La prima volta

La prima volta

di Nicky Persico (Avvocato in Bari e scrittore)

Le prime volte in cui mi sono cimentato nella professione sono state in realtà molteplici.
Una prima volta come praticante, una prima volta cui ho partecipato come praticante ad una udienza, una prima corrispondenza redatta, e via così. Ma tra queste ne ricordo una in particolare, che considero il mio vero battesimo. La prima volta in cui ero “avvocato“. Sì, insomma, ero da solo, rispondevo di quel che facevo, di quel che avrei detto, firmato, depositato, dichiarato, prodotto, e compagnia bella. Beh, ho imparato quel giorno che anche se certe dinamiche le conosci ormai bene, e le hai viste fare centinaia di volte dal tuo dominus ad un metro di distanza da lui, non è davvero la stessa faccenda, quando quel metro non c’è più.

Succedono cose tipo che arrivi tutto baldanzoso e ad tratto iniziano a tremarti un po’ le gambe. Ti senti improvvisamente incerto, lievemente confuso, e tutte quelle cose che capitano agli esseri umani. L’aspetto grave è che gli altri, intorno a te, se ne accorgono. Puoi essere il più bravo attore del mondo, ma se ne accorgono.
E infatti quel mattino se ne sono accorti un po’ tutti, compreso il magistrato, e il collega “avversario“: inutile specificare il contesto preciso, alla narrazione.
Era di età molto più grande, era molto tranquillo, sicuro di sé, navigato ed esperto. Io decisamente – ad un cero momento – andai in palla.
Furono tutti molto gentili, con me.
I colleghi intorno si comportavano come se non esistessi, fintamente guardando dovunque tranne che a me: per non imbarazzarmi ancor di più. Il collega di controparte ed il magistrato, come se niente fosse, fingendo di parlare tra loro mi indicarono letteralmente cosa avrei dovuto opportunamente dire, o fare: mi guidarono, grosso modo. Mi trattarono con grande rispetto e benevolenza. Mi capirono, in sostanza, e mi sostennero.

Ecco, io credo di avere imparato tantissimo, quel giorno. Soprattutto che la signorilità è conseguenza diretta del volersi immedesimare negli altri.
Non nel riuscirci, intendo: ma nel volerlo fare. E’ la genesi stessa, del rispetto.

Ho cercato di riuscire ad essere all’altezza di quell’insegnamento tutta la vita: anche e soprattutto nei confronti di chi poteva anche essere considerato “non meritevole“. Ho sempre ricordato, quando vedevo qualcuno in temporanea difficoltà, come mi fossi sentito io quel mattino: e quali atteggiamenti mi avevano aiutato. Non è una cosa che si fa per gli altri soltanto, lo si fa per se stessi.
Ho sempre ammirato le persone che praticano il rispetto: anche e soprattutto quando non ne sono costrette. E’ foriero di grande utilità e positività sociale.
In questo periodo, mi arrischio nell’affermare, manca molto: scarseggia. E’ stato via via sostituito da un comportamento spesso contrario: approfittare delle difficoltà dell’avversario.

Con il termine “Uomini” si possono intendere molteplici significati: io rammento quel collega, quando ci penso, e tutti coloro che come lui ho conosciuto ed incontrato. Me ne onoro, me ne nutro, e ne cerco ispirazione. Naturalmente non ci riesco, spesso: perché il ruolo di quel mattino l’ho rivissuto, e lo rivivrò ancora tante volte. Tante volte, mi tremeranno le gambe: che gli altri se ne accorgano o meno.

In questo momento buio e difficile per tutti noi, ho pensato che raccontare di queste mie vicende possa essere di una qualche utilità: un invito alla riflessione.

Ci sono uomini, al comando, che subiscono pressioni immani. Possono di certo commettere errori: anche più di uno. E’ umano. Ma è più importante quel che vogliono, fare, rispetto a quel che riescono.
Da noi dipende se contribuire in qualche modo alla loro difficoltà, o alla loro efficienza.
E mi ritorna in mente quella prima volta, se mi chiedo quel che è giusto fare.
Oggi come allora, un solo concetto mi sovviene. Essere uomini, è avere rispetto.

Inage credit: Julien Pacaud – Downstairs
https://www.artupon.com

Dello stesso autore, su Ora Legale NEWS: https://www.oralegalenews.it/topics/ce-un-grande-passato-davanti-a-noi/9519/2020/

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