
Il muro del silenzio
di Giovanna Fava (Avvocata in Reggio Emilia e presidente Forum Donne Giuriste)
Per chi non vuole vedere, la soluzione è semplice; la violenza, al contrario, é complessa: serve maggiore competenza.
Cosa hanno in comune tra loro l’Innocent Project degli Stati Uniti, il numero delle donne magistrato, il numero delle donne psicologhe, il numero delle donne assistenti sociali, la Pas, il DSM IV, le Brigate Rosse?
Verrebbe da rispondere “NULLA” ed in effetti è così, semplicemente essi si trovano citati nel medesimo contesto, dal Prof. Gulotta, in un memorandum comunicato, prima che alla Commissione Femminicidi a cui si è detto indirizzato, ai giornali.
I firmatari del memorandum, accademici e professionisti esperti in materia psicoforense, dopo aver premesso di essere favorevoli all’istituzione della Commissione Femminicidio e aver riconosciuto che è un dato assodato che in materia forense vengano compiuti grossolani errori da consulenti, periti e magistrati, “deviano” l’indagine della Commissione, pretendendo di dare una risposta prima che l’indagine stessa sia svolta.
Per raggiungere il loro fine utilizzano esempi che nulla hanno a che fare con lo scopo della Commissione, che è quello di capire se esistano inadeguatezze e lacune nel sistema giustizia che possano indurre ad adottare decisioni sbagliate nell’affidamento dei figli nei casi di violenza familiare.
Affermano i firmatari che “i dati ci dicono che nelle cause (…) che comportano l’affidamento dei figli le donne sono di gran lunga preferite rispetto all’uomo”.
Si tratta di un postulato errato sotto un duplice profilo: da un lato perché non esamina la valenza dell’esercizio della responsabilità genitoriale ma solo il “nomen” dell’affidamento, dall’altro perché non spiega in cosa le donne sarebbero favorite.
Proprio guardando i dati riportati nel memorandum, l’affidamento condiviso è del tutto prevalente: 70.238 su 74.457, ovvero il 94,33 %; l’affidamento esclusivo alla madre si ha solo in 2.993 casi su 74.457, ovvero il 4,02%., negli altri casi l’affidamento esclusivo è al padre o a terzi (Servizi Sociali).
Come mai se la violenza intrafamiliare è così diffusa abbiamo una percentuale così modesta di affidi esclusivi alla madre?
La ragione è semplice: perché la violenza subita spesso non viene denunciata, neppure in sede civile, e anche quando essa è all’origine della separazione viene del tutto sottovalutata nei suoi effetti.
C’è fretta di raggiungere un accordo, viene data applicazione generalizzata all’affido condiviso, Giudici e CTU cercano di “salvare” la figura genitoriale, anche se violenta, ritenendo punitivo ed ostacolante, per l’affermazione della “bigenitorialità“, l’affidamento esclusivo.
Ove il Giudice nel quesito o nell’incarico ai Servizi Sociali, non espliciti la richiesta di verificare se vi sia stata violenza intrafamiliare, nessun CTU, lo farà sua sponte.
Come osservato “Perché sia possibile la rilevazione della violenza assistita è fondamentale che gli operatori abbiano imparato a riconoscere la violenza maschile contro le donne nella sua dimensione strutturale e nella sua capillare diffusione. Siano cioè in grado di “vedere” una dimensione ancora sottovalutata e/o negata” (CISMAI, Linee guida violenza assistita 2018).
La mancata rilevazione finisce per essere collusione con il violento.
Eppure gli effetti della violenza “assistita” sui bambini è devastante, genera paura, insicurezza, dipendenza.
Sul lungo periodo tra gli effetti registrati ci sono casi più o meno gravi di depressione, tendenze suicide, disturbi del sonno e disordini nell’alimentazione (Save the children 18.11.2019. dossier “Abbattiamo il muro del silenzio”), il contrario di quello che si vorrebbe.
Ignorare gli effetti che la violenza intrafamiliare provoca sui bambini è grave, molto grave, per questo serve maggiore competenza, soprattutto da parte degli “esperti”.
di Giovanna Fava su Ora Legale NEWS
https://www.oralegalenews.it/magazine/09-luglio/laffido-il-minore-e-gli-altri/6068/2019/
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