che rappresenta meglio di tutti l’unione di culture, popoli e religioni, sembra partire un appello: vogliamo tutti ritrovare un’Europa unita e ci sentiamo tutti parte di una sola comunità pronta a guardare verso nuovi orizzonti, oltre i confini dell’egoismo e del nazionalismo.
Image credit: Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58892872
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